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 2022  maggio 12 Giovedì calendario

Periscopio

Una volta c’era il fattore K. Era l’espressione coniata da Alberto Ronckey [in effetti «Ronchey», senza fattore K] per descrivere il fatto che il Pci di Enrico Berlinguer doveva stare fuori dal governo. Oggi torna il fattore K, non più contro Enrico ma contro la figlia Bianca. Angela Azzaro, il Riformista.

Sappiamo ovviamente che gli eserciti dei due Paesi si affrontano con le armi. Ma perché lo facciano rimane un mistero. Che importa a Putin di conquistare la nazione di Zelensky e che importa a quest’ultimo di perdere un pezzo del territorio circostante Kiev? Vittorio Feltri, Libero.

Doha Zaghi, in arte Lady Demonique e protagonista di performance sadomaso, non sarà candidata a Como con Azione. «Non ci sono le condizioni» per il partito. «Io discriminata», la replica. Corriere della Sera.

Gli ucraini combattono per procura e l’Italia paga. La Verità.

È il blabla! signora mia. Alberto Arbasino.

Da settimane non c’è più una dichiarazione di Conte o di Salvini che non contenga una qualche allusione a quelli che in Occidente non vorrebbero la pace, fino al grottesco rovesciamento dei ruoli operato dal leader leghista, secondo il quale «da più dichiarazioni si intuisce che entrambe le parti in guerra vogliano farla finita» (nel momento in cui una delle due parti continua a bombardare l’altra, si badi) e il problema sarebbe «qualcuno dall’altra parte del mondo» che «vuole consumare su campi altrui propri obiettivi geopolitici». Che è esattamente quello che sta facendo la Russia in Italia, semmai, grazie a un piccolo numero di agenti, a un discreto numero di collaboratori più o meno occasionali e a un gigantesco esercito di cialtroni. Francesco Cundari, Linkiesta.

Nel fine settimana Alexander Subbotin, ex top manager del gruppo petrolifero Lukoil, è morto alle porte della capitale. Subbotin si sarebbe recato da una coppia di sciamani a Mytishchi, a nord-est di Mosca, per curare «la dipendenza da alcol». Gli sciamani avrebbero usato [troppo] «veleno di rospo» da iniettare [a scopo rituale]. Il rito prevede anche che gli sciamani chiamino gli «spiriti» sacrificando alcuni galli e bagnandosi col loro sangue. Leonard Berberi, Corriere della Sera.

Oltre al rogo dei commissariati militari, e alle scritte «no alla guerra» apparse un po’ ovunque, la giornata festiva è stata segnata da isolate proteste, e da 82 arresti. Nella notte decine di canali del digitale terrestre hanno proiettato [sugli schermi televisivi] scritte come «abbiamo le mani macchiate del sangue dei bambini ucraini». A Novosibirsk una mano ignota ha scritto «Bucha» sul monumento d’un carro armato e il giornale online Lenta.ru ha messo in home page articoli di denuncia di Putin e della guerra: forse un hackeraggio, ma più probabilmente una rivolta degli stessi giornalisti. Anna Zafesova, La Stampa.

Sergey Andreyev, ambasciatore russo in Polonia, è stato contestato da alcuni manifestanti anti-Putin che gli hanno lanciato della vernice rossa. Andreyev stava partecipando a una commemorazione al cimitero dei soldati sovietici a Varsavia. I video mostrano Andreyev nel momento in cui viene colpito dalla vernice, simbolo del sangue dei civili ucraini uccisi dai militari russi in questi mesi di invasione. open.online.
Kazimierz Brandys racconta questa bella storia: uno scrittore polacco incontra Anna Achmàtova, la grande poetessa russa. Il polacco si lagna della situazione: tutte le sue opere sono proibite. Lei lo interrompe: «È stato imprigionato?» «No». «È stato almeno espulso dall’Unione degli scrittori?» «No». «Allora di che si lagna?». Achmatova è sinceramente incuriosita. Milan Kundera, Un Occidente prigioniero.
Forse l’immagine non è audace come quella di Marilyn Monroe con la gonna che si solleva per un soffio d’aria sopra la grata della metropolitana nel film Quando la moglie è in vacanza, ma da lunedì sera è diventata l’immagine più costosa mai battuta da Christie’s. In meno di quattro minuti, la serigrafia del volto dell’attrice, Shot Sage Blue Marilyn, opera di Andy Warhol, è stata venduta per 195 milioni di dollari a un acquirente sconosciuto. È il prezzo d’asta più alto mai raggiunto da una qualsiasi opera d’arte americana. Robin Pogrebin, New York Times.

[La ’ndrina] Alvaro-Garzo [77 persone arrestate] commette reati tipici delle organizzazioni mafiose come estorsioni, traffico di stupefacenti, delitti in materia di armi, ma ha come obiettivo principale il reinvestimento di denaro in attività commerciali diversificate. Giuseppe Pignatone, la Repubblica.
Ricordo la maxiretata del 2009. Le cronache incedevano al passo dell’oca: il quadro è chiaro, i clan hanno allungato i tentacoli, i magistrati hanno accertato. Anche allora gli arresti furono decine, anche allora c’entrava la ’ndrina Alvaro e anche allora attività sotto sequestro, ben 122. Fra di esse, il Café di Paris di via Veneto [che] fu confiscato, la nuova proprietà stabilita dal tribunale, i dipendenti licenziati. Nel 2014, la Cassazione annullò la confisca e nel 2020 la sentenza d’Appello ribaltò quella di primo grado: la ’ndrangheta non c’entrava niente e il Café de Paris, purtroppo in disfacimento, andava restituito al proprietario con le altre 121 attività. Che fine abbiano fatto le 121 attività lo ignoro, ma quando passeggio in via Veneto guardo sempre il Café de Paris, ormai chiuso e abbandonato. Mattia Feltri, La Stampa.
Giuseppe Fioroni, che ha presieduto l’ultima commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro, ha dichiarato che [è stata] «stabilita una precisa dinamica di quell’esecuzione». Non un colpo di grazia? chiede l’intervistatore in base al racconto dei brigatisti. «Al contrario. Colpi al cuore e al corpo, sparati con perizia perché non morisse», rivela Fioroni. «Moro è morto dissanguato dopo un’agonia. Volevano che soffrisse». Francesco Damato, graffidamato.com.
Non siamo un popolo di santi né di poeti né di artisti o di navigatori: siamo un popolo di pesci in barile. Roberto Gervaso.