La Stampa, 11 maggio 2022
Cronaca dello spettacolo teatrale di Alessandro Orsini
Lascia ingolosire i suoi ammiratori soltanto per 11 minuti. Con un ritardo misuratissimo, Alessandro Orsini entra in scena da una quinta della Sala Umberto e tra gli applausi, guadagna il centro del palcoscenico, illuminato da un “occhio di bue”, un fascio di luce rosso, che allude forse alla natura ribelle del professore. Sono le 21,11 del 10 maggio 2022 e il protagonista dell’ascesa mediatica più fulminea (e controversa) degli ultimi anni, mettendosi la mano sul cuore: “Grazie, vi sono grato di questo applauso” che dura il giusto: 23 secondi. E annuncia: “La mia sarà una lezione”, un monologo, «senza interruzioni», come promette il programma.
Circonfuso dall’attesa febbrile degli ammiratori («che dirà stavolta?») il professore è accolto da una platea al completo, per metà formata da under 30 e questa è la prima, vera notizia della serata. Ma c’è anche un pubblico più maturo e tra i vip prevalgono quelli di intonazione bruna: l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ex Msi e ex An e Alessandro Di Battista, che è difficile etichettare. Di nero vestito, un farfallino sulla cravatta bianca, Orsini si è esibito sul palcoscenico che in passato ha ospitato grandi comici come Ettore Petrolini, Totò, Aldo Fabrizi. Il quarantaseienne sociologo napoletano, come si sa, è stato elevato alla celebrità sulla scia di una serie di esternazioni-esibizioni televisive culminate in affermazioni assai assertive, anti-Nato e comprensive verso le ragioni di Putin.
Ora che ha ottenuto un palcoscenico teatrale tutto per sé, il professore ha parlato in modo meno concitato e senza gesticolazioni. Il suo è stato un racconto puntuale di tutte le illegalità e le arroganze occidentali negli ultimi 25 anni, verso la Russia, in Serbia, in Libia, in Iraq ma con una lettura ad una sola dimensione, con una serena, sbalorditiva omissione delle tante brutalità commesse da Putin. Il capo della Russia ha dovuto subire ripetute “umiliazioni”, non ha potuto mantenere le promessa assunte col suo popolo ed è stato di fatto costretto da questo stato di sudditanza ad intervenire contro i Ceceni, in Siria, in Georgia. Ucraina. Una ricostruzione di 25 anni di storia all’insegna di buoni e cattivi, anche se Orsini ha ripetuto di appoggiarsi sulla “documentazione storica”. Dando per asserito che Putin è trasparente, che non nasconda nulla e che le sue parole siano da prendere alla lettera. Ma al suo pubblico Orsini piace così e d’altra parte il professore si è conquistato la sua popolarità con una raffica di affermazioni lapidarie, sebbene non sempre “coordinate” tra loro. Per il professore «Putin non ha mai pensato ad una guerra-lampo» e però il presidente russo «ha già vinto». E sempre il medesimo Orsini ha sostenuto che se Putin, dato per trionfante, dovesse trovarsi «in un condizione disperata, in cui rischia di perdere la guerra e dovesse usare la bomba atomica», a quel punto di chi sarebbe la colpa? Per Orsini, «l’Europa sarebbe moralmente corresponsabile». Anche se il momento televisivo insuperato resta un annuncio: «Sono in contatto con famiglie a Mariupol che mi scrivono tutti i giorni». Frase contraddetta in diretta da una donna ucraina, Anastasia Kuzmina: «Ero curiosa di sapere come fa a sentire queste persone, perché le mie amiche di Mariupol non parlano coi propri genitori da quasi due mesi». Nessuno può dire se il professore ci sia rimasto male per quella domanda (peraltro rimasta senza risposta), sta di fatto che nei giorni scorsi ha “lanciato” lo spettacolo alla Sala Umberto con questa locandina: «Alessandro Orsini è stato interrotto mille volte in televisione» e «in questo monologo è finalmente libero di esporre le sue tesi senza interruzioni o sovrapposizioni strumentali».
E così è stato. Il pubblico lo ha accolto benissimo: il tutto esaurito alla Sala Umberto è eloquente. Alle fine di una lezione 80 secondi di applausi. Un Orsini rosso? Nero? Rosso fuori e nero dentro? Rosso bruno? Lo spettacolo della Sala Umberto conferma che sono tutti schematismi. Orsini, che ha sempre mostrato di avere una certa stima di sé, è anzitutto “orsiniano”. Ma è ancora presto per capire se nel suo caso si invererà o meno la profezia di Andy Wahrol, sul «quarto d’ora di celebrità» che può presto trasformare le stelle televisive in meteore.