la Repubblica, 13 maggio 2022
I mondi ritrovati di mio papà Tolkien
Il libro dei Racconti perduti fu cominciato da mio padre nel 1916-1917, durante la Prima guerra mondiale, quando era venticinquenne, e lasciato incompiuto alcuni anni dopo. Si tratta del momento iniziale, almeno come narrativa pienamente sviluppata, della storia di Valinor e della Terra di Mezzo; tuttavia, prima di ultimare iRacconti ,l’autore si volse alla composizione di lunghe poesie, ilLai di Leithian in distici a rima baciata (la storia di Beren e Lúthien), eI figli di Húrin in versi allitterativi.
La “mitologia” in prosa ricominciò da un nuovo punto di partenza in un brevissimo compendio, un “Abbozzo”, come egli stesso lo chiamava, scritto nel 1926 ed espressamente destinato a fornire il substrato di conoscenze necessarie alla comprensione del poema allitterativo. Gli sviluppi ulteriori della prosa mossero direttamente dall’“Abbozzo” alla versione del Silmarillion che stava per essere completata verso la fine del 1937, quando, nel novembre di quell’anno, mio padre s’interruppe per spedirla così com’era ad Allen & Unwin; vi furono tuttavia anche importanti ramificazioni secondarie e testi subordinati composti negli anni Trenta, come gliAnnali di Valinor e gliAnnali del Beleriand (di cui restano frammenti anche nella traduzione in antico inglese compiuta da Alfwine-Eriol), il racconto cosmogonico intitolato Ambarkanta , la Forma del Mondo, di Rumil, e il Lhammas, cioè la “Relazione sulle lingue” di Pengolod di Gondolin. Da lì in poi la storia della Prima Era fu accantonata per molto tempo, fino alla conclusione del Signore degli Anelli , ma negli anni precedenti la sua effettiva pubblicazione mio padre tornò con grande vigore alSilmarillion e alle opere connesse.
Questa edizione in due parti deiRacconti perduti intende essere, o almeno così spero, il punto di partenza di una serie che prosegua la storia attraverso gli scritti più tardi, in versi e in prosa; e, così sperando, ho apposto a questo libro un titolo “generale”, destinato a includere anche quanti possano seguirlo, sebbene temo che La storia della Terra di Mezzopossa poi rivelarsi esser stato troppo ambizioso. In ogni caso il titolo non implica una “storia” nel senso tradizionale: l’intenzione è infatti di offrire testi completi o in larga misura tali, tanto che i libri somiglieranno di più a una serie di edizioni. Non mi propongo, come obiettivo principale, di districare molti fili singoli e separati, ma piuttosto di rendere disponibili opere che possono, e dovrebbero, essere lette come unità compiute. Tracciare le linee di questa lunga evoluzione è per me del massimo interesse, e mi auguro si riveli tale anche per altri che nutrono una predilezione per simili indagini; sia che esse riguardino le trasformazioni maggiori dell’intreccio o della teoria cosmologica, oppure particolari come la comparsa premonitrice di Legolas Verdefoglia dalla vista acuta nel raccontoLa caduta di Gondolin .
Tuttavia, questi vecchi manoscritti non sono affatto da considerarsi interessanti solo per lo studio delle origini. Vi si può trovare molto materiale che mio padre (per quanto si sa) non scartò mai espressamente, ed è necessario ricordare che ilSilmarillion , dall’“Abbozzo” del 1926 in avanti, fu scritto come un sommario o un’epitome che esprimesse la sostanza di opere molto più estese (esistenti di fatto oppure no) con una portata ridotta. Lo stile assai arcaico adottato allo scopo non era ampolloso: possedeva ampiezza e grande vigore, qualità particolarmente adatte a suggerire la natura magica e misteriosa dei primi Elfi, ma, con altrettanta prontezza, sapeva divenire sarcastico e beffarsi di Melko o delle beghe fra Ulmo e Osse. Queste ultime sfiorano talvolta una concezione comica, e sono descritte in un linguaggio rapido e vivace destinato a non sopravvivere nella gravità della prosa più tarda di mio padre nel Silmarillion (così, mentre ancora le isole sono al fondo del mare, Osse «si aggira in un ribollire di attività»; le scogliere di Tol Eressea, appena invase dai primi uccelli marini «sono colme di chiacchierio e di odore di pesce: si tengono grandi conclavi su ogni cengia»; e, quando gli Elfi della Costa sono infine condotti al di là del mare fino in Valinor, Ulmo, in modo prodigioso, «sta alla retroguardia sul suo carro simile a un pesce e suona forte la buccina, per la disfatta di Osse»).
IRacconti perduti non giunsero mai, e neppure si avvicinarono, a una forma tale per cui mio padre, prima di abbandonarli, potesse prenderne in esame la pubblicazione; erano sperimentali e provvisori, e i quaderni sciupati in cui erano stati scritti vennero messi in disparte e mai più letti, mentre gli anni passavano. Il fatto di presentarli in un libro stampato ha sollevato una quantità di spinosi problemi editoriali. In primo luogo, i manoscritti sono intrinsecamente molto difficili: in parte perché il testo fu per lo più compilato a matita e in modo frettoloso, e ora in certi punti è estremamente arduo da leggere, tanto da richiedere una lente d’ingrandimento e molta pazienza, non sempre premiata.
Inoltre, in alcuni dei Racconti mio padre cancellò il testo originale a matita e sopra questo scrisse, a penna, una versione riveduta — e dato che in quel periodo usava quaderni rilegati invece di fogli sciolti, gli capitava di trovarsi a corto di spazio: così parti isolate di racconti furono redatte nel mezzo di racconti diversi, e in alcune pagine ne risultò un terrificante rompicapotestuale. In secondo luogo, iRacconti perduti non furono tutti composti in progressione uno dopo l’altro, secondo l’ordine narrativo; e (inevitabilmente) mio padre iniziò a rimaneggiarli e a rivederli mentre l’opera era ancora in fase di stesura.
Originally published in the English language by HarperCollins Publishers Ltd. under the title The History of Middle Earth The Book of Lost Tales — part one © The Tolkien Estate Limited and C.R. Tolkien, 1983 /© 2022 Giunti Editore S.p.A./Bompiani