La Stampa, 10 maggio 2022
Intervista alla Kalush Orchestra ucraina
The Sound of Beauty, il suono della bellezza, è il titolo dell’edizione torinese dell’Eurovision Song Contest. Ma di bellezza sotto le bombe è davvero complicato trovarne, bene lo sanno i componenti della Kalush Orchestra che rappresentano l’Ucraina allo show del Palaolimpico e che stanno vivendo la guerra ogni giorno sulla loro pelle. La musica può aiutare, non risolve i conflitti e non disarma nessuno, ma può alleggerire i pensieri, colmare i cuori, far sognare cieli più limpidi. La Kalush Orchestra ha suonato ad Irpin, liberata ma distrutta, e gli occhi di questi ragazzi si sono riempiti del dolore altrui. Ciò che hanno visto «ci ha spezzato il cuore» hanno raccontato, ma il loro contributo alla resistenza è proprio questo, sparare note musicali. Suonare e cantare. Sul palco di ESC dove sono arrivati grazie a un permesso speciale del governo, si presentano come grandi favoriti: in casi come questi si parla di «empathy vote», l’Europa voterà Ucraina come segno di vicinanza, ma Stefania è anche un bel brano. L’ha scritto Oleh Psiuk per raccontare di sua madre, ma si è trasformata subito in simbolo ed è diventata una canzone per tutte le madri ucraine.
Oleh, Stefania è una canzone che nasce personale e che ora appartiene a un intero Paese. Una bella responsabilità non crede?
«L’ho scritta per mia madre molto tempo prima della guerra, ora ha acquisito nuovi significati perché molte persone hanno perso la mamma o ne sentono la mancanza. Altri sentono invece l’Ucraina come loro madrepatria e quindi la canzone è diventata loro cara con lo scoppio della guerra».
Per i bookmaker siete i favoriti per la vittoria finale, è un peso per voi?
«Prima della guerra eravamo dati al quinto posto, ciò significa che agli europei la canzone piace e ciò ci mette ancora maggior responsabilità sulle spalle».
Cosa vi aspettate da questa esperienza?
«Il nostro obiettivo è rendere la musica ucraina popolare anche all’estero. L’Eurovision è il palco ideale per riuscirci».
Vivere in un Paese in guerra è quasi incomprensibile per noi, è una cosa alla quale ci si abitua?
«No, non ci si abitua. Ti svegli ogni mattina con le esplosioni e non sai mai se i tuoi famigliari o amici sono ancora in vita, perché ogni giorno sull’Ucraina si abbattono decine di missili. Non sai mai qual è la prossima città o il posto che verrà colpito dagli attacchi. Come ci si può abituare?».
La sua famiglia è al sicuro?
«Sono tutti in Ucraina e non possiamo dire che ci siano posti sicuri in tutto il Paese».
Ha mai pensato di imbracciare le armi e combattere? Qualche membro della band lo sta facendo?
«Uno di noi sta combattendo a Kiev a difesa della città. Io non ho alcuna esperienza militare e quindi mi ritengo un bersaglio facile. Ho pensato che sarei potuto essere più utile in altro modo, così ho creato un’associazione di volontari che aiutano le persone a trovare un posto dove dormire o a muoversi e che distribuiscono medicine».
Le piace Zelensky?
«Dopo lo scoppio della guerra ha raccolto molto più consenso rispetto a prima».
Era mai stato in Italia?
«No, ma non avremo molto tempo di visitare Torino perché le prove ci impegnano praticamente tutto il giorno».
Sperate di fare concerti dopo l’Eurovision?
«Appena avremo finito qui dovremo tornare in Ucraina, dove abbiamo degli obblighi da rispettare».
L’Italia sta supportando in maniera adeguata l’Ucraina?
«Questa è una domanda da fare a Zelensky».
Ma il sostegno degli italiani lo sentite?
«Sì, come quello di altre popolazioni. È a loro che va il nostro più grande grazie».
La Kalush Orchestra mette insieme folk e rap, siete un unicum o ci sono altri artisti come voi in Ucraina?
«C’è il rischio che il folk vada scomparendo, ma unendolo al rap crediamo di avere creato un mix che funziona. Ci sono numerose band che fanno folk e altre che fanno musica moderna, ma nessuna è paragonabile a noi».
Conosce qualcosa della musica italiana?
«Non molto, quello che ho sentito è molto melodico e mi è piaciuto. E ovviamente conosco i Måneskin ».
Oggi riesce a immaginare la fine della guerra?
«Ogni singolo giorno. Ma la pace sarà possibile solo quando le forze di occupazione lasceranno l’Ucraina».