Corriere della Sera, 14 maggio 2022
La serietà dei padri sempre più rara
Quando si dice che le generazioni sono sovvertite e che non ci sono più i «padri» di una volta… Chi ha intravisto giorni fa al Foro Italico Fabio Fognini e Jannik Sinner si sarà chiesto quale dei due fosse l’adolescente, il ventenne o il trentaquattrenne. L’avete visto, Fognini, sbattere la racchetta per terra, risbatterla due, tre, quattro volte, fino a distruggerla. Puerili escandescenze, mentre l’altro, il ragazzino, aspettava tranquillo che finisse quella scenata penosa per riprendere a battere senza sbattere. E ci saremmo quasi aspettati che saltasse la rete e andasse a prendere l’altro per un orecchio ordinandogli di non fare il cretino e di rimettersi a giocare da bravo, senza tante storie. Era lui, il più piccolo, a dare l’esempio dell’equilibrio e della serietà, e non solo perché vinceva (si perde la testa anche vincendo). Non che fosse una sorpresa: tutti sanno che Fognini è una testa calda, e il caldo a volte gli dà alla testa ancora di più, come l’anno scorso in Giappone contro Medvedev quando urlò a sé stesso «Sei un frocio!» per poi scusarsi dicendo che era stata tutta colpa del caldo nipponico. Ma mercoledì è stato il confronto generazionale a renderlo ridicolo: il contrasto con il giovane Jannik, che non potrebbe essere suo figlio, ma almeno il suo nipotino sì, rappresentante comunque di una generazione che avrebbe tutto il diritto anagrafico di essere scalmanata. E il tutto avendo ancora negli occhi due illustri intellettuali imberbi tra i 70 e gli 80 che in tv se le suonavano di santa ragione… Ci sarebbe da domandarsi dov’è finito quello che un tempo si chiamava pomposamente l’esempio dei padri (e dei nonni), se non fosse arrivato, nelle stesse ore, un altro vecchietto a rimettere in ordine le coordinate generazionali: ed era Vincenzo Nibali, che con compostezza insolita e un «mix di emozioni» ha aspettato di arrivare nella sua Messina per comunicare il ritiro dopo una carriera davvero, la sua sì, esemplare.