Il Messaggero, 10 maggio 2022
Il karaoke contro l’Alzheimer
Un terzo dei giapponesi che hanno più di sessant’anni denuncia sintomi più o meno gravi di demenza senile. Lo sostiene, citando dati ufficiali, la rivista Shukan Shincho. Che oltre ad un’analisi – probabilmente un po’ superficiale quanto spietata (personalmente, provo tutti i primi 5 sintomi citati) dei segnali, fornisce anche qualche consiglio popolare su come rallentarne gli effetti, visto che al momento non esistono cure che garantiscano la guarigione/regressione di questa grave malattia.
Guardare la televisione è uno di questi. Ma guardarla seriamente, scegliendo con cura i programmi e, soprattutto, seguendoli. Non, come spesso accade (soprattutto in Giappone) usandola come rumore di fondo, per farci compagnia.
Ma andiamo con ordine. Intanto l’articolo parte dalla biografia (scritta dalla moglie) del famoso neurochirurgo Susumu Wakai, deceduto all’età di 74 anni età giovanissima per il Giappone, che vanta la più lunga aspettativa di vita: oltre 84 anni (l’Italia è terza, dopo la Svizzera) – e dopo aver lottato con la malattia per circa vent’anni. «I primi sintomi sono apparsi all’età di 54 anni scrive la moglie improvvisamente cominciava a dimenticare delle piccole cose, tipo cosa avesse mangiato a colazione, o a che ora avesse un importante appuntamento». Niente di che: capita a tutti – compreso chi scrive e spesso ce la caviamo con un’alzata di spalle e persino un sorriso: mi sa che sono un po’ stanco. Passerà. «Ma un conto è dimenticarsi cosa si è mangiato a colazione spiega la signora Wakai altro è dimenticarsi di averla fatta. O di non riconoscere un familiare o un amico di lunga data».
È quanto cominciò a capitare al povero marito, che essendo però uno studioso, ne approfittò per tenere, con l’aiuto della moglie, un diario dettagliato. Un documento prezioso, che oggi è diventato un best seller. «La cosa più normale, come per altre malattie come l’alcolismo, è negare di esserne affetti spiega la signora Wakai alla rivista Shukan Shincho e mio marito ne era assolutamente consapevole. Da neurochirurgo si rendeva conto di esserne affetto, dall’altro continuava a scherzarci su, a sdrammatizzare. Sosteneva, ad esempio, che un atteggiamento positivo, financo di ostentata negazione, poteva avere effetti benefici, molto più di certi farmaci che vengono abitualmente prescritti».
Ma cos’è la demenza? Quali sono i sintomi che debbono allarmarci e quelli invece inequivocabili, che confermano uno stato già avanzato e spesso irreversibile della malattia? Susumu Wataru ha trovato una semplice quanto efficace definizione: la demenza è una sorta di immondizia (neurale) accumulata nel cervello. L’invecchiamento del cervello inizia in età ancora giovane, attorno ai 40 anni, ma non tutti invecchiano allo stesso modo. E per tenere pulito il cervello, evitando la formazione della famosa placca (tipica della malattia di Alzheimer) che ne riduce le funzioni cognitive, ci sono molti modi. Uno di questi pare sia lo stile di vita.
E veniamo alla televisione. Guardarla, anche a lungo, non fa male. Anzi: mantiene in allenamento il cervello. Ma bisogna scegliere i programmi che davvero ci interessano, e seguirli con attenzione. Non lasciare che le informazioni entrino in modo disordinato nel cervello, aumentandone la confusione e con il rischio che restino lì, depositate, a far da massa informe: immondizia, appunto. Difficile da rimuovere. In questo caso, bisogna assolutamente spegnerla e dedicarsi ad altro. «Il cervello sostiene Wataru processa le informazioni in tre fasi: entrata, elaborazione, uscita. La fase più importante è la numero 2, quella dell’elaborazione. Se l’input non avviene in modo ordinato, rischia di intasare il cervello, creando una sorta di placca intellettuale. Un rischio che corrono tutti coloro che guardano la Tv o ascoltano la radio senza seguirla».
E poi c’è la musica. E visto che siamo in Giappone, il karaoke. Il dottor Wataru riconosce un ruolo fondamentale alla musica: suonarla, ma anche semplicemente ascoltarla, ritarda l’apparizione dei primi sintomi e ne rallenta l’evoluzione. Ed in particolare il karaoke fa benissimo. Cantare con il play back, assieme agli amici, stimola infatti tutti gli ormoni del benessere: dopamima, serotonina, ossitocina ed endorfine. E più il livello è basso meglio è: le risate di compatimento che provocano le performance dei meno capaci provocano allegria, altra terapia essenziale per combattere la demenza.