il Fatto Quotidiano, 9 maggio 2022
“Limassolgrad”, la cassaforte degli oligarchi dentro l’Ue
A Limassol, il centro finanziario di Cipro, un quinto della popolazione è di origine russa. La città è stata del resto ribattezzata “Limassolgrad” da quando numerosi oligarchi, attirati dai regimi fiscali agevolati dell’ex colonia britannica, si sono stabiliti qui, costruendo un impero di società offshore e residenze appariscenti. Alcuni hanno ormeggiato il loro yacht nel porto di Limassol, altri hanno aperto un conto nelle banche della città, altri ancora hanno preso la nazionalità cipriota. Tra loro, Alexander Ponomarenko, Roman Abramovich, Alicher Ousmanov o ancora Leonid Lebedev. Ma, dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio scorso, per i miliardari russi di Limassol la festa è finita.
La loro presenza comincia anche a imbarazzare il Paese. Secondo il ministero cipriota delle Finanze, che ha sede a Nicosia, la capitale, Cipro, che ha aderito all’UE nel 2004, “applica con serietà” le sanzioni economiche decise in Europa contro gli oligarchi russi. “Abbiamo congelato 60 milioni di euro di quindici società di investimento che hanno relazioni commerciali con degli organismi sanzionati. La Banca centrale di Cipro ha congelato diversi conti russi per dieci milioni di euro”, precisa Avgi Lapathiotis, direttrice generale del Consiglio per la stabilità finanziaria del ministero. Tutti i voli commerciali con la Russia inoltre sono stati sospesi, il che rappresenta un duro colpo per il turismo dell’isola, seconda fonte di reddito dopo le banche, precisa Lapathiotis. I russi, che rappresentano il 20% dei visitatori, sono una clientela d’affari regolare per l’isola. “Vi siete dati la zappa sui piedi, i russi ora se ne andranno in Turchia”, ha commentato l’ambasciatore di Russia alle autorità cipriote, citando intenzionalmente l’eterno nemico turco. Ankara occupa infatti militarmente più di un terzo dell’isola dal 1974. Il ministero delle Finanze, tuttavia, relativizza l’importanza della presenza russa nell’isola. “Negli ultimi anni i depositi russi nelle banche sono diminuiti. Rappresentano solo il 3,8% su un totale di 51,5 miliardi di euro”, spiega Lapathiotis. Lo stock accumulato di investimenti diretti russi (IDE) a Cipro è tuttavia colossale. Esso è stimato a 176 miliardi di euro dalla Banca di Russia per il 2020. La Banca centrale di Cipro registra invece “solo” 97 miliardi di euro di IDE russi sull’isola, il cui Pil è pari a 23 miliardi di euro, secondo i dati della società di consulenza indipendente Sapienta Economics, di Nicosia. Il ministero delle Finanze ha spiegato che la differenza tra i dati russi e ciprioti è dovuta al fatto che la Banca di Cipro pone l’accento non sui flussi diretti “ma sulla provenienza reale degli investimenti”. La Banca di Russia considera invece tutti i flussi finanziari, anche quelli che transitano soltanto sull’isola prima di raggiungere altri centri finanziari. Cipro è infatti un paradiso per le società offshore e fa parte di un complesso ingranaggio finanziario montato dagli oligarchi russi, le cui radici risalgono al 1982. Quell’anno Cipro e l’URSS avevano firmato un accordo per evitare la doppia imposizione, che incoraggiava le aziende delle Repubbliche Sovietiche a basare la propria sede nell’isola. Nel 1991, con il crollo del blocco dell’Est, l’ex colonia britannica divenne quindi un rifugio privilegiato per i miliardari russi: “In comune con i russi abbiamo la religione ortodossa. Loro inoltre si sentono al sicuro qui grazie alla nostra cultura legislativa ‘anglosassone’ ereditata dall’impero britannico”, spiega Avgi Lapathiotis. Una cultura legislativa che fa di Cipro soprattutto una porta di accesso ad altri paradisi fiscali anglo-normanni o caraibici.
