il Giornale, 10 maggio 2022
Calenda e il caso della dominatrice sadomaso
Carlo Calenda, europarlamentare faccia d’angelo in polo blu, famiglia Mulino bianco con moglie, tre figli piccoli e tanti capelli biondi, era affaccendato tra gas, geopolitica, Draghi, e al massimo cinghiali romani. Nel tempo libero si lasciava intervistare svecchiando il look e raccontando al Corriere di quando, travolto dalle aspettative degli altri, a 14 anni ha deragliato, cominciato a farsi le canne, a non andare a scuola, a lasciarsi bocciare. Oggi, ex ministro dello Sviluppo economico, entrato nel Pd nel 2018 e uscito nel 2019, è sicuro di aver imparato il valore del limite tanto da averci scritto un libro, «La Libertà che non libera», ha fondato «Azione» e si propone come il nuovo che avanza.
Il quadretto è stato guastato da Lady Demonique, professione mistress sadomaso o dominatrice, per intendersi una di quelle donne che in modo più o meno virtuale fanno contenti uomini che per varie e a volte tristi ragioni amano essere vessati e umiliati. Non siamo in una puntata di Billions, con il procuratore generale Chuck Rhoades, alias Paul Giamatti, che si destreggia tra il frustino della moglie e il sesso bondage di una squillo e rischia la carriera. Calenda non ha niente a che fare con le prestazioni della Lady.
Il fatto è che la signora, al secolo Doha Zaghi, professione dichiarata sui social Dominatrix, è una candidata di Azione a Como, a sostegno dell’aspirante sindaca di centrosinistra Barbara Minghelli. Le foto che circolano su internet lasciano poco all’immaginazione e anche le parole di lei, che si dichiara fiera dell’attività che svolge, incontri sadomaso senza veri rapporti sessuali con persone che non la pagano, ma la ricompensano con borse, oggetti di lusso oppure comprando i suoi video hard, dove non mancano bestemmie e crocifissi blasfemi. La signora Zaghi si prende sul serio: «La mia candidatura – scrive – è un segnale per capire se abbiamo le palle di vivere senza pregiudizi. In caso contrario l’Italia sarà solo la provincia dell’Arabia Saudita».
La stranezza è che sia la candidata sindaco, Barbara Minghelli, sia il (fu) referente di Azione a Como la difendono, in nome di un politicamente corretto ribattezzato ideologia woke che vieta di avere pregiudizi di qualsivoglia genere. Su questo gioca anche Demonique, che chiede perché Moana Pozzi e Cicciolina sì e lei no.
A rispondere è il povero Calenda, che da un lato cerca di non sembrare bacchettone, rischio che corre almeno con un certo pubblico pronto al «ma che male c’è?» in ogni cosa, dall’altro blocca la candidatura: «Moana e Cicciolina? Non le avrei mai candidate. Commissarierò Como».
Stremato dagli oltre 100 congressi di partito, Calenda spiega che Como è uno dei pochi comuni in cui il congresso non si è celebrato e non ci sono organismi eletti: «Non sapevo che facesse questa signora. Non ho niente contro il fatto che si diletti a fare la dominatrice, ma esiste una questione di adeguatezza a svolgere un ruolo politico. Non ho capito quale sia la sua esperienza per dedicarsi alla politica, noi fondiamo un partito con persone con curriculum che portino valore aggiunto». Però attenzione: «Non sopporto i puritani, ognuno fa quello che vuole». A lei non basta, rivela a Un giorno da pecora: «Calenda è stato discrimatorio, l’ho visto una sola volta, sono rimasta male, essere una mistress e girare video blasfemi non esclude l’interesse politico». Scatterà una denuncia d’ufficio per candidatura bocciata?