Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 14 Sabato calendario

Il Pentagono chiama Mosca: «Ora una tregua»

Con una mossa a sorpresa il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, ha chiamato ieri il pari grado russo, il ministro Sergej Shoigu. Il dialogo tra Washington e Mosca, a qualsiasi livello, era stato interrotto il 18 febbraio scorso, una settimana prima dell’attacco putiniano all’Ucraina.
Austin ha chiesto il cessate il fuoco, ricevendo, però, una risposta negativa. «La telefonata non ha risolto alcun problema», ha commentato un funzionario del Pentagono citato dai media Usa. 
Più o meno nello stesso momento Vladimir Putin parlava al telefono con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. L’ultimo contatto risaliva al 30 marzo. Scholz ha invitato il numero uno del Cremlino a «lavorare per arrivare a una tregua il più velocemente possibile», usando più o meno le stesse parole pronunciate da Mario Draghi nello Studio Ovale con Joe Biden, martedì 10 maggio. Ma Putin ha chiuso su tutta la linea, accusando Kiev «di aver bloccato le discussioni in corso». 
Il colloquio Austin-Shoigu segna, comunque, un passaggio di sostanza. I due hanno parlato per circa un’ora, riaprendo, di fatto, un canale di comunicazione. 
Nelle ultime settimane Austin, a torto o a ragione, era diventato il simbolo della linea dura statunitense. Il 25 aprile scorso, in una base polacca, di ritorno dall’incontro a Kiev con Volodymyr Zelensky, Austin aveva detto ai reporter che «l’obiettivo della guerra» era non solo sconfiggere Putin, ma anche «indebolire la Russia in modo da evitare altre aggressioni».
È significativo, dunque, che sia stato proprio Austin a sondare i russi per capire se sia possibile almeno fermare i combattimenti nel Sud-Est dell’Ucraina. 
L’iniziativa americana si inserisce in un contesto in grande movimento. Finlandia e Svezia chiedono di entrare nella Nato, cambiando gli equilibri geo-strategici dell’Alleanza. Joe Biden ieri ha chiamato i premier di Helsinki e Stoccolma, confermando il suo appoggio. Il presidente Usa, però, ora dovrà gestire l’opposizione del leader turco Recep Tayyip Erdogan. La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, è apparsa in imbarazzo: «Dobbiamo approfondire la posizione della Turchia». Nello stesso tempo, come ha precisato, il portaparola del Pentagono, John Kirby,«gli Stati Uniti continuano a sostenere, spalla a spalla con gli alleati, la resistenza dell’Ucraina e a potenziare il fianco Est della Nato». Il flusso delle armi «sarà regolare almeno fino al 19 maggio». Per mantenere costante l’afflusso di mezzi militari si attende il via libera del Senato al finanziamento da 40 miliardi di dollari, già approvato dalla Camera. Il Senatore repubblicano Rand Paul ha bloccato la procedura di urgenza. Ma il provvedimento dovrebbe comunque passare nei primi giorni della prossima settimana: la previsione è che non ci saranno pause nella consegna delle armi a Zelensky. Il Pentagono, poi, ha disposto la rotazione dei militari Usa dislocati in Europa. 
Nelle ultime ore anche il presidente ucraino non aveva dato grande credito a una possibile apertura diplomatica. Nell’intervista rilasciata giovedì 12 maggio a Bruno Vespa, nella trasmissione «Porta a Porta», Zelensky aveva detto: «Alcuni leader europei sostengono che si debba trovare una via d’uscita per Putin. Ma noi non dobbiamo cercare questa strada». Il riferimento era al tentativo di mediazione del presidente francese Emmanuel Macron. Zelensky ha aggiunto: «Noi non salveremo la faccia di Putin, rinunciando a nostri territori». 
Ieri l’Eliseo ha fatto sapere che Macron «non ha mai discusso nulla con Vladimir Putin senza l’accordo del presidente Zelensky». Inoltre, il presidente francese «non ha mai chiesto concessioni a Zelensky. Ha sempre detto che spetta agli ucraini decidere i termini del loro negoziato con i russi».