Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 07 Sabato calendario

I 70 anni dell’inno tedesco

L’inno tedesco ha compiuto ieri 70 anni, o cento. È nato due volte, nel 1922, scelto dopo la grande guerra e la fine della monarchia, e il 6 maggio del 1952, quando la Germania era ancora in rovina. Chi lo ascolta prima o dopo un evento sportivo, o in occasione di un incontro internazionale, crede di ascoltare i versi temuti e minacciosi Deutschland über alles, über alles in der Welt, la Germania sopra tutto, sopra ogni cosa al mondo, e invece no. La strofa è stata cancellata, dopo la guerra, per evidenti ragioni di opportunità. Ma la memoria resta.

In una delle case in cui ho abitato a Berlino, mi ritrovai come vicino di casa Lior Shambadal, il nuovo direttore dei Berliner Symphoniker (lo è rimasto per 22 anni fino al 2019), e scoprimmo di esserci già conosciuti da giovani a nostra insaputa. Nel 1973 seguii Willy Brandt in Israele, la prima visita di un cancelliere tedesco. Non facile. Il 7 giugno, all’aeroporto di Tel Aviv lo accolsero cartelli con la scritta «Welcome Willy», e la precisazione: ma Willy non è tedesco. «Nessuno volle suonare l’inno nazionale tedesco», mi raccontò Lior, «e mi offrii io… mio padre non mi volle parlare per un anno». Pochi mesi dopo sarebbe scoppiata la guerra del Kippur.
I nazisti mantennero l’inno di Weimar, per loro la prima strofa, Deutschland über alles, aveva un altro significato. Hoffmann von Fallersleben scrisse i versi nel 1841, quando la Germania ancora non era nata, e intendeva la Deutschland unita sopra tutti gli staterelli tedeschi in cui era divisa. Ci riuscì Otto von Bismarck nel 1871, dopo la vittoria sulla Francia di Napoleone III.

La musica è splendida, ed è un furto. I tedeschi si presero la musica di Joseph Haydn, scritta nel 1797 per il kaiser del Sacro romano impero e dell’Austria, Gott erhalte Franz den Kaiser, Dio salvi l’imperatore Francesco II. Gli austriaci ci avevano rinunciato nel 1918, dopo la fine della monarchia asburgica.
Nel ’49, la repubblica federale nacque senza un inno nazionale. L’altra Germania, quella comunista, si scelse un suo inno, Auferstanden aus Ruinen, rinasciamo dalle rovine, musica di Hanns Eisler e testo di Johannes Becher, al di là delle ideologie, non è male.
Dopo la riunificazione qualcuno propose, come simbolo della ritrovata unità, di scegliere l’inno della Ddr per la nuova Germania, perché non lasciare almeno l’inno ai tedeschi dell’Est? Ovviamente, non era opportuno. Per errore, nel 1995, il presidente Roman Herzog fu accolto in Brasile dall’inno della scomparsa Germania Est. Ma non se la prese.

All’Ovest, nel ’52, non fu facile, e si arrivò a uno scontro duro tra il cancelliere Konrad Adenauer, cristianodemocratico, e il presidente della repubblica Theodor Heuss, liberale. Adenauer propose a Heuss di restare fedeli al Deutschland über alles, il presidente rispose secco: «Non è il mio inno». Il nazismo aveva inferto una profonda ferita, non si poteva tornare al passato. E propose al poeta Rudolf Schröder di scrivere un nuovo testo. L’inno di Theo, come fu ironicamente battezzato, fu trasmesso per la prima volta alla radio dopo il discorso del presidente, la notte di San Silvestro del 1950. E chiese alla radio di mandarlo in onda ogni sera alla fine dei programmi. I versi Land des Glaubens, deutsches Land, terra della fede, sembravano troppo religiosi, e non piacquero ai tedeschi. I politici avevano sottovalutato lo spirito popolare, gli inni belli o brutti che si cantano da bambini restano nell’anima, come il nostro da molti poco amato Fratelli d’Italia. In un sondaggio, solo il 9,8% preferì l’inno di Heuss, il 45,8 rimase fedele al vecchio, ma ridotto alla terza strofa che inneggia all’unità, alla giustizia e alla libertà. Qualcuno pieno di buone intenzioni vorrebbe abolire gli inni nazionali, divisivi e appunto nazionalistici. Perché non cantare tutti L’Inno alla gioia dell’Unione europea?
Per un decennio tedeschi e italiani hanno cantato insieme un doppio inno, grazie a Michael Schumacher e alla Ferrari. Sulle piste di Formula 1 di tutto il mondo, si intonava di seguito l’inno tedesco e quello di Mameli, per il pilota e per la vettura. Fratelli d’Italia über alles in der Welt.