ItaliaOggi, 7 maggio 2022
I cognomi hanno una brutta cera
Secondo i giornali, un tribunale di Pesaro avrebbe determinato (com’era assolutamente prevedibile) che bisogna permettere ai genitori di imporre equamente ai figli neonati i cognomi sia del padre sia della madre. La decisione è sacrosanta ma, come tutte le vittorie «simboliche», è anche un’indicazione che la questione è già stata largamente superata dai fatti. Per ora, non si sa esattamente come i nuovi cognomi doppi dovrebbero funzionare. Daranno delle noie alla pubblica amministrazione. Senza arrivare a disturbare i due signori in Italia che porterebbero il magnifico cognome di «Quondamangelomaria» (il record nazionale di lunghezza), è praticamente inevitabile che figli delle gens Ammazzalamorte e Stampachiacchiere si uniranno per generare una figlia che si chiamerà Mariaddolorata, scompigliando terribilmente la modulistica.
Quisquilie comunque, specialmente da quando i cognomi sono già sulla via del tramonto. Negli Usa e in Gran Bretagna (i paesi che hanno probabilmente ispirato la novità italiana) c’è stato un ulteriore passo in avanti: il crescente ricorso ai cognomi di semplice fantasia. Una logica c’è: se le mamme non dovranno subire l’imposizione del nome di famiglia del compagno, i figli non dovrebbero essere tenuti a tollerare le preferenze dei genitori in materia di cognomi. Perché una persona non dovrebbe chiamarsi «Maria Teresa Finedelmondo» o «Riccardo Troppofico» se vuole?
Certo, questo significa che i cognomi non comunicano più né una stabile identità né alcuna informazione sulle origini e le appartenenze di chi li porta. Dal punto di vista dell’onomastica (la scienza dei nomi) è forse un disastro, ma non è una novità. Nella storia, l’uso dei cognomi è stato un fenomeno peregrino, qualche volta sì, qualche volta no. A seconda di cosa si intende per «cognome», l’usanza è o molto antica oppure storicamente abbastanza recente. Vaghe tracce della pratica risalgono al 2.850 a.C. in Cina, sotto l’impero di Fu Hsi. In epoca romana, per i cittadini dell’impero era d’uso comune il sistema praenomen-nomen-cognomen, per lo più scomparso però con le invasioni barbariche.
In Occidente l’uso del cognome in senso moderno appare con il Concilio di Trento (1545-1563), che sancì la regola per le parrocchie di possedere un registro dei battesimi con nome e cognome, anche se l’uso degli aristocratici di precisare in circostanze formali la «casata» è parecchio più antico. Il moderno obbligo (comune seppure non totalmente universale) di possedere un cognome cresce con l’arrivo dello stato «forte» e ha molto a che fare con l’esazione fiscale e, in generale, con il controllo della popolazione.
Ormai però, con la crescente informatizzazione della società, i nomi e cognomi, propriamente parlando, non servono a tanto – i computer sanno perfettamente chi siamo… Potremmo dunque forse finire come nel quindicesimo secolo. Per lo stato, o almeno per le sue banche dati, siamo già in sostanza dei numeri. Pertanto, c’è la possibilità che in futuro i nostri nomi «veri» non verranno imposti dai genitori e nemmeno dalla burocrazia. Potrebbero tornare a essere quei nomignoli attribuiti casualmente (non sempre in maniera felice) dalle persone con cui cresciamo o che frequentiamo.
Vedremo.