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 2022  maggio 10 Martedì calendario

In morte di Roberto Grappelli

Ha lasciato alcuni fogli dattiloscritti. L’abbozzo di un’autobiografia. Non certo allo scopo di vantarsi, non ne aveva bisogno e non era nel suo stile, ma per raccontare ai nipoti che cosa è stato il nonno. Lui era Roberto Grappelli, è appena scomparso. Era del febbraio 43 e a Roma – la sua città, e qui era nato in pieno centro, a via Monte della Farina, tra Largo Argentina e Piazza Navona – ha dato tutto quello poteva dare. Il suo lustro, la sua abnegazione professionale, il piacere di viverci, di conoscerla, di studiarla e di amministrarla nei vari incarichi che ha avuto. Ed è stato un servitore dello Stato Grappelli, una di quelle figure che costituiscono la spina dorsale delle istituzioni e le fanno andare avanti con operosità non altisonante e dedizione alla causa: quella del rigore, della serietà, della concretezza. Grappelli una persona perbene: sì, proprio questo. E non sembri riduttiva la definizione perché essa contiene una vita intera vissuta da Grappelli come ingegnere idraulico di rara competenza e precisione e come, fra l’altro, numero uno dell’Autorità del Bacino del Tevere, il fiume che – da romano e da specialista – era la sua passione. È stato un uomo d’acqua Grappelli. Fin da quando, all’università, nella facoltà di San Pietro in vincoli – allora esisteva solo quella – si avvicinò all’ingegneria idraulica. Si laureò nel 70 (e nello stesso anno si sposò con Angie con la quale è rimasto tutta la vita) e dunque aveva attraversato il 68: anzi no, per lui è come se il 68 non ci fosse mai stato. La protesta, il populismo e l’anti-meritocrazia non gli appartenevano e non gli sarebbero mai appartenuti.
Gli amici ne danno una descrizione calzante: Roberto era una diga contro le piene e le mareggiate. Cioè? Da ingegnere sapeva come fermare l’impeto delle acque, come costruire le barriere, dove farle e perché. Capitava che di notte si recasse personalmente in un porto, assaltato dalle onde, e iniziando a studiare la situazione arrivava in tempi rapidi a trovare i sistemi di protezione. Era un uomo d’acqua, che amando l’acqua – è stato tra l’altro super-socio del Circolo Tevere Remo, sua seconda casa – ne conosceva anche l’insidiosità e approntava le adatte infrastrutture di gestione e di difesa.
LA TRADIZIONE
Il padre, a sua volta ingegnere idraulico, era al Genio civile. «Credo che la mia passione per l’ingegneria idraulica – così si racconta Grappelli nelle pagine rivolte ai nipoti, e aveva anche due figli: Giulio e Andrea – sia iniziata a seguito di vari episodi di piena dell’Ombrone nel 1946-47 e ricordo quelle notti passate in piedi da papà per il servizio di piena attendendo la chiamata dei vari ufficiali idraulici, disposti lungo i vari tronchi del fiume, per intervenire dove potevano esserci eventuali rotte degli argini. Il tutto aveva un fascino per me, atteso tra l’altro all’epoca il sistema di allarme e la successiva operatività per la salvaguardia delle popolazioni e delle opere in genere era legata all’intuito, alle capacità e al senso di sacrificio di tutti i dipendenti del Regio Corpo del Genio Civile».
La vittoria del concorso al ministero dei Lavori Pubblici segna (ed è l’espressione adatta per un tipo come lui) lo spartiacque. I primi incarichi: progettazione dell’acquedotto di Ponza, Fognature di Pomezia, Nettuno e Anzio, quelle dell’isola Elba. Acque, energia, opere pubbliche: spesso si parlava della «soluzione Grappelli». È stato un super-tecnico spesso richiesto anche nelle commissioni (oltre nazionali) europee a Bruxelles. Ha partecipato alla redazione del piano di Risanamento Nazionale delle acque, così come a vari consessi ministeriali per la salvaguardia dall’inquinamento di navi che trasportavano rifiuti tossici nocivi. «Scoprii – così si legge nell’autobiografia – che in alcuni casi gli affondamenti di queste navi non erano casuali». E ancora: ha lavorato in missioni istituzionali a Mogadiscio, Dakar, Berbera, Parigi, Bogotà, Colonia, Mosca, Berlino. «Tra i ricordi di quel periodo africano vi è quello in cui andai su richiesta del vescovo (anni dopo fu trucidato sul sagrato della sua residenza a Mogadiscio) per vedere di dare dei consigli per migliorare l’approvvigionamento idrico di un villaggio. Vedere persone che strizzavano il fango per tirare fuori qualche goccia d’acqua mi ha veramente impressionato. A Dakar sono riuscito ad imporre di non spendere soldi della nostra comunità per interventi non ritenuti utili nella zona di Saint Luis, non so a chi ho dato il dispiacere di non potersi arricchire con interventi inutili». Delle missioni a Parigi, per conto del ministero dell’Istruzione, raccontava tra l’altro: «Una dirigente scolastica dimostrò alcune velleità nei miei riguardi che mi fecero subito scappare da casa sua (aveva più di sessanta anni ed io meno di 40)».
LE NOMINE
Nel 92, la nomina a Direttore delle Opere marittime di Roma con un territorio che comprende tutto il Lazio, la Toscana fino a Livorno, l’arcipelago Pontino e Toscano. Aneddoto: «Una volta, un geometra che era andato a chiedere soldi ad una impresa anche per conto mio fu sfortunato perché l’impresa venne subito da me e mi disse che se mi servivano soldi, pur stupendosi, non dovevo agire tramite terza persona. Chiamai il geometra e davanti a lui chiamai il capo del personale e lo feci subito trasferire ad altro incarico. Ecco, ho sempre operato professionalmente credendo nel mio ruolo ed operando in modo coerente nell’interesse della collettività e non dei singoli». A lui si devono, da Direttore delle Opere Marittime, a Civitavecchia l’antemurale Cristoforo Colombo, importantissimi interventi nel porto di Livorno così come nei porti di Fiumicino, Terracina, Gaeta, Anzio, Nettuno, isole pontine e toscane. Per aver messo una scogliera a Focene, un giornale titolò: «Grappelli ferma il mare».
Nel novembre 1997 va al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. E poi viene nominato Segretario Generale della Autorità di Bacino del Tevere. «Riuscimmo per esempio come Autorità ad aiutare anche la Presidenza della Repubblica per le problematiche connesse alla risalita del cuneo salino ed all’inquinamento della falda nella tenuta di Castel Porziano». Interventi sulla flora, la fauna, la sicurezza, i barconi, gli argini, i marciapiedi: anni e anni in cui Grappelli e il Tevere sono stati un tutt’uno. Nel 2008 il sindaco Alemanno lo nomina presidente del Cda di Metro Spa di Roma. E ancora: nel 2012 è presidente dell’Atac.
Ma sono state le acque l’ambiente naturale di Grappelli. Che è stato comunque un uomo solido e un gentiluomo tutto d’un pezzo.