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 2022  maggio 08 Domenica calendario

Una nuova trasmissione per Corrado Augias. Intervista

Corrado Augias, la sua nuova trasmissione – La Gioia della musica – parte domani 9 maggio, su Rai 3, nello stesso giorno in cui la Russia di Putin festeggia la vittoria su Hitler con la grande parata sulla Piazza Rossa.
«L’ho notato anch’io. È ovviamente un caso, che però suscita qualche suggestione».
Che legame c’è tra musica e libertà?
«Non so se ci sia un legame diretto. Ma la coincidenza delle date mi spinge a un’altra riflessione. L’avversione per il regime dittatoriale di Putin non giustifica un’uguale avversione per grandi musicisti russi come Tchaikovsky o Rachmaninov. Eppure qualcuno ritiene di poter sovrapporre le due questioni. Più in generale sono certo che la musica sia capace di farci sentire un forte senso di libertà interiore».
Perché La Gioia della Musica?
«È un omaggio a Leonard Bernstein, che titola The Joy of Music un suo libro nel quale – da grande divulgatore – riesce a spiegare il fascino della musica se ascoltata in maniera consapevole. Perché la si può ascoltare anche in modo trasognato, lasciandosi andare sul divano».
Anche l’Europa ha provato a fingere consapevolezza con l’Inno alla Gioia di Beethoven. Non è andata benissimo. Oggi sarebbe più adatto un Inno all’Ognuno per Sé.
«Stiamo parlando delle sanzioni sul petrolio e al tetto sul gas?».
Di quello.
«L’Inno alla Gioia non è solo una grande prova musicale, è anche un grande messaggio politico. L’invito alla fratellanza, alla fiducia, alla ricerca di nuove strade. Certo, l’Europa finora non si è mostrata all’altezza del suo inno».
Stiamo riprecipitando nel ventesimo secolo?
«Non credo. In Europa la scelta di condividere il debito con gli eurobond per affrontare i danni della pandemia è stato un enorme passo avanti. Ora ne servirebbe un altro per abbattere l’ostacolo delle decisioni all’unanimità».
Improbabile.
«Difficile. Purtroppo il paradosso è che per abbattere le decisioni all’unanimità serve un voto all’unanimità. Ma in politica i paradossi a volte si risolvono».
Avvicinare il grande pubblico alla musica colta è un’ambizione o un istinto suicida?
«No, io credo che sia un dovere, tanto più in Italia. Noi siamo un popolo naturalmente portato alla musica. Abbiamo dato alla civiltà un contributo fondamentale, per esempio con l’invenzione dell’opera lirica. L’unico paragone possibile è la Germania. Senza la grande musica tedesca la civiltà non sarebbe la stessa. Ma tutti gli altri Paesi ci vengono dietro».
L’Opera e la Musica Classica, che senso hanno nell’era di TikTok?
«Se il punto fosse questo ci si potrebbe chiedere se nell’epoca di TikTok ha senso Guerra e Pace, che richiede un mese serio di lettura».
Qual è il punto, invece?
«La grande musica e i grandi romanzi sono nati in un’epoca in cui lo scorrere del tempo era diverso. Oggi il tempo è percepito diversamente. Dunque dipende da quello che un giovane vuole fare di se stesso. So che tocco un tasto delicatissimo. Ma i giovani che vengono da famiglie della borghesia colta, dove certe tradizioni vengono conservate, hanno un vantaggio rispetto a giovani che vengono da scuole o famiglie dove l’insegnamento è più rudimentale».
Discrimina?
«Ci mancherebbe altro. Dico al contrario che in Italia c’è un problema di diffusione della cultura».
Augias, test musicale: cos’è il "cimbasso"?
«Il cimbasso appartiene alla famiglia dei tromboni. Tromba, trombone, cimbasso e bassotuba. Nei registri bassi il cimbasso è superato solo dal bassotuba, che praticamente fa delle pernacchie. Nel programma, fatto con la magnifica Orchestra della Rai di Torino, racconteremo tutte le famiglie musicali, per spiegare come nasce quella sonorità che nessuna altra civiltà al mondo sa produrre».
Ha mai suonato una tromba?
«Al massimo il flauto. La tromba è complicatissima. Nel piano e nel flauto la nota è già fatta, basta saperla azzeccare. La tromba è diversa. Col fiato e soli tre pistoni fai tutte le dodici note della scala cromatica e le declini su più ottave».
