La Stampa, 11 maggio 2022
Olha, dall’Armata Rossa alla resistenza
Olha Tverdokhlibova è quel genere di ucraino su cui Vladimir Putin faceva affidamento: pensava che si sarebbero schierati dalla parte della Russia.
Veterana dell’Armata Rossa e decorata per aver combattuto i nazisti nella Seconda Guerra mondiale, nel 1991, quando l’Unione Sovietica si sgretolò, Olha Tverdokhlibova rimase indifferente nei confronti dell’indipendenza dell’Ucraina.
Dopo l’invasione russa di febbraio, invece, ha contattato il servizio di reclutamento ucraino di Vinnycja per mettere a disposizione le sue doti di tiratrice scelta. L’addetto si è mostrato entusiasta di poter contare su un cecchino, ricorda Tverdokhlibova, fino a quando la signora non ha rivelato di avere 98 anni.
Olha Tverdokhlibova è un volto noto da queste parti e sulla televisione di Stato per i suoi resoconti del coraggio dimostrato in tempo di guerra, quando prestò servizio nelle truppe di ricognizione dietro le linee della Germania nazista e combatté fino a raggiungere Berlino. Oggi la signora ha un nuovo messaggio quando compare in pubblico: la guerra dell’Ucraina per la sopravvivenza contro i russi assomiglia a quella che le nazioni combatterono affiancate contro i nazisti.
Olha Tverdokhlibova ha registrato un appello indirizzato alle donne russe affinché non mandino i figli e i mariti in guerra. Ha fatto un discorso di incoraggiamento alle nuove reclute ucraine in uniforme, risplendente di decorazioni e medaglie, raccontando di aver perso il padre e il fratello durante la Seconda guerra mondiale, ma ricordando anche che alla fine i nazisti furono sconfitti. «Nel 1941 difendemmo la nostra madrepatria, l’Unione Sovietica», ha detto in un’intervista. «Oggi difendiamo le nostre case e i nostri figli».
La lealtà all’Ucraina di Tverdokhlibova contribuisce a spiegare quello che secondo molti il presidente russo Putin ha completamente frainteso in un Paese che egli chiama «nazione fraterna» ingiustamente scissa dalla Russia. Nel suo discorso di lunedì alla parata militare a Mosca in commemorazione della vittoria sovietica durante la Seconda guerra mondiale, Putin ha paragonato la sua guerra all’Ucraina alla lotta contro il nazismo. «Oggi voi difendente quello per cui lottarono i nostri padri, i nostri nonni e bisnonni», ha detto. «Il nostro dovere è preservare il ricordo di coloro che schiacciarono il nazismo».
Olha Tverdokhlibova ricorda bene i nazisti perché combatté contro di loro. Dal suo punto di vista, è Putin ad aver spezzato lo spirito di unione tra la Russia e l’Ucraina. «Come avremmo potuto immaginare che Putin e la Russia ci avrebbero aggredito, quando andammo a Berlino insieme e mangiammo insieme da una stessa gavetta?», chiede Tverdokhlibova, donna aggraziata dal sorriso malizioso e che deplora la guerra di darle l’apparenza di un’anziana. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il cui nonno combatté nella Seconda guerra mondiale, ha cercato di capovolgere la narrativa russa. «Siamo fieri dei nostri antenati che sconfissero il nazismo», ha detto in un messaggio video. «Non permetteremo a nessuno di appropriarsi di quella vittoria».
I veterani ucraini della Seconda guerra mondiale hanno postato alcuni video per invitare Putin a porre fine alla guerra. In un post sul portale di informazione «Verità ucraina», Oleksiy Tkachenko, che ha combattuto in Crimea in un reggimento di carri armati, ha scritto: «Non si può fare guerra così, uccidendo i bambini. Insomma, camerati, non potete fare questo!».
