la Repubblica, 13 maggio 2022
Il ritorno di Armando Siri
Amatissimo da Salvini, sopportato da altri, di certo visto con diffidenza dai leghisti di lungo corso. La convention romana con cui il Carroccio, domani, comincia il suo “percorso di ascolto” in venti regioni – e cerca di rilanciare se stesso – segna anche il ritorno in grande stile di Armando Siri. Per molti osservatori esterni la traiettoria politica dell’ideologo della Flat tax si era interrotta l’8 maggio di tre anni fa, quando l’allora premier Giuseppe Conte revocò l’incarico di sottosegretario al senatore ligure, alle prese con un’indagine per corruzione. Fu uno dei momenti di maggior tensione della maggioranza gialloverde, che si sarebbe disciolta di lì a due mesi. Da allora il viaggio di Siri è proseguito a fari spenti: l’inchiesta incentrata su presunti favori a privati nel settore del mini-eolico non si è chiusa (il Senato ha bocciato l’uso delle intercettazioni, il pm Mario Palazzi ha fatto ricorso alla Consulta) e fa il paio con un’altra per finanziamento illecito. Ma Salvini non ha abbandonato neanche per un attimo il suo fedelissimo, che si portava con sé pure il patteggiamento di una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta. Siri ha mantenuto il ruolo di responsabile del programma della Lega e di coordinatore dei dipartimenti: è lui ad aver messo su il fittissimo calendario dell’evento di domani, che vedrà la partecipazione di tre ministri (Cingolani, Gelmini, Giorgetti) e dei manager di società a partecipazione pubblica quali Eni, Enel e Terna.
Siri conferma nell’occasione la sua più grande e riconosciuta qualità, quella di organizzatore. Ma il suo ruolo centrale non manca di suscitare i soliti borbottii di parlamentari e militanti leghisti che hanno cavalcato l’onda salviniana e che ora con fastidio subiscono il calo nei sondaggi. Il personaggio, d’altronde, è divisivo. È stato un convinto No Euro e, in tempi più recenti, un nemico del Green Pass: «Meglio un tampone del vaccino», diceva a settembre mentre il partito implodeva sul sostegno o meno alla linea di rigore di Draghi (e vincevano i lealisti). Poi è arrivata la guerra. Siri non ha partecipato né al voto sulla risoluzione a favore dell’Ucraina né alla seduta del Parlamento in videocollegamento con Zelensky.
Ma guai a chiamarlo filo-russo: «Le mie assenze? Casualità». Qualche sospetto è tornato a circolare in questi giorni, per via della partecipazione alla manifestazione di domani, di Gianandrea Gaiani, esperto di geopolitica e direttore diAnalisi Difesa, che in un’intervista a Panorama del 2 aprile scorso ha sollevato forti dubbi sul massacro di Bucha: «La strage ha molti punti dachiarire, perché i leader europei non hanno espresso critiche davanti ai video delle torture inflitte ai prigionieri russi da parte della guardia nazionale ucraina?». Secondo Gaiani, «l’eccidio di Bucha è un’operazione molto sporca» che «sembrerebbe fatta apposta per spaccare il cordone, sotto forma di gasdotto, che unisce l’Europa alla Russia». Nell’interesse di chi? «Degli Usa». Ma Gaiani è stato consigliere di Salvini al Viminale e comunque il capo del Carroccio di Siri si fida. Al punto da mantenerlo alla guida della scuola di formazione della Lega, che il parlamentare ligure, ex socialista in viaggio con il Capitano dal 2013, gestisce attraverso una società privata, la Formapolis, cui vanno i proventi delle iscrizioni (500 euro a corsista).
La scuola di Siri è in piena attività a Milano, mentre il segretario ha appena deciso la chiusura del canale diretto di formazione leghista, l’«Accademia» che era stata affidata al senatore Manuel Vescovi. E che ha tenuto, in tutt’Italia, corsi gratuiti per 1.300 corsisti.