Avvenire, 13 maggio 2022
Le lettere di Giuseppe Verdi
Re Lear di Shakespeare: «Quello che spaventa è la differenza che passa fra questa immensa vastissima tragedia e questo miserabile sbozzo. Là tutto è grande, qui tutto è meschino». L’ansia per una scadenza che si avvicina, la messa in scena di La battaglia di Legnano, mentre non ha ancora ricevuto la stesura finale del libretto: «Se non m’aveste lasciato ozioso per due mesi senza inviarmi una parola di poesia avrei ora finito quest’opera». Il debutto del Trovatore che sta per saltare: «Siccome io ho rinunciato affatto di scrivere per Roma, così voi mi farete il piacere di ritirare il vostro programma». Trentanove lettere inedite di Giuseppe Verdi, acquisite ad un’asta londinese dal Ministero della Cultura, impreziosiscono la nuova versione del carteggio tra il compositore e uno dei suoi più amati librettisti, il napoletano Salvadore Cammarano. Nell’ambito dell’edizione nazionale dei carteggi e dei documenti verdiani, il volume è pubblicato dall’Istituto di Studi Verdiani di Parma ed è curato e introdotto da Carlo Matteo Mossa, già responsabile della prima stesura. Cammarano e Verdi hanno collaborato per quattro opere: Alzira, La battaglia di Legnano, Luisa Miller, Il trovatore e avrebbero proseguito, se il librettista non fosse mancato a soli 51 anni. Hanno discusso di tanti altri progetti, prima di tutto il Re Lear, di cui è possibile leggere atto per atto, scena per scena, la trama e l’elenco dei personaggi previsti. E di Virginia, una delle tre “tragedie della li- bertà” di Vittorio Alfieri: sarà Verdi a rinunciare. Hanno condiviso gli entusiasmi risorgimentali ed è Cammarano a informare il compositore della ferocia della repressione borbonica dopo l’insurrezione di Napoli del 1848. Il libro riporta, in appendice, ampi passaggi dalla cronaca di quegli avvenimenti redatta da Michele, fratello di Salvadore: i soldati «Svizzeri non davano quartiere, guadagnata una casa salivano per gli appartamenti, fucilavano, bajonettavano chi lor veniva d’innanzi». Orrori di una guerra. 136 lettere, scritte tra il giugno 1843 e il luglio 1852, periodo decisivo per la maturazione di Verdi, attraverso e oltre quelli che lui stesso battezzerà “gli anni di galera”. La galera, come appare evidente da tanti passaggi di questo e altri suoi epistolari, non è il rincorrersi delle commissioni e delle scadenze di un compositore noto ormai in tutta Europa; la galera sono le convenzioni. Perché mai un’opera deve iniziare con un coro? «Io detesto questi cori d’obbligo; prima perché appunto sono in tutte le scene d’opera, secondo perché è ben raro abbino un grande interesse». Ma bisogna abbozzare, perché era il pubblico ad aspettare, e volere, che così fosse. Ed è Verdi a ricordare al suo collaboratore che se il soprano scritturato ha un nome conosciuto, allora il libretto dovrà tenerne conto: «Bisogna fare uno sforzo ed aggiungere la scena per la prima donna Qui la signora de Giuli piace moltissimo e si aspettano vedere nella mia opera una gran parte per lei». Cammarano è stato un autore prolifico: circa 40 libretti, molti, tra cui Lucia di Lammermoor, anche per Gaetano Donizetti. Deve mantenere una famiglia numerosa, ha un impiego al Teatro San Carlo, spesso è in ritardo rispetto alle date di consegna previste. Inoltre, adotta un metodo di lavoro che caratterizza gli sceneggiatori per il cinema: non procede scena dopo scena, ma consegna dei blocchi di testo non consecutivi. Questa abitudine agita Verdi, che gli chiede di essere più ordinato, per poter meglio definire il carattere e la progressione dei diversi personaggi. Si dice spesso che la trama del Trovatore sia complicata, perfino impossibile da raccontare. Leggendo il corpo delle lettere, e molto aiutano i documenti inediti, si capisce invece chi sia, per Verdi, il motore dell’azione: «Non fate Azucena demente. I suoi sensi sono oppressi ma non è pazza. Bisogna conservare fino alla fine le due grandi passioni di questa donna: l’amore per Manrico e la feroce sete di vendicare la madre». Azucena, la zingara che ha visto sua madre bruciare sul rogo. Delitto chiama delitto, il sangue versato verrà vendicato nella cupa, fremente corsa verso l’abisso che contraddistingue questo capolavoro.