Il Messaggero, 8 maggio 2022
Peste suina a Roma. Cosa dice l’ordiananza
I cinghiali a spasso per Roma hanno le ore contate. Dopo la scoperta di un caso di peste suina nel parco dell’Insugherata, ieri la Regione Lazio ha varato un’ordinanza per evitare un’altra emergenza sanitaria. È stata infatti predisposta una zona rossa in un’ampia area intorno al parco che sarà indicata da appositi cartelli, con una maggiore sorveglianza, il campionamento e le analisi di eventuali cinghiali morti e lo smaltimento in sicurezza.
COSA PREVEDE
IL GIRO DI VITE A ROMA?
Nell’area indicata non sarà possibile organizzare picnic o altri eventi. Per impedire che i cinghiali si avvicinino alle aree abitate, il Comune di Roma recinterà parte dei cassonetti dei rifiuti. Saranno anche attivati controlli negli allevamenti. L’ordinanza dispone inoltre la chiusura di alcuni accessi a aree verdi. In realtà, la preoccupazione delle autorità sanitarie è che la malattia si diffonda negli allevamenti.
CHE RISCHIO CORRONO
GLI ALLEVAMENTI DI SUINI?
Come precisa Alberto Laddomada, esperto di peste suina, già dirigente responsabile per la sanità animale della Commissione europea, già direttore generale dell’istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, la peste suina, che è una «malattia causata da un virus, è considerata la principale patologia contagiosa del suino a livello mondiale. È caratterizzata da una elevata letalità; se si diffonde all’interno di un allevamento, nel giro di qualche settimana può portare a morte fra il 70 e il 90 per cento di maiali. In questo momento, ci sono oltre 50 Paesi del mondo dove è stata riscontrata».
GLI ESSERI UMANI POSSONO
CONTRARRE IL VIRUS?
Non si tratta, per fortuna, di una malattia che si trasmette agli uomini. «Non c’è alcuna indicazione, neanche potenzialmente, che possa fare un salto di specie. Il rischio è considerato trascurabile. Neanche l’eventuale ingestione di carni infette può causare un problema per l’uomo».
Il guaio, non di poco conto, è che però la peste suina si può trasmettere a distanza ai suini tramite la carne infetta. «I cinghiali fuori controllo e i rifiuti non smaltiti correttamente – ipotizza l’esperto – sono con ogni probabilità alla base della comparsa della malattia a Roma».
PERCHÉ I RIFIUTI PER STRADA
SONO UN PERICOLO?
In sostanza, può capitare che nei rifiuti ci siano anche carni infette di animali macellati, nonostante fossero colpiti da peste suina, magari in forma non grave. E infatti, «inizialmente, soprattutto durante il periodo di incubazione, la malattia non si manifesta. Conseguentemente, animali infetti possono finire al macello e quindi negli alimenti destinati all’uomo». Può capitare così che pezzi di carne contaminata siano messi in vendita. Ma mentre il consumo non è affatto nocivo per l’uomo, per i cinghiali invece lo è.
COME SI PUÒ
COMBATTERE IL VIRUS?
«Una delle caratteristiche del virus che causa la peste suina è l’estrema resistenza nell’ambiente, nelle carni. Conseguentemente, anche nei prodotti di salumeria si applicano a livello internazionale misure particolarmente rigorose di restrizioni al commercio di alimenti che riguardano i paesi infetti».
LA TRASMISSIONE AVVIENE
SOLO FRA GLI ANIMALI?
In molti salumi, soprattutto quelli non cotti oppure a non lunga stagionatura, il virus infatti persiste. «La via alimentare è molto efficiente per infettare un suino. Ne bastano quantità minime. In un prosciutto, se viene macellato da un animale infetto, si possono trovare enormi quantità di virus. Man mano il processo di stagionatura inattiva il virus, ma questo richiede molti mesi. Pertanto, solo i prodotti a lunga stagionatura vengono considerati sicuri».
QUALI MISURE
VANNO ADOTTATE?
Impedire che la carne infetta faccia da detonatore di un’epidemia nei suini non è però semplice. «Può succedere per esempio che, se i cinghiali vengono abbattuti durante la caccia e non vengono adeguatamente controllati, le carni possono trasmettere la malattia ad altri suini domestici sempre con le stesse modalità». In questi casi, a fare da catena di trasmissione possono essere per esempio le volpi, le cornacchie, persino i lupi che si cibano di carcasse di cinghiali infetti. Purtroppo, la presenza crescente di questi mammiferi non facilita il controllo di possibili infezioni. «Il numero dei cinghiali che si trovano in Italia è aumentato negli ultimi 10-20 anni. Quando sono così numerosi tendono ad abbandonare i loro habitat naturali, a portarsi vicino alle città e si alimentano dei rifiuti».
Tanto che l’unica soluzione percorribile è quella di abbatterli. «Davanti ad una malattia, nell’emergenza, occorre farlo. Purtroppo, nel caso di Roma, non si può escludere che il virus della peste suina possa essersi diffuso non da poco e anche al di fuori del raccordo anulare».