il Fatto Quotidiano, 8 maggio 2022
Tutti pazzi per il padel di Carraro Jr.
Il vialone del Foro Italico addobbato a festa, i marmi del “Pietrangeli” che assistono ai colpi dei campioni, tutt’intorno un brulicare di appassionati, vip, politici.
A maggio, Roma per una settimana diventa capitale del tennis. Presto, lo sarà anche del padel. Subito dopo il grande evento tennistico, che da domani vedrà sulla terra rossa Djokovic, Nadal, il nuovo fenomeno Alcaraz, tutte le star russi compresi (nonostante le sfuriate di Malagò e i dubbi di Mario Draghi), sarà la volta dell’Italy Premier Padel Major (23-29 maggio): gli “altri” Internazionali, che sognano di diventare ricchi e famosi come i primi. Con la sua pallina impazzita, un presidente dal cognome importante e una vagonata di milioni in arrivo dal Qatar, il padel è lo sport del momento. Anzi, del futuro. Il suo segreto è la semplicità: chiunque può praticarlo, la racchetta fa quasi tutto da sola, trasmette l’illusione di sentirsi uno sportivo anche a chi non lo è. Il resto è merito dei social e dei vip che hanno lanciato una moda dilagante.
La “concorrenza”: vip, campi da gioco e business
Il padel piace alla gente che piace, e pure a tutti gli altri. Nel 2020 aveva 15mila tesserati, oggi sono oltre 75mila, quasi quintuplicati, mentre i praticanti non si contano più, ormai a quota mezzo milione. Anche i gestori lo bramano, perché è un investimento sicuro: un campo costa intorno ai 25mila euro e ne rende 7mila al mese, senza manutenzione. La padel-mania va avanti da almeno un paio d’anni, non è una novità. Adesso, però, dopo aver conquistato la base, punta al vertice. Il torneo al Foro Italico sarà il debutto di un nuovo circuito mondiale, che vuole copiare modello e successi del tennis: a regime nel 2024, ci saranno cinque Slam (uno a Roma) e un totale di 40 eventi in tre categorie (Major, P1, P2). Un progetto mastodontico, gestito dalla Federazione internazionale (al contrario del tennis, dove l’Atp è privata), ma che non sarebbe mai stato possibile senza i petrodollari. Nasce infatti in partnership con la Qatar Sports Investment del fondo sovrano. Il n.1 Nasser Al-Khelaïfi è patron del Paris Saint-Germain di calcio, ma la sua vera passione è sempre stata il tennis: si ricorda anche una comparsata al torneo di St. Poelten nel ’96, dove racimolò la miseria di un game contro Muster. Anche lui oggi pare convertito al padel, tanto da scommetterci su (si parla di un investimento tra i 50 e i 100 milioni).
Sulle orme di papà “poltronissimo”
L’artefice dell’accordo si chiama Luigi Carraro, e il cognome non è una coincidenza. Figlio di Franco, storico dirigente sportivo ribattezzato il “Poltronissimo” per l’infinita sfilza di cariche, ha deciso di ripercorrere le orme del padre. Dopo la giovinezza in aziende di famiglia o affari con i rampolli della Roma bene, si è buttato nello sport. Inizialmente con la diffidenza che accompagna i figli di papà, pian piano trovando la sua strada. Nel 2018 si è fatto eleggere in Paraguay capo del padel mondiale: all’epoca pareva un hobby, ha scelto il cavallo giusto. Il boom è stato esponenziale, da Spagna e Argentina (patrie della disciplina) ai Paesi di mezzo mondo, compreso il nostro. Ora con i soldi degli sceicchi, se il circuito Premier Padel avrà il successo sperato, non sarà più solo pratica amatoriale, ma anche grande evento e spettacolo. Un vero sport.
Il problema è che il padel era, ed è ancora, soltanto una branca del tennis: il parente sempliciotto e un po’ cafone, che però ora si fa ingombrante. I tesserati che si moltiplicano vengono drenati dal tennis, gli impianti che spuntano come funghi sono spesso campi riconvertiti: è una sorta di parricidio sotto rete, un virus che si insinua nel movimento. Anche politicamente, in Italia il padel appartiene alla FederTennis, senza vera autonomia: finché i numeri sono questi (vale meno del 10% del bilancio) ok, ma se un giorno dovesse diventare davvero una disciplina da milioni di praticanti e fatturato, il tema si porrà. Angelo Binaghi, padre padrone del tennis italiano, dirigente capace, ha certo fiutato l’occasione (sostenendo e cavalcando il boom), ma anche il pericolo.
La Federtennis e la “variabile Malagò”
Oggi tennis e padel vanno d’accordo, perché conviene a entrambi. In futuro chissà, il padel potrebbe addirittura reclamare l’indipendenza: anche se l’orientamento generale è opposto (si tende ad accorpare), può contare sulla sponda preziosa di Malagò, e bisogna capire cosa ne pensa a livello internazionale il Cio. L’alternativa è riconoscere il nuovo status: si parla addirittura di rinominare in Federazione Italiana Tennis e Padel. Ma se l’apertura fosse vera e non solo di facciata, tanti equilibri cambierebbero e il tennis rischierebbe di abdicare. In fondo, non è quello che sta già succedendo nei campetti di tutta Italia?