Corriere della Sera, 11 maggio 2022
D’Alema e De Benedetti, di nuovo
«Guardi, io De Benedetti l’avevo proprio perso di vista. Non credo che lui abbia qualcosa contro di me, di sicuro io non ho nulla contro di lui. Anzi, glielo dico: nei giorni scorsi, quando ha rilasciato l’intervista al Corriere sulla Russia, ne avevo talmente apprezzato il contenuto che l’ho cercato per dirglielo».
Per alcuni siamo di fronte all’ennesimo capitolo di uno dei più antichi scontri fratricidi nel triangolo politico-economico-intellettuale della sinistra italiana. Per uno dei diretti interessati, che è Massimo D’Alema, «non c’è davvero nulla di più di un rapporto normale, con alti e bassi; anche se, oddio, non vorrei che si fossero attivate forme di reazione psicanalitiche a me ignote che hanno contribuito a rimuovere dalla mia testa le volte che nella mia vita ho litigato con De Benedetti...». E poi c’è l’altro, l’ingegner Carlo De Benedetti, per decenni editore di Repubblica, oggi proprietario del quotidiano Domani.
Proprio tra le pieghe di un’inchiesta del Domani sui rapporti tra l’Eni e la società Blue Power di Francesco Nettis spunta un investimento di quest’ultimo nell’azienda vinicola della famiglia D’Alema. L’ex presidente del Consiglio reagisce male, «diciamo pure che mi sono rotto i cog…i e che querelo, perché se qualcuno adombra che io ho dato una mano a uno per un contenzioso con l’Eni, si presuppone che questo qualcuno l’investimento nell’azienda dei miei figli per restituirmi il favore lo faccia dopo, non prima. Ma non querelo solo io, anche la logica dovrebbe presentare una querela…». E comunque, questo l’aveva detto rispondendo al Domani, «l’idea di citare l’ingegner De Benedetti mi diverte».
Che si trovino prima o poi l’uno contro l’altro in un’aula di tribunale è improbabile. Non è un caso che i due, tra le carte bollate degli avvocati e la sciabola delle contese retoricamente sanguinolente, abbiano scelto sistematicamente la seconda. Nel 2017, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere, De Benedetti liquida come «ridicola» la scelta dalemiana di varare la lista di Leu. L’altro replica: «De Benedetti? Non l’ho letto. È un autore verso il quale non ho nessun interesse, diciamo, non occupandomi di insider trading…». Il riferimento, neanche troppo velato, era alla confidenza fatta dall’allora premier Matteo Renzi all’Ingegnere nel gennaio 2015 sull’imminente varo del decreto sulle banche popolari; indicazione che quest’ultimo aveva trasmesso al suo broker, innescando un intervento della Consob che però si era risolto con un’archiviazione.
Il round precedente era andato in scena sette anni prima nel maggio del 2010. In un libro-intervista con Paolo Guzzanti, De Benedetti accusa D’Alema di «aver ammazzato il Pd» e di «aver fatto solo politica in vita sua, cioè nulla». L’altro reagisce male, senza concedere all’Ingegnere neanche l’onore della citazione: «Ci sono anche nel nostro campo tanti imprenditori che vogliono fare i Berlusconi di sinistra, che vogliono condizionare la politica. Ma sono dei Berlusconi di serie B, dei Berluschini…».
Che non si siano mai tanto amati non è un mistero per nessuno. In trent’anni di endorsement nei confronti dei leader del centrosinistra, mai l’Ingegnere ha benedetto le cose dalemiane. «Certo, a volte me la sono presa per le cose che i suoi quotidiani scrivevano di me, tipo la storia dell’inciucio con Berlusconi. Ma sono cose che fanno parte della normalità di un rapporto dialettico», riflette oggi D’Alema.
Le foto di protagonisti e comprimari del quarto di secolo di centrosinistra italiano ingialliscono ogni giorno di più. Loro, però, resistono. D’Alema era uscito dal partito figlio della catena Pci-Pds-Ds-Pd per fondare un partito nuovo, anche se più piccolo; De Benedetti era uscito dall’orbita di Repubblica per inseguire romanticamente – quantomeno nel metodo – la stessa stella polare nel giornalismo. Amici e detrattori di entrambi credono che i due si somiglino. E il troppo somigliarsi, quasi sempre, genera dispute per cui non c’è fischio finale. Quasi mai.