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 2022  maggio 07 Sabato calendario

I 65 anni di Barbara D’Urso

Maria Carmela d’Urso, detta Barbara, come festeggia i 65 anni?
«Non è la mia età. Cioè: lo è, ma anche no».
Non mi è chiarissimo.
«Non mi importa tanto dell’età. L’età non esiste».
Lo dice lei che ha il vantaggio del janefondismo, il suo corpo si rifiuta di invecchiare.
«Anche la mia testa. Potrei innamorarmi di un uomo di vent’anni come di 80. I 65 non mi pesano, come non mi sono pesati i 60 o i 50. In ogni caso li festeggio con amici. E non vedo l’ora di celebrare i 70. L’energia non mi manca e il cielo mi vuole bene».
Prega ancora la Madonna prima di andare a dormire?
«La prego. Ma non prima di andare a dormire. Io odio gli obblighi e gli incatenamenti. Mi rivolgo alla Madonna quando ne ho bisogno».
È molto credente?
«A modo mio».
Qual è il suo modo?
«Sento l’energia. Ce n’è una buona, bianca, positiva. Ma anche una nera, cattiva, che qualcuno cerca di scaricarti addosso. E naturalmente esiste l’energia universale. Ciò detto, nella Madonna ci credo».
Perché la Madonna?
«Per me è importante. Ho anche un ritratto della Madonna del Carmelo qui in camerino».
È da lei che viene il suo nome?
«Da lei. Mio padre era di Laurenzana, in provincia di Potenza, dove facevano la processione e mia madre accettò di chiamarmi Maria Carmela per riavvicinarsi alla nobile famiglia del marito che la guardava con qualche sospetto. In privato, però, mi ha sempre chiamato Carmelita. Carmelita D’Urso, non è magnifico?»
Lo è. Ma lei lo ha tradito cambiandolo in Barbara.
«Ma si rende conto? Mi serviva un nome più nordico».
Se la ricorda sua madre che la chiama Carmelita?
«Confusamente. Ero molto piccola quando stava bene. Ho questa immagine di lei a letto che per punirmi mi batte il cucchiaio di legno sul sedere e dice: Carmelita, Carmelita, Carmelita. È morta che avevo undici anni, dopo quattro anni di malattia. Ricordo gli aghi nelle sue braccia. I lividi neri. Il dolore mio e dei miei fratelli».
Lo ha mai superato il senso di abbandono?
«Mai. È rimasto lì, nel profondo. Assieme all’appesità».
Appesità è una parola molto bella. Ma che significa?
«Non è italiano, lo so. Ma è una distinzione che io vedo con chiarezza. Da una parte c’è l’attesa, che può essere bellissima, magari per una cena o per un appuntamento galante. Dall’altra c’è l’appesità, il limbo, l’impossibilità di sapere cosa sta per succedere, quel vi prego ditemi qualcosa a cui nessuno sa rispondere e che io identifico con la malattia e la morte di mia madre».
Ha fatto psicoterapia per elaborare l’appesità?
«Moltissima. Ma non solo per quello. L’ho fatta anche per analizzare il rapporto con Mauro Berardi, il padre dei miei figli. Lui è più grande di me. E ha un carattere – come dire – molto ben delineato».
Perché lo scelse?
«Ero follemente innamorata di lui. E lui di me. È stato un incontro magico».
Anche il carattere di suo padre Rodolfo era «molto ben delineato».
«Vero. Dice che c’è un nesso?».
C’è?
«Per tutte le figlie il padre è l’uomo della vita. Ci siamo lasciati e ritrovati».
Una volta le tirò due scudisciate col frustino da cavallo.
«Sì. Avevo detto che ero a una festa, ma non era così. Non è mai più successo, ma me le ricordo ancora. Era un uomo severo. Come tutta la sua famiglia di nobili lucani. E severa era mia madre».
Lei è severa?
«Lo sono. Perseguitata da questo rigore morale da cui non so scappare. Se rinasco di sicuro mi comporto in modo più allegro».
A scappare da Napoli invece ci riuscì.
