Robinson, 7 maggio 2022
Il mito di Star Wars
Il mito di Star Wars ha il dono dell’onnipresenza e viaggia nel tempo. Il giorno in cui mi è stato commissionato questo articolo ero a Rimini, all’ingresso del teatro Galli. Dopo aver accettato ho spento il telefono, alzato gli occhi e visto un giovane uomo di spalle, che indossava un giubