la Repubblica, 8 maggio 2022
Parla l’ex manager di Gazprom Volobuev
ODESSA — «Ho visto la cucina dall’interno, so come funziona». E per cucina, il russo nato in Ucraina Igor Volobuev intende la potente, pervasiva, subdola macchina della propaganda del Cremlino. Volobuev, 50 anni, è a Kiev. È fuggito da Mosca all’inizio di marzo, lasciandosi alle spalle una vita per metà vissuta in Russia e una poltrona comoda. «Negli ultimi sei anni sono stato il vicepresidente di Gazprombank. Nei sedici anni precedenti ho lavorato a Gazprom». Gazprombank e Gazprom, ossia la banca da cui passano le transazioni del gas russo e la multinazionale controllata dal governo. Il cuore del potere finanziario di Mosca.
Perché ha deciso di tornare?
«Sono di Okhtyrka, nella regione di Sumy. Mio padre ha vissuto lì. Il 24 febbraio tutti i miei amici d’infanzia hanno cominciato a scrivermi, a chiamarmi, a mandarmi dei video.
Ero terrorizzato: non erano presi da Youtube ma girati personalmente da loro che erano nei rifugi. Okhtyrka è stata una delle prime città a sperimentare gli orrori. Un amico mi ha detto che mi dovevo vergognare per la mia vita agiata in Russia. Ho deciso in quel momento che me ne dovevo andare».
Non hanno provato a fermarla?
«Non ho detto a nessuno dove stavo andando e perché».
Ha una famiglia in Russia?
«Non voglio rispondere, troppo doloroso. Sono venuto via da solo».
Cosa fa in Ucraina ora?
«La mia intenzione era combattere, ma mi hanno spiegato che non è possibile perché non ho esperienza militare. Sto pensando di aiutare in altro modo: col mio passato da giornalista, posso contrastare la propaganda russa. Dentro Gazprom mi occupavo di insegnare la “politica dell’informazione”. Conosco la cucina dall’interno…».
Facevate operazioni di propaganda contro le compagnie rivali ucraine?
«Non solo contro le aziende, ma contro l’intera Ucraina, il Paese più importante per il transito del gas russo. Il centro di controllo è ed è sempre stato nell’ufficio del Presidente. Uno degli uomini che muoveva i fili era Aleksej Gromov (vice capo dello staff di Putin e addetto alla propaganda, ndr).
Durante la guerra del gas del 2008-2009 l’obiettivo principale del servizio stampa di cui ero capo era dimostrare che gli impianti dell’Ucraina avevano un tasso altissimo di guasti, che Kiev non investiva nell’ammodernamento e che, dunque, era più conveniente bypassarli. Un modo per screditare l’Ucraina e toglierle lo status di principale Paese di transito».
Diffondendo fake news?
«Facevamo molto rumore per niente.Per avvalorare l’alto tasso di guasti, prendevamo piccoli casi e li spacciavamo per sistematici, sostenendo che le tubature erano marce e arrugginite. La verità? I dati sugli impianti russi non sono migliori di quelli ucraini».
Chi dava l’ordine di fare queste operazioni?
«Il ceo di Gazprom, Aleksej Miller. Lui li riceveva direttamente dal Cremlino. Davamo alle operazioni la veste del confronto economico, in realtà la guerra del gas era una conseguenza dei problemi che la leadership russa aveva con Kiev».
Che tipo di problemi?
«La Rivoluzione arancione, Viktor Yushenko al potere, la volontà di aderire alla Nato».
Altri esempi?
«Ci fu dato l’ordine di dimostrare che l’Ucraina rubava il gas alla Russia».
Come avete fatto?
«Manipolando la realtà».
La propaganda del Cremlino è potente anche adesso, con la guerra. Lei cosa vede?
«Mentono in continuazione.
Sostengono che siano le truppe ucraine a bombardare le città e il popolo russo ci crede. Non dimentichiamo mai la regola base: qualsiasi informazione che proviene da fonti ufficiali russe è di default una bugia fino a quando non sia provata».
Ci sono giornalisti pro-Putin pagati dal Cremlino?
«Quando lavoravo là sapevo che milioni di dollari erano stati investiti per corrompere “agenti di intelligence” perché diffondessero sui media una visione favorevole al governo. Apparentemente, lo stesso meccanismo è in vigore adesso».
Lei ha mai pagato opinionisti?
«No, non è il servizio stampa che fa queste cose. So che è accaduto. Non direttamente, ma attraverso una agenzia non russa di pubbliche relazioni. Non posso dire il nome».
Perché Putin pretende che il gas sia pagato in rubli?
«Per dimostrare che è il padrone di casa e che, se vuole, può costringere l’Europa a usare qualsiasi moneta, anche il Tugrik (la valuta mongola, ndr). In piena violazione dei contratti esistenti. L’Italia è il secondo partner commerciale per il gas, molto in Europa dipende dalle vostre mosse: non dovreste accettare».
Lei non è il primo alto dirigente a lasciare la Russia.
«In Gazoprom e in Gazprombank ci sono persone consapevoli che tutto questo porterà la Russia alla catastrofe. Più l’Europa è unita nel fare pressione, più velocemente abbandoneranno».
E gli oligarchi?
«Putin li ha intimiditi, dopo l’arresto di Khondorkovsky hanno capito la lezione. Se però l’Ue impedisce loro di entrare nel territorio e continua con le sanzioni, presto cominceranno a fare qualcosa per rovesciarlo».
Vede davvero questa possibilità?
«Agli oligarchi interessano proprietà e soldi. Sanno che le mosse di Putin sono una minaccia ai loro averi».
Cosa pensa di Putin?
«L’ho incontrato diverse volte, molto tempo fa. Non mi ha fatto alcuna impressione. Per me è un criminale».
Dopo aver lasciato la Russia che è successo?
«So che hanno aperto un’inchiesta contro di me per tradimento».
Perché si è deciso solo a marzo?
«Questioni di famiglia»
Qualcuno può sospettare che lei sia una spia del Cremlino e che stia soltanto fingendo.
«Si dice che chi lavora in strutture come Gazprom sia automaticamente arruolato nell’Fsb, lo so bene. Ma io non ho mai avuto a che fare coi servizi segreti russi».