«Avevo 18 anni. Che potevo fare a Napoli? Mi dissi: ci provo, vado a Milano. Magari faccio la modella. È arrivata la tv».
Suo padre come la prese?
«Male. Se te ne vai sei morta. Non ci parlammo per quattro anni».
TeleMilano 58, allora. Teo Teocoli, Claudio Lippi, Silvio Berlusconi. Era un ambiente sessista?
«Per niente. C’era un’atmosfera fantastica. Ogni sera Silvio Berlusconi faceva le riunioni e ci chiedeva dei contenuti dei programmi».
Vi faceva la scaletta?
«No. Ma voleva sapere. Io sono nata con la sua tv».
Come si resiste al corteggiamento di Berlusconi?
«Rispondo solo perché è una cosa di cui parlò lui. Mi fece la corte e io gentilmente la respinsi».
Le mandava dei fiori?
«No, era semplicemente carino. Faceva capire. Girava con un enorme pullman d’acciaio grigio col Biscione stampato sopra. Ricorda? Torna a casa in tutta fretta, c’è il Biscione che ti aspetta. Era la metà degli Anni 70».
Non c’era chimica tra di voi?
«Ma no, che c’entra. Lui era molto affascinante. Ma era anche il proprietario. Proprio non si poteva. Il rigore morale, appunto. Ho sempre preteso di farcela con le mie forze».
Ha mai pensato: mannaggia, se avessi detto di sì…
«No. Ma in tutti questi anni ci siamo visti molte volte. Con lui, con Marina, con Pier Silvio. Ci vogliamo bene davvero. Qualche anno fa il Cavaliere mi ha detto: Barbara lo sai quello che hai perso, ma sei ancora in tempo. Ci abbiamo riso sopra».
Lei che rapporto ha con il suo corpo?
«Un rapporto bello. Il corpo mi parla. Mi segnala i miei limiti e le mie possibilità. A lei il corpo non parla?»
Temo in modo diverso dal suo.
«Io sono stata molto fortunata. Non ho mai dovuto fare interventi o ritocchi. Vede anche qui, dietro le orecchie, nessuna cicatrice. È il dna».
Il suo dna è finito sulla copertina di Playboy e di Playmen. Perché lo fece?
«Non saprei dirlo esattamente. Playmen fu in parte una furbata del fotografo. Playboy fu una scelta vera. Lo avevano fatto anche Stefania Sandrelli e Ornella Muti. Io allora ero molto conosciuta per Domenica In con Pippo Baudo e per lo sceneggiato con Alida Valli».
La Casa Rossa.
«Esatto. Playboy me lo chiese e io dissi di sì. La copertina era bellissima. E si vedeva solo la parte superiore».
A ripensarci, si imbarazza o non gliene frega niente?
«Non ho mai fatto cose di cui mi sono pentita».
Suo padre che le disse?
«Nulla, non ci parlavamo».
Come ha recuperato il rapporto con lui?
«Merito di mia sorella Daniela che organizzò l’incontro. Recuperai anche la fede nunziale di mia madre, con incisa la scritta Rodolfo, 26 luglio 1956. Dieci mesi prima che io nascessi. È la fede che porto al dito anche oggi».
Lei è aggressiva?
«Non direi. Certamente sono passionale».
Ha mai menato nessuno?
«Parla di Scherzi a parte?».
Di quello.
«Mi fecero trovare l’uomo con cui stavo da 5 anni – Sandro, un antiquario che aveva 15 anni meno di me – a letto con una che da tempo ci provava».
Non la prese bene.
«Mi avventai su di lui sputandogli addosso. E poi tirai addosso a lei gli occhiali da sole quando cercò di giustificarsi. Per fortuna c’era mio fratello a tenermi. Pochi mesi dopo, in piazza del Gesù, stavo girando un film. Un signore mi riconobbe e urlò: ueee, quella è Barbara D’Urso che ha sputato addosso a quell’omme e mmerda».
Berlusconi a parte, ha detto molti no?
«Ovvio. Come tutti. In Rai, per esempio».
Chi?
«Ma si figuri se lo dico».
Era Pippo?
