Corriere della Sera, 9 maggio 2022
Grano fermo nei silos ucraini
Con la guerra in Ucraina e il blocco dei porti, compreso quello di Shanghai per il Covid, si è creata una miscela esplosiva per i mercati agroalimentari. Il World Food Programme (Wfp) dell’Onu lancia l’allarme, «per evitare che la crisi globale della fame sfugga al controllo». Secondo la stessa agenzia, agli attuali 276 milioni di persone che nel mondo, dopo la pandemia, soffrono la fame (prima erano 135 milioni) rischiano di aggiungersene 47 milioni. «I silos di grano dell’Ucraina sono pieni. I porti sul Mar Nero sono bloccati, lasciando milioni di tonnellate di grano intrappolate in magazzini a terra o su navi», spiegano al Wfp.
Superpotenza agricola
Il direttore esecutivo, David Beasley, lancia un appello ad «aprire i porti per fare in modo che il cibo possa muoversi da e per l’Ucraina. Il tempo sta per scadere e il costo sarà più alto di quanto si possa immaginare». Come sottolinea Sébastien Abis, ricercatore dell’Iris, l’istituto francese per le relazioni internazionali e strategiche, e direttore del Club Demeter, think tank animato da 74 aziende agroalimentari, «se la guerra non termina subito, i primi a soffrire dei danni alle produzioni agricole saranno gli ucraini e subito dopo i Paesi più dipendenti dalle importazioni di grano da Kiev». L’Ucraina, aggiunge Abis, autore del libro Géopolitique du blé – Un produit vital pour la sécurité mondiale, «è una superpotenza agricola, che ora non esporta più», contribuendo involontariamente sia alla scarsità di prodotto sia all’inflazione.
Russia e Ucraina coprono rispettivamente il 21% e il 10% delle esportazioni mondiali di frumento tenero. Dipendono dalle importazioni ucraine Paesi che hanno già tanti problemi: Egitto, Indonesia, Turchia, Tunisia, Marocco, Yemen e Libano. L’Ucraina, inoltre, pesa per il 15% nelle esportazioni globali di mais.
Prezzi record
Mario Draghi, intervenendo il 3 maggio al Parlamento di Strasburgo, ha ricordato che «l’Ucraina è il quarto maggior fornitore estero di cibo nell’Unione europea. Ci invia circa metà delle nostre importazioni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali». A marzo, ha aggiunto il premier, i prezzi internazionali «dei cereali e delle principali derrate alimentari hanno toccato i massimi storici. C’è un forte rischio che l’aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibilità di fertilizzanti, produca crisi alimentari».
La situazione italianaNé in Europa né in Italia c’è un problema immediato di approvvigionamenti, su questo gli esperti sono concordi. Il nostro Paese riceve da Russia e Ucraina solo il 5% delle importazioni globali di grano tenero, il 15% per quanto riguarda il mais e il 13% per i fertilizzanti. Forte è invece l’import di olio di semi di girasole, circa il 46%, ma si tratta di un prodotto sostituibile con altri. Tutto questo, però, non ci mette al riparo dall’aumento dei prezzi.
Combattere lo spreco
È evidente, quindi, che così come la guerra ha aperto gli occhi all’Ue sull’urgenza di una politica comune sulla difesa e sull’energia, anche sul piano agroalimentare è necessario dare un respiro strategico alla politica europea per aumentare il grado di sicurezza alimentare. Infine, come sottolinea Caterina Batello, che vanta un’esperienza ventennale alla Fao come Team leader per l’Agroecologia, diventa più che mai fondamentale «combattere lo spreco alimentare».
Secondo la stessa Fao, aggiunge Batello, durante la catena di produzione alimentare ben il 30% dei prodotti destinati alle nostre tavole viene sprecato. Ognuno di noi può fare qualcosa.