Oggi il direttore d’Orchestra più noto nel mondo è Valery Gergiev. La Scala lo ha licenziato per i suoi legami con Putin.
«Gergiev è un buon direttore di musica russa. E si dice che la musica russa in genere richiede direttori russi. D’altra parte anche Georges Pretre diceva sempre che la musica francese deve essere diretta dai francesi».
Lei ci crede?
«È un po’una stupidaggine, ma non del tutto. La musica vive molto di interpretazione. La differenza tra quello che è scritto sulla partitura e il suono prodotto può essere notevole».
Lo chiedo meglio: via i russi da stadi e teatri?
«Ma per carità. Che c’entra un atleta, un musicista o uno scrittore con Putin? Sono richieste che indignano. Come la proposta avanzata da qualcuno di escludere Dostoevskij da un corso universitario. Una cosa da manicomio Sono contrario a ogni integralismo, religioso, civile e politico. Ma noi liberali siamo condannati alla minorità».
La musica fa presto a diventare bandiera di guerra. Pensi a Hitler e Wagner. Perché?
«Perché è facile. La musica, al contrario della letteratura, è una logica senza concetti. Tu con la Marsigliese puoi andare all’assalto della Bastiglia, simbolo del potere assoluto, o fare irruzione nel Parlamento della Repubblica. Lo stesso impeto al quale quella magnifica musica ti spinge può essere usato per scopi diversi».
Lei preferisce le sanzioni o i condizionatori?
«È ingiusto sbertucciare questa frase di Draghi, che ha racchiuso in una endiadi un concetto complesso. Voleva dire: amici miei, siete disposti a fare qualche sacrificio pur di affrancarvi dall’energia russa? Quesito logico e doveroso. Quando mi parla di TikTok e dell’epoca della velocità, mi viene da dire che questo è uno dei danni che si producono».
Lei ha paura dell’atomica?
«Molto. Sentivo proprio oggi il torbido Lukashenko spiegare che un conflitto nucleare spingerebbe il pianeta terra fuori dalla sua orbita».
Non una bella prospettiva.
«No. Ma con una piccola consolazione. Morirebbero tutte assieme sette miliardi di persone. Il che non è così brutto se ci pensa. Meglio che andarsene attaccati a un respiratore che a un certo punto smette di fare bip bip».
È un modo di vederla. A proposito di vedere: nota molte spie russe nei talk-show della tv italiana?
«Vedo molti sragionamenti. Ascolto molte affermazioni che un conduttore serio e informato dovrebbe rintuzzare all’istante. E vedo prese di posizione dissennate e litigi da osteria. Hanno ragione Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, e Michele Serra: il talk show vive solo sull’audience. La concorrenza è spietata. E se la rissa è animata gli ascolti salgono».
La Rai chiude Cartabianca. Giusto?
«È una collega, non ne posso parlare».
Putin è paranoico o siamo noi a essere ciechi e ottusi?
«Guardi, io sono un forte sostenitore della civiltà occidentale. Credo che la società occidentale euro-americana sia la più avanzata che il mondo è stato capace di trovare. Anche relativamente alla musica».
Ciò detto?
«Ciò detto non è pacifico che la nostra civiltà sia la migliore. Credo che molti in Russia, in Turchia, in India o in Cina, siano convinti che una società autoritaria, dove i diritti degli individui sono limitati, sia preferibile alla possibile licenza che la civiltà liberale consente».
Augias, se fosse obbligato a scegliere tra tutti un solo compositore, chi sarebbe?
«Beethoven. Un personaggio di disumana grandezza. Io lo paragono a Michelangelo che si è fatto gobbo per dipingere la Sistina. Beethoven ha vinto le due malattie che lo affliggevano – la sordità e atroci dolori al ventre – per comporre le sue ultime opere. E ha saputo aggiungere alla musica strumentale tre dimensioni inedite: la politica, la psicologia e, con la Nona sinfonia, il canto».
E così si torna all’Europa, al 9 maggio e all’Inno alla Gioia.
«Esatto. Cito a memoria: Intuisci il tuo creatore, mondo? Cercalo sopra la volta stellata! Sopra le stelle deve abitare. Si rende conto? La sente la potenza? Le sente le lacrime che salgono agli occhi?».