Il Messaggero, 7 maggio 2022
La Roma ha fatto piangere José Mourinho
Da queste parti, di lacrime ne abbiamo viste. Di gioia, raramente. Più per delusioni, ma non è il momento di riaprire questo capitolo. Roma, la Roma ha fatto piangere José Mourinho, l’uomo tutto d’un pezzo. Quella foto ha fatto il giro d’Europa, è passata dalla Spagna, si è fermata in Inghilterra, bolle in Italia. Mou così non lo avevamo ancora visto. Sì, ha pianto nel garage del Bernabeu, appena alzata la Champions con l’Inter nel 2010, lui sulla spalla di Marco Materazzi e prima ancora in campo. Se ne stava andando e quelle lacrime hanno incorniciato anche una sorta di tradimento: diventava allenatore del Real, gettando nella disperazione il popolo nerazzurro, sedotto e abbandonato, con il triplete in mano ma senza più l’amato Special.
ESPLOSIONE
Qui, Mou, esplode d’amore e si commuove, perché ha costruito una famiglia e lui ne è il padre orgoglioso. Piange, ma non ha vinto la Champions; piange e non sta per andarsene; piange perché ha visto una città in delirio, tifosi di ogni età per strada, colori, suoni, bandiere, quell’ Olimpico. Ha pianto, fa fatto piangere. È apparso come un uomo a cui basta una piccola gioia per emozionarsi, una semplice finale di Conference. Ha capito che un traguardo del genere, qui, ha un altro valore e lui è il responsabile di tutto. Soprattutto gli è chiaro che, dopo tante delusioni, è ancora Special e la sua Roma torna a sognare. Un tifoso della Roma ha scritto ieri sui social: «Quest’uomo ha vinto tutto, guardate come lo abbiamo ridotto», postando il filmato degli ultimi secondi della partita con il Leicester, finiti con le lacrime del tecnico e la corsa verso lo spogliatoio dopo l’abbraccio con i suoi collaboratori. Roma ti riduce così, ma è vero pure che lui stesso ha riportato i tifosi giallorossi indietro di qualche anno, quando era normale vedere lo stadio pieno e appassionato. Sono passati alcuni anni di scarsa empatia tra il club e i suoi fan, ora si è tornati alla normalità. E la prima grande vittoria di Mourinho è proprio questa: aver riportato sentimento nella gente. La famiglia Roma si è allargata: squadra, allenatori, tifosi e anche i proprietari, i silenti Friedkin, che ieri non sono scesi in piazza per prendersi meriti particolari, ma si sono mostrati con un semplice tweet: I Giallorossi vanno a Tirana! Congratulazioni all’A.S.Roma con un’emozionante vittoria per avanzare dell’edizione inaugurale di Conference League. Tutti a Tirana!. Mourinho ci ha messo un po’ per mettere su una squadra che avesse un senso logico. Ci è riuscito nel momento decisivo della stagione, quando sono arrivate le partite importanti. Ha scelto un gruppo ed è andato avanti con quello, portandolo oltre le proprie forze, i propri limiti (e ce ne sono). Ha un po’ mollato quei calciatori che servivano meno, pur non perdendoli definitivamente e mai mettendoseli contro. Chi è sparito, non ha mai accennato a mezza polemica, compreso Zaniolo, al quale ha fatto vivere qualche panchina inaspettata. La capacità di formare un gruppo e – come diceva Materazzi – di morire in campo per lui sono qualità che gli vanno riconosciute da sempre e la sta mostrando anche qui. Ha inventato Zalewski (che ieri ha incontrato il ct della Polonia, Czesaw Michniewicz) terzino, ha creato una struttura difensiva che è stata alla lunga l’arma vincente, ha stimolato Abraham portandolo a segnare 25 gol al suo primo anno romano. Le vittorie non sono state casuali, anche l’ultima: è arrivata dall’ennesimo calcio piazzato, che vuol dire studio, applicazione, allenamenti mirati. La squadra ha giocato male per tanto tempo, ora fa vedere anche un buon calcio. Ma l’estetica non è il lato migliore della squadra. La sostanza, lo spirito combattivo sono doti che emozionano e ti aiutano a vincere e questo è il migliore modo per costruire. Il gruppo solido è la base di una squadra e questo basta per poter vincere almeno la Conference League, ma il prossimo passo, come lo stesso Special ha sottolineato, dovrà essere quello di andare a pescare altri calciatori di livello per allargare la famiglia. Perché quelle lacrime possano continuare a viaggiare in giro per l’Europa, quella da cui Mou viene e che lo ha reso Special.