Olha Tverdokhlibova si rivolse per la prima volta a un centro di reclutamento nel 1941: era partita da Vinnicja, la sua città natale, per recarsi a Leningrado, oggi San Pietroburgo, e frequentare l’università. Dopo l’invasione tedesca, preferì invece arruolarsi nell’Accademia militare. Era la recluta ideale: figlia di un maggiore dell’Armata Rossa, era una stella della ginnastica, faceva parte dell’organizzazione comunista giovanile, aveva il titolo di cecchino di Voroshilov come tiratrice esperta. Dopo un anno di addestramento, si paracadutò nella Polonia occupata dai nazisti per la sua prima missione: individuare una fabbrica tedesca di munizioni. La individuò dietro un ospedale, circondata dal filo spinato da cui entravano e uscivano di continuo camion. Confermò la posizione esatta dopo aver stretto amicizia con una guardia tedesca anziana, che offrì alla ragazzina con i codini caramelle. Poi i sovietici bombardarono l’impianto.
Una seconda missione, invece, andò a finire male. Olha Tverdokhlibova stava attraversando le linee del fronte con le compagne sotto le armi: Lyuda, «una splendida bionda di Poltava», e Liza, «una grande ragazza siberiana», quando si trovarono prese in mezzo tra due fuochi. Lyuda e Liza rimasero uccise, Olha riprese conoscenza dieci giorni dopo in ospedale e, con suo sollievo, sentì un medico parlare russo. Le autorità sovietiche, presumendola morta, le avevano assegnato una decorazione militare postuma. Durante la vittoria sovietica, si trovava a Berlino e ricorda bene l’euforia, di aver ballato con un maresciallo dell’Urss e il profumo di carne proveniente da una lattina americana che condivise con i bimbi tedeschi.
I suoi successi in tempo di guerra non hanno potuto essere confermati in modo indipendente, ma la loro autenticità sembra sgorgare in modo naturale dai suoi ricordi dettagliati degli eventi, dalle medaglie assegnate da almeno tre Paesi inclusa la Polonia, e da un’infarinatura di giapponese che imparò durante l’addestramento. La nipote più grande di Olha Tverdokhlibova, Tetiana Dyka, ricorda bene che la nonna raccontava ai nipoti ancora bambini i suoi ricordi di guerra. La nonna, oltretutto, non ha mai fatto cadere nel vuoto la richiesta di parlare in pubblico degli orrori della guerra. «Purtroppo, però, la guerra è tornata», da detto Tetiana Dyka. Dopo la Seconda Guerra mondiale, Olha Tverdokhlibova è stata reclutata dall’agenzia per la sicurezza dello Stato sovietico, diventata in seguito il Kgb. Prestò servizio nella divisione di Vinnycja, dove un giorno le capitò tra le mani il dossier di un amico di famiglia, attendente medico che durante le Grandi Purghe di un decennio prima era stato ritenuto una spia tedesca. Dice che sapeva che quell’uomo non poteva essere stato una spia, ma restò zitta. «Che cosa avrei potuto dire?». Fu incaricata di scrivere una lettera alla moglie di quell’uomo, anni dopo la sua morte, spiegando tardivamente che era deceduto di infarto mentre si trovava in prigione. Invece, il suo corpo era stato rinvenuto durante alcuni scavi in un prato, e il cranio riportava il foro di un proiettile alla nuca.
«Che razza di canaglia può scrivermi queste cose?», ricorda che disse la moglie di quell’uomo. «Quella risposta mi turbò moltissimo» aggiunge, Olha Tverdokhlibova. «Non fu giusto». Nel 1991, quando l’Ucraina conquistò l’indipendenza, Olha Tverdokhlibova reagì con indifferenza. Ben radicata in entrambe le culture, la russa e l’ucraina, è molto scossa dal conflitto in corso e dice di non sapere chi è. I funzionari hanno respinto la sua ironica offerta di arruolarsi, e così lei ha usato la sua storia personale per spronare gli ucraini. Ha aggiunto di aver anche cercato di convincere i russi a cambiare la situazione, ma invano. «Se sono diventati zombie come quell’idiota» ha detto riferendosi a Putin, «come posso lanciare loro un appello?».
Oksana Grytsenko ha contribuito a questo articolo
Traduzione di Anna Bissanti
(L’articolo è uscito sul Wall Street Journal)