«Noooooo. Però l’ho visto in mutande in camerino».
Beppe Grillo?
«Figuriamoci. Un amico».
Regali spocchiosi ricevuti?
«Uno spasimante torinese arrivò davanti al mio terrazzo in elicottero e lanciò delle uova di cioccolato».
Servì?
«A niente».
Parliamo di Memo Remigi?
«No».
Di Vasco Rossi?
«Nemmeno».
Neanche per dire come vi siete conosciuti?
«In casa discografica. Un’etichetta che aveva solo me e lui. Lui aveva appena inciso Albachiara, io ero più famosa. Era stupendo, e sua madre, Novella, straordinaria».
C’è una mitologia sulle canzoni che le avrebbe dedicato.
«Mitologia».
Ieri il suo Pomeriggio 5 ha fatto il 18%.
«Siamo passati in uno studio più piccolo, ma la gente continua a volerci molto bene».
Resta a Mediaset anche l’anno prossimo?
«Certo».
Perché le voci di un suo addio, allora?
«Provo a spiegarlo in un modo carino. Ci sono persone ossessionate da me. L’ossessione può spingere a commissionare delle cose da scrivere anche se non sono vere. Magari per fare più click. Uno scrive che sono fidanzata con un Panda, però di pelouche, e il gioco è fatto. Parte la giostra e non si ferma più. Ma io non sono fidanzata con un panda di pelouche e il prossimo anno sarò ancora a Mediaset. Inutile smentire i siti. Né io né l’azienda lo facciamo».
Resta a Milano, quindi?
«Resto a Milano. E probabilmente farò anche teatro».
Cosa?
«Lo dirò al momento giusto. Ma il progetto è stupendo».
Le danno fastidio le critiche?
«No. Le maldicenze e le bugie un po’ di più, almeno un tempo. Ma ho capito che la vita è troppo breve per lasciarsi condizionare da chi è ossessionato da te».
Lei non ha ossessioni?
«Una sola: che i miei figli stiano bene».
Colleghi che stima?
«Carlo Conti e Gerry Scotti».
Donne?
«Maria de Filippi».
Lo dice perché deve.
«Lo dico perché è vero. Il suo successo è un bene per la rete. Dunque anche per me, per Gerry, per Bonolis e viceversa. Una rete illuminata è un vantaggio per tutti. E ai colleghi che stimo aggiungo Silvia Toffanin. Bravissima».
Non vale. È la moglie del capo.
«Vale. Perché a me di chi sia moglie interessa zero».
Si offende quando dicono: Barbara D’Urso è la regina del trash?
«Non mi offendo, penso solo che le persone non sappiano che cosa significa la parola trash. Ci sono trasmissioni molto più trash della mia. Ma parlare di me è più facile».
Ha paura di morire?
«Certo. Ma non ci penso. Spero solo sia sul colpo».
All’atomica ci pensa?
«Non penso neanche a quella».
Lo ha visto Lavrov su Rete 4?
Non ne vuole parlare.
«Non l’ho visto».
Draghi le piace?
«Mi piace».
Conte o Salvini?
«Niente trappole, grazie».
Gruber o Berlinguer?
«Berlinguer. La guardo e mi piace. E poi ha un cognome che per me significa molto».
Vota ancora a sinistra?
«Dipende».
Prima o poi ci entra in politica?
«Prima o poi lo faccio».
Maria Carmela Carmelita Barbara d’Urso, le secca che i suoi figli non abbiano il doppio cognome?
«Mi rode il culo da morire, si può dire?».
L’ha detto.
«Mi secca moltissimo. Ma loro sono molto discreti e già si infastidiranno per le cose che le sto raccontando».
Un anno fa a Candida Morvillo, disse: ho un corteggiatore in prova. L’ha superata?
«In effetti no. Sono sola, ma con un sacco di gente che mi vuole bene. Ogni volta che entro in un bar faccio almeno quaranta selfie».
Soffocante?
«Piacevole».
Persino il Papa si è spazientito per l’invadenza di una pellegrina cinese.
«Forse sono più paziente di lui. Certo lui è più santo di me». —