la Repubblica, 10 maggio 2022
M5s, zero candidati in 18 capoluoghi
Cinque anni fa era il M5S che voleva scardinare la vecchia politica, fieramente equidistante tra centrodestra e centrosinistra eppure non di rado competitivo; la regola era ferrea, mai alleanze locali neanche con chi sul territorio proponeva programmi simili e in caso di ballottaggio tra destra e sinistra nessuna indicazione di voto. A questo giro di amministrative invece in qualche scheda elettorale andrà addirittura in scena la cosiddetta “bicicletta” — un classico per i partiti minori della seconda Repubblica in cerca di accordi last minute con altri partitini per riempire una lista o provare a centrare almeno un seggio — , col simbolino del Movimento dentro un altro, affiancato da altre civiche. Ed è già qualcosa: a Monza per dire, 120 mila abitanti, dove pure il Movimento nel 2017 prese il 7,5 per cento, a questo giro non ci si presenta nemmeno: «Ci è stato chiesto di valutare se non sia più costruttivo dedicare le nostre energie alla realizzazione di un rinnovato percorso che possa portare, in prospettiva, ad allargare sempre di più la partecipazione attiva dei cittadini alla gestione del bene pubblico», hanno comunicato gli attivisti locali. Vista anche l’esperienza della vicina Milano di un anno fa, col M5S inchiodato sotto il 3 per cento e zero consiglieri eletti, meglio evitare figuracce.
Fa ancora più impressione il caso Sicilia, uno degli storici granai di voti per i 5 Stelle: basti pensareche alle Politiche del 2018 quasi non toccarono il 50 per cento. Ecco, su 120 comuni alle urne il prossimo 12 giugno e salvo cambiamenti dell’ultimo minuto, la lista col simbolo intero del M5S ci sarà in tre (3) comuni: Palermo, Messina, Scordia, in provincia di Catania. Oltretutto mai da soli, sempre in alleanza con il centrosinistra. «La verità — ammette l’europarlamentare siciliano Dino Giarrusso — è che oggi andiamo a cercare le persone ma con noi non si vogliono più candidare. Forse perché molti di noi sono assenti dai territori e puntano ad una gestione verticistica che è la negazione stessadi quel che è stato il Movimento. Come si fa solo a pensare di non coinvolgere la base per scegliere il candidato presidente della Regione per il prossimo autunno?». Già perché una volta c’erano le “comunarie”, delle primarie interne, i meetup poi lasciati morire erano vivi e combattivi e il brand 5 Stelle aveva un suo appeal. È tutto finito ed un altro caso eclatante che descrive bene questa specie dicupio dissolvi è Parma. La storia è nota: nel capoluogo emiliano vinse per la prima volta un sindaco degli allora extraparlamentari 5 Stelle, Federico Pizzarotti. Poi ci fu la rottura con Beppe Grillo e glialtri maggiorenti, Pizzarotti venne comunque rieletto nel 2017 correndo da solo contro tutti. A questo giro la sua lista è alleata con il centrosinistra ma il M5S no, definitivamente evaporato. «Gli attivisti non ci sono più, andati via tutti, chi prima e chi dopo. Oggi non riuscirebbero a riempire una lista e infatti qui non corrono...», dice il sindaco uscente.
Comunque, anche per tamponare la caduta libera si è scelto di allearsi quasi ovunque con il centrosinistra. Su 26 capoluoghi di provincia al voto, in 18 casi il M5S affianca il Pd. Ma in questi 18, quanti sono i candidati sindaco direttaespressione del Movimento? Zero. A conferma della totale debolezza e della propria subalternità, verrebbe da aggiungere, rispetto agli alleati. A Belluno e Verona il M5S si limita a sostenere i candidati della coalizione, mettendo qualche proprio attivista in liste civiche. A Cuneo e Lucca le lancette dell’orologio si sono fermate a cinque anni fa e il Movimento va da solo; a Como ci si orienta su un’alleanza civica alternativa al Pd; a Piacenza invece si testerà un esperimento di sinistra radicale e ambientalista, con i 5 Stelle assieme a Sinistra Italiana e Verdi, in competizione con i dem. Nato come Movimento legato alle battaglie sui territori, era poi sbocciato come fenomeno mediatico nazionale e partito d’opinione. Nel frattempogli esperimenti di governo territoriale sono falliti quasi tutti: Roma, Torino, Livorno, Ragusa, nessun rieletto. Né hanno aiutato le ambizioni dei singoli, come avvenne ad esempio a Mira (Venezia), l’altro Comune con Parma che dieci anni fa vide trionfare il M5S degli albori: l’allora sindaco Alvise Maniero non volle ricandidarsi perché una stagione della propria vita era terminata — si giustificò — poi l’anno dopo corse per il Parlamento: c’era ancora il totem dei due mandati, vuoi mettere la fatica di guidare un Comune con la comodità (e lo stipendio) da deputato ?