Corriere della Sera, 13 maggio 2022
Intervista a Ivan Zaytsev
Non datelo mai per spacciato. Perché se è stato capace di vincere il terzo scudetto (su tre finali giocate) dopo la stagione più complicata della sua carriera, può sempre piazzare un ace sulla linea e far ripartire la giostra. Ivan Zaytsev mercoledì sera è stato il miglior marcatore della partita che ha consegnato alla Lube Civitanova il suo 7° scudetto. E lui, lo Zar (anche se di questi tempi non sembra un complimento) ha trascinato i suoi compagni nella sfida più grande: crederci. «Non ho giocato dei playoff eccellenti, ma in gara 4 ho dato il là, questo sì. Sono orgoglioso di me stesso e della squadra».
Civitanova ha vinto la finale con Perugia dopo essere stata sotto 2-0 nella serie di semifinale con Trento. Con Osmany Juantorena sempre fuori.
«In quel momento ci avevano dato tutti per morti, invece noi ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto: vinciamolo. Abbiamo vissuto una stagione complicatissima, questo scudetto è un’impresa sportiva. E comunque Simon è il giocatore più forte con cui io abbia mai giocato».
Lei stesso ha subito un’operazione al ginocchio che le ha fatto saltare Europei e parte della stagione.
«È stato il momento più difficile della mia carriera, mi sono isolato spesso e ammetto di essere stato in difficoltà. Per me questo scudetto è una liberazione».
Di solito dopo gli scudetti cambia squadra.
«Stavolta invece resto alla Lube e giocherò col tricolore sul petto. Sono giovane per pensare al dopo lavoro».
La finale tra Perugia e Civitanova era piena di ex da entrambe le parti. La pallavolo non produce bandiere?
«Produce collettivi vincenti. E la Lube ha vinto gli ultimi tre scudetti cambiando giocatori ma creando collettivi».
Adesso c’è la Nazionale. Cosa le ha detto De Giorgi quando gliel’ha comunicato?
«Che siamo tutti uguali. Abbiamo parlato di mentalità e di sistema di squadra. E io mi sento in dovere di dare ancora il mio contributo alla maglia azzurra».
La finale di Nation League sarà a Bologna. Ci sarà?
«Certo, essere tutti uguali significa esserci a ogni manifestazione».
Ma il capitano è diventato Simone Giannelli?
«E continuerà ad esserlo. È un grande capitano».
Il ciclo di De Giorgi è iniziato con la medaglia d’oro agli Europei. Ora c’è il Mondiale.
«Lo voglio fortemente: è l’unica manifestazione da cui non sono mai tornato con una medaglia».
Appena scoppiata la guerra ha scritto un post che cominciava così: “Quello che stanno vivendo i nostri fratelli in Ucraina è terrificante”. Poi non ha più detto niente. Perché?
«Mi sento in difficoltà a parlarne, per il sangue che scorre nelle mie vene e il cognome che porto. Ma lo sport non è apolitico e invitato da Lilli Gruber ho espresso la mia opinione: questa guerra è voluta solo dal governo russo, per ragioni ideologiche e politiche, non è la guerra dei russi. La penso ancora così».
L’ex campione Mastrangelo è stato appena nominato da Salvini responsabile del dipartimento Sport della Lega.
«Mastro è un personaggio».
Dove sarà il 25 maggio?
«Sul divano a tifare la Roma, con il cuore a Tirana».
Il calcio femminile ha ottenuto il professionismo. Quando arriverà il turno del volley?
«La legge Spadafora è al vaglio e Malagò ha detto che è assurdo che Goggia ed Egonu non siano professioniste. Quindi anche che io sia un dilettante».
Il suo compagno di squadra, il palleggiatore argentino De Cecco, ha ammesso di aver sofferto di depressione durante i Giochi.
«Ha fatto bene a parlarne, quando dice che nascondiamo i problemi dietro il giocatore mi ci rispecchio. E supportare un compagno vale più di uno scudetto».