il Fatto Quotidiano, 9 maggio 2022
Così cinque anni fa Mosca voleva comprarsi i catalani
Barcellona, 27 ottobre del 2017. Il Parlamento della Catalogna approva la dichiarazione d’indipendenza dalla Spagna. Poco prima, Carles Puigdemont, allora presidente della regione, riceve un’offerta da “un gruppo di russi”: in caso di secessione da Madrid, Mosca metterebbe a disposizione 10 mila soldati e i soldi necessari per ripagare il debito pubblico catalano. Il leader degli indipendentisti rifiuta. Emersa nel 2020 sui media spagnoli (grazie alle dichiarazioni del magistrato Joaquín Aguirre, che stava indagando su Puidgemont), la notizia viene bollata come falsa da diversi analisti e dall’ambasciata russa in Spagna. Grazie a un’indagine congiunta del Fatto Quotidiano insieme a diverse testate internazionali – Occrp, El Periódico, Bellingcat, IrpiMedia e iStories – ora è possibile raccontare nei dettagli quello che è successo.
I messaggi scambiati in quei giorni tra alcuni collaboratori di Puidgemont (estratti dalla polizia spagnola dal telefono di Victor Terradellas, consigliere del leader catalano) e un’intervista con una delle persone presenti alla trattativa indicano che l’incontro tra Puigdemont e alcuni cittadini russi c’è stato. È avvenuto a Barcellona la sera del 26 ottobre del 2017, giorno prima del voto parlamentare, nella Casa dels Canonges, residenza ufficiale dell’allora presidente. Il principale interlocutore di Puidgemont è stato Nikolai Sadovnikov. “L’inviato di Putin arriva alle 5”, scrive Terradellas a Puidgemont in un messaggio inviato il 26 ottobre. I registri di volo di quel giorno mostrano che un Nikolai Sadovnikov è arrivato a Barcellona alle 15:44 sul volo Aeroflot 2514 proveniente da Mosca.
Secondo la persona presente all’incontro, che ha chiesto di rimanere anonima, Sadovnikov era accompagnato da un altro russo, ora deceduto, e da uno spagnolo che faceva da interprete. La fonte conferma che i russi hanno offerto a Puigdemont 10 mila soldati, se la Catalogna fosse diventata indipendente. A ciò si sarebbero aggiunti 500 miliardi di dollari. Secondo le notizie del 2020, questi soldi sarebbero serviti a coprire il debito pubblico della Catalogna. In realtà, la cifra supera di gran lunga quanto necessario per ripagare il passivo della regione. In cambio, la delegazione russa ha fatto un’unica richiesta. “Erano ossessionati dalle criptovalute – dice la fonte – hanno chiesto che una Catalogna indipendente approvasse una legislazione molto favorevole alle criptovalute; volevano che la Catalogna ne diventasse la riserva mondiale, l’equivalente di ciò che la Svizzera rappresenta per la valuta reale”. Puigdemont alla fine rifiuta. “Se l’è fatta addosso”, ricorda la persona che ha partecipato alla riunione. Il giorno seguente il parlamento di Barcellona dichiara l’indipendenza dalla Spagna, ma nessuno riconosce la Catalogna indipendente, neanche la Russia. Il tentativo di secessione fallisce. Alcuni leader indipendentisti vengono arrestati. Altri, come Puigdemont, scappano all’estero. I contatti tra i catalani e Sadovnikov continuano fino alla prima metà del 2018.
Sadovnikov è stato un diplomatico dell’Unione Sovietica e poi, dopo il 1991, della Federazione Russa. In seguito, secondo documenti del governo di Mosca, ha lavorato per il ministero degli Esteri guidato da Sergej Lavrov. Contattato per un commento, Sadovnikov ha negato di avere legami con il governo russo o con qualsiasi agenzia di intelligence. Ha confermato di essere stato a Barcellona nell’ottobre del 2017 e di aver partecipato a una riunione, ma ha aggiunto di “non sapere” chi fossero i presenti. Alla richiesta di identificare Puigdemont da una foto, ha detto di non esserne in grado. Tra il 2004 e il 2017 Sadovnikov è stato anche azionista di quattro aziende registrate a Mosca (vedi articolo sotto). In una di queste, chiamata Alfa Ros e oggi inattiva, il 25% delle quote era intestato a Larissa Conti. Una donna con lo stesso nome, originaria del Donbass, oggi si presenta come rappresentante della Repubblica Popolare di Donetsk in Svizzera. Contattata, ha negato di aver mai avuto quote della Alfa Ros.
Secondo fonti diplomatiche, nel gennaio del 2016 Sadovnikov ha ottenuto dall’Italia un visto turistico. A fargli da garante è stata la Pgb Group di Piergiorgio Bassi, lobbista con entrature in Vaticano e in Russia. Contattato per un commento, Bassi ha spiegato che in quegli anni Sadovnikov “era il consigliere di Lavrov per la politica strategica estera”. Ha idea di che cosa stesse facendo in Europa? “Andando a memoria”, è stata la sua risposta, “mi sembra che in quel periodo in Spagna stesse analizzando tutta la situazione della Catalogna”. L’offerta ai separatisti catalani si aggiunge ad altre operazioni simili avvenute in Europa in quegli anni. Dopo l’annessione della Crimea e la creazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, nel 2014, inchieste giornalistiche pubblicate su Mediapart e L’Espresso hanno raccontato di un finanziamento russo da 11 milioni di euro al Front National di Marine Le Pen e del tentativo di sostenere la Lega di Matteo Salvini con 65 milioni di dollari.