Corriere della Sera, 11 maggio 2022
Lo Stato pagherà per Doina, la killer dell’ombrello
Ci sono casi che lasciano tracce emotive anche nei ricordi di chi è abituato a trattarne di simili tutti i giorni. E l’omicidio di Vanessa Russo è per Italo Ormanni, il procuratore che lo risolse in pochi giorni, un ricordo ancora vivo, ora che si è tornati a parlarne per l’indennizzo da 760 mila euro che lo Stato viene condannato a pagare ai genitori della 23enne studentessa romana, data l’indigenza dell’assassina e a causa di una falla nel nostro sistema giudiziario.
La vicenda è quella passata agli archivi come «l’omicidio con l’ombrello», con cui Doina Matei trafisse l’occhio sinistro della rivale in una banale lite nata da un urto nella ressa di passeggeri della metropolitana. Accadde nel pomeriggio del 26 aprile 2007 alla fermata Termini, e nel 2010 la romena, all’epoca poco più che maggiorenne, venne condannata in via definitiva a 16 anni di carcere. I conti con la giustizia li ha saldati, quelli relativi agli strascichi del suo gesto continuano invece ad aggravarsi. Nell’aprile del 2016, in semilibertà per buona condotta, le vennero revocati i benefici di legge perché circolarono le sue foto sorridenti al mare. Tre anni dopo, nel 2019, ancora per buona condotta e avendo dato prova di efficace reinserimento nella società, tornò libera con uno sconto di quattro anni calcolato sui parametri fissati per legge. Tre giorni fa, infine, la notizia della condanna dello Stato a indennizzare i genitori di Vanessa, Rita e Giuseppe, che assistiti dall’avvocato Giovanni Spina, avevano intrapreso l’azione diretta contro lo Stato sul presupposto di una condanna della Corte di giustizia europea per non essersi dotato di una legge che risarcisca le vittime di reati violenti. «Lo Stato non è stato condannato in via sussidiaria a risarcire al posto della vittima, ma in via diretta per proprie responsabilità», precisa il legale. Il giudice ha simbolicamente fissato la cifra a 760mila euro, la stessa che i signori Russo chiedevano come risarcimento a Matei. Da loro non trapela oggi nessun commento.
«Fu un caso fuori dall’ordinario – ricorda oggi Ormanni – che per essere risolto ebbe bisogno come sempre accade di un pizzico di fortuna».
Doina e la ragazza minorenne che era con lei erano infatti state da poco fotosegnalate per la loro attività di prostituzione nella zona della stazione e vennero riconosciute subito per un particolare fisico della minorenne da parte del comandante dei carabinieri di Tivoli (territorio nel quale vivevano) quando la loro foto fu messa a confronto col fermo immagine delle telecamere di video sorveglianza. L’arresto arrivò in soli tre giorni dopo l’omicidio, bloccando la loro fuga. «Matei nell’interrogatorio si mostrò decisa, sostenne di essere stata provocata da Vanessa e di averla solo per caso colpita con l’ombrello – ricorda ancora Ormanni —. Ma il video era chiarissimo anche nel mostrare l’impugnatura “a fucile” dell’ombrello da parte sua, una posa innaturale come se stesse mirando al volto della ragazza con la punta di metallo. Al Riesame sostenni la “intensità aggressiva” del suo gesto ed ebbi ragione. Quanto alla sua amica minorenne, disse di non essersi resa conto del colpo, in parte poteva essere credibile ma di fatto era condizionata da Matei». La condanna intervenne per omicidio preterintenzionale. Oggi Doina Matei ha 35 anni, vive in provincia di Venezia e ha due figli.
Nel 2011 arrivò seconda a un concorso letterario per detenuti con un racconto intitolato «La ragazza con l’ombrello» scritto assieme alla giornalista Franca Leosini. In uno dei passaggi scriveva: «Non volevo la morte di nessuno, ma è successo e devo pagare (…) con un rimorso che non mi abbandonerà mai».