la Repubblica, 8 maggio 2022
Le confessioni del patriarca a Papa Luciani
Due giorni fa è morto tra le mie braccia il metropolita Nikodim di Leningrado. Vi assicuro, che mai in vita mia avevo sentito parole così belle per la Chiesa, come quelle che lui aveva pronunciato. Non posso ripeterle, resta un segreto. Veramente son stato colpito. Ortodosso, ma guarda come ama la Chiesa. Io credo che abbia sofferto molto per la Chiesa, facendo moltissimo per l’unione». Escono per la Libreria Editrice Vaticana e per Edizioni San Paolo le agende segrete di Papa Luciani. Pubblicate per la prima volta inGiovanni Paolo I, Il Magistero. Testi e documenti del Pontificato ,consegnano i contorni di un uomo inedito, un prete, poi vescovo, poi Papa, impegnato, nei suoi 34 giorni di pontificato, fin da subito nel dialogo ecumenico.Nikodim, allora “ministro degli esteri” del patriarcato di Mosca, è da lui il 5 settembre 1978. Muore fra le sue braccia durante l’udienza. Nelle agende Luciani svela il suo impegno per quell’unità ancora oggi non del tutto raggiunta. Il corpo di Nikodim sarà riportato in patria fra gli altri da Kirill, oggi patriarca nella Mosca di Vladimir Putin. Cosa si dissero quel giorno Luciani e Nikodim è rimasto un segreto. L’appunto di Luciani, tuttavia, svela lo sforzo non solo del Papa, ma anche di Mosca, per l’unità e per la pace. Dice Stefania Falasca, vice presidente della Fondazione Giovanni I e curatrice dell’apparato critico e del riscontro delle fonti del volume: «Il filo ecumenico attraversa tutto il pontificato. La volontà di favorire l’unità con le Chiese è posta a priorità nel discorso programmatico e sono prospettive che tessono l’intero pontificato». Insieme all’ecumenismo, c’è il grande impegno per la pace, con l’appoggio esplicito, in una lettera inviata a Jimmy Carter, l’allora presidente Usa, ai negoziati tenuti a Camp David dal 5 al 17 settembre 1978 per una soluzione del conflitto arabo-israeliano.In vista della beatificazione di Luciani prevista per il 4 settembre prossimo la Fondazione vaticana Giovanni Paolo I, in collaborazione con il Dipartimento di Teologia dogmatica della Gregoriana, promuove una Giornata di Studi venerdì prossimo, presente il segretario di Stato Piero Parolin. Il convegno e il volume rileggono il magistero a partire dai sei «vogliamo» del discorsoprogrammatico Urbi et orbi pronunciato l’indomani della sua elezione, consegnando un Luciani del tutto inedito. Fonti alla mano, esce il profilo di una personalità diversa da come negli anni è stata descritta da molti osservatori. Fu il primo vescovo di Roma a discostarsi dai testi scritti, prediligendo il parlare a braccio. Lo faceva tuttavia dopo un’importante e minuziosa preparazione. I suoi appunti svelano un grande lavoro di studio e ricerca. E mostrano la sua immensa erudizione, un Papa davvero, come ha scritto la stessa Falasca sull’ Osservatore Romano ,«letterato», capace nel suo magistero — anche prima del pontificato — di citare autori laici e lontani dalla Chiesa. E non solo. Nel corso di alcuni esercizi spirituali tenuti nel 1965, e lo scrive anchenell’agenda autografa usata nel corso del pontificato, Luciani cita addirittura Al Capone: «Gangster spregiudicato, in carcere ha scritto le sue memorie, tra l’altro dice: “Sotto questa vecchia giacca batte un cuore stanco ma gentile”». Spiega lui stesso: «Sentivadi essere stanco, ma gli pareva anche di essere gentile. Siamo così: si stenta ad ammettere di aver torto. E allora cerchiamo di non essere facili a dar torto agli altri». Quindi le parole dedicate a Trilussa, «il quale ha cercato anche lui di parlare della fede», a Bernanos e Chesterton fino a Pinocchio e Charles Péguy, quest’ultimo, a differenza di Nietzsche, «cantore della speranza». Nella vulgata del tempo Giosuè Carducci più di altri era considerato uno scrittore «anti-cattolico ». Luciani non era preoccupato di questo aspetto. Ed anzi parlò di lui pubblicamente per l’«esemplare attaccamento e dedizione alla scuola». Disse: «Giosuè Carducci era professore universitario a Bologna. Andò a Firenze per certe celebrazioni. Ma una sera si congedò dal ministro della pubblica istruzione. “Ma no — disse il ministro — resti anche domani”. “Eccellenza, non posso. Domani ho lezione all’università e i ragazzi mi aspettano”. “La dispenso io”. “Lei può dispensarmi, ma io non mi dispenso”».