All’epoca l’isola attirava gli investitori anche per il basso livello delle aliquote fiscali: 4,25% sulle società offshore nel 1991, contro il 12,5% oggi. Gli uomini d’affari dell’ex blocco dell’Est e dei paesi balcanici avevano dunque finito per invadere l’isola. Il Paese è stato spesso accusato di non verificare l’origine del denaro. Nel 2001, la scoperta dei conti segreti dell’ex dittatore serbo Slobodan Miloševicć sollevò un enorme scandalo. Nelle banche cipriote sono presenti anche degli ex agenti del KGB. Uno di loro, Vladimir Strzhalkovsky, è diventato nel 2013 vicepresidente del consiglio di amministrazione della Banca di Cipro, il più importante istituto finanziario dell’isola. Gli interessi sono reciproci. Gli investitori russi presenti sull’isola investono il loro denaro su dei conti correnti ad alte remunerazioni, prima di iniettarli di nuovo nel loro Paese. Queste operazioni finanziarie alimentano i sospetti di riciclaggio di denaro russo, anche se il governo cipriota nega ogni accusa. Panicos Demetriades, ex governatore della Banca centrale di Cipro (dal 2012 al 2014), al contrario non esita a denunciarlo: “Stati come Cipro e Malta non fanno nulla contro il riciclaggio di denaro. L’UE, che ne è consapevole – spiega Demetriades -, non ha mai preso delle misure efficaci per combatterlo. Anche l’Unione bancaria, instaurata apposta per garantire la sicurezza del settore bancario della zona euro, non ha avuto alcun effetto”. Secondo Demetriades l’infiltrazione dei capitali russi in Europa è stata una delle cause dell’“influenza politica” del presidente russo Vladimir Putin sui paesi Ue: “Sapevamo tutti che gli oligarchi russi lavoravano per lui. Un po’ alla volta il Cremlino si è insinuato in Europa avvicinandosi ai responsabili politici”. A Cipro gli oligarchi sono diventati cittadini ciprioti acquistando i cosiddetti “passaporti d’oro”: “Dal momento che era sempre più difficile per gli stranieri aprire un conto in banca – spiega Panicos Demetriades – i passaporti erano diventati una sorta di alternativa al riciclaggio di denaro”. Per il ministero delle Finanze essi rappresentavano soprattutto uno strumento efficace per “far entrare denaro nel Paese dopo la crisi”. Il “Cyprus Investment Program” (CIP) era nato dalla crisi economica e bancaria del 2013. L’Eurogruppo aveva imposto una tassa sui depositi superiori a 100.000 euro, che doveva servire a ristrutturare il sistema bancario. Una decisione “ingiusta e pericolosa”, aveva commentato all’epoca Putin: i russi e gli oligarchi possedevano un terzo dei depositi bancari a Cipro. Per tutta risposta, Mosca aveva rifiutato di concedere un nuovo prestito a Nicosia.
Il clima tra i due Paesi si era fatto teso, ma la soluzione dei “passaporti d’oro” aveva finito col convincere gli oligarchi. Creato inizialmente nel 2007, il Cyprus Investment Program permetteva di ottenere la cittadinanza cipriota in cambio di un investimento di 26 milioni di euro sull’isola. Nel 2013, il presidente Níkos Anastasiádes, ex avvocato d’affari del partito conservatore Disy (destra liberale), aveva abbassato l’investimento minimo per ottenere il documento a 2,5 milioni. Più di 6.700 passaporti sono stati concessi in tredici anni a ricchi uomini d’affari cinesi, indiani, ucraini e a un migliaio circa di russi. “Anche dei membri del governo erano coinvolti nel sistema”, spiega Alexandros Zachariades, specialista di relazioni internazionali alla London School of Economics. Tra questi, lo stesso presidente Anastasiádes, il cui studio legale rilasciava i famosi passaporti. Ufficialmente i passaporti d’oro hanno fruttato sette miliardi di euro al Paese. Il programma è stato abolito nel 2020, dopo che la tv Al Jazeera aveva rivelato che il sistema aveva favorito dozzine di criminali. Nel 2021, una commissione d’inchiesta cipriota aveva stimato che il 50% dei passaporti era illecito. Con la guerra in Ucraina, le autorità europee chiedono a Cipro di ritirare alcuni di questi passaporti che rappresentano “un grave rischio per la sicurezza” dell’Europa. Il 7 aprile, anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto a Nicosia di revocare i passaporti rilasciati ai russi e di impedire agli yacht degli oligarchi di attraccare. Per il momento, secondo Nicosia, quattro cittadini russi titolari di passaporti ciprioti sono sottoposti alle sanzioni economiche.