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 2022  maggio 12 Giovedì calendario

Ucraina, i sospetti dei medici sull’uso di armi chimiche

«Abbiamo il forte sospetto che l’esercito russo stia sperimentando qualche tipo di arma chimica, forse non letale, però in grado di mettere fuori combattimento per lungo tempo i nostri soldati al fronte». Il dottor Alexei Yakovlenko giunge a questa dichiarazione dopo essersi dilungato per mezz’ora a descrivere il tipo di ferite subite nella zona dalle prime linee, soltanto a una quarantina di chilometri dal suo ospedale. 
Ha 47 anni e da una decina lavora nel più importante dei tre ospedali di Kramatorsk, dove dall’inizio della guerra vengono ricoverati civili e soldati provenienti da Nord dalle battaglie attorno a Izyum e, verso Est, le vittime nei combattimenti sparsi nella moltitudine di centri urbani che l’esercito russo incontra nella sua lenta avanzata dalla zona di Lugansk. 
«Da oltre un mese, il numero quotidiano di ricoverati varia tra la ventina a oltre 70. Con un tasso di feriti gravi che negli ultimi giorni è stato in netta crescita. Inizialmente rilevavamo per lo più ferite da pallottole. Ma da circa due settimane prevalgono le lacerazioni da esplosioni, dunque schegge e concussioni gravi a causa degli spostamenti d’aria. I russi ormai combattono prevalentemente da distanza, utilizzando artiglierie, missili di media gittata e lanciarazzi di tipo Grad», spiega.
Ed è a questo punto che giunge a menzionare le «armi chimiche». A suo dire, la dimensione del fenomeno resta ancora nella fase delle verifiche. «Il nostro governo vorrebbe istruirne un caso da presentare al Tribunale internazionale dell’Aia, il presidente Zelensky ne ha già accennato in pubblico. Sono tuttavia i nostri stessi esperti militari che invitano alla cautela, intendono terminare l’esame delle evidenze prima di costruire un forte atto d’accusa contro Mosca. Io però sono un civile e non ho alcun problema a parlarne con un giornalista», racconta il dottor Yakovlenko. 
I casi
Questi, a suo dire, i fatti: da circa due settimane il suo ospedale ha ricoverato un centinaio di soldati, che erano schierati con le loro unità nella zona di Izyum, i quali presentavano gravi problemi al sistema respiratorio, dopo che le artiglierie russe avevano colpito nel loro settore. Nessuno è deceduto, ma in maggioranza apparivano in stato confusionale e quasi comatoso a causa della difficoltà nel respirare, associata a gravi crisi intestinali e intense convulsioni muscolari. 
«Ci siamo resi conto che potevano essere curati con iniezioni di Atropina, il farmaco a cui in genere si ricorre contro gli effetti delle armi chimiche. Dalle prime analisi qui in laboratorio ci è sembrato che i russi avessero utilizzato armi non convenzionali di tipo nuovo, che mischiavano fosfati e gas organici. Da una settimana lo Stato Maggiore dell’esercito ha disposto per precauzione che le unità dispiegate nel settore di Izyum debbano avere in dotazione anche le maschere antigas», aggiunge.
L’esodo
Fuori dai giardini dell’ospedale la città appare vuota e desolata. È da fine marzo che viene colpita con metodo dai missili a lunga gittata, anche se l’esodo della popolazione era già iniziato il 24 febbraio. Ma fu con il massacro di 59 civili, in maggioranza donne e bambini, causato dal missile che l’8 aprile esplose davanti alla stazione ferroviaria gremita di sfollati, che il flusso delle partenze da Kramatorsk si trasformò in fuga disperata. «In pochi giorni la città vide i suoi oltre 220 mila abitanti ridotti ai meno di 40 mila. I treni furono bloccati immediatamente e da allora da qui non transitano neppure più i convogli merci, così la gente si riversò sulle strade nel timore che Putin volesse mirare ai ponti e alle infrastrutture viarie», racconta Alona Gramog, una giornalista 40enne che lavora per la televisione locale.
La incontriamo nell’immensa piazza di fronte del Municipio, assolutamente vuota. In lontananza si odono i fragori dei combattimenti in direzione di Sloviansk e nei pressi del villaggio di Bilohorivka, dove, secondo il governatorato regionale, le cannonate russe prima del weekend avrebbero massacrato una sessantina di civili rifugiati nei sotterranei della scuola.
Ma Alona si mostra ottimista. «Il nostro esercito è adesso concentrato nel ricacciare le truppe russe dalla zona di Kharkiv, ogni giorno libera nuovi villaggi e guadagna chilometri. Una volta terminata quella missione, l’attenzione passerà alla nostra zona e finalmente anche le minacce che gravano su Kramatorsk verranno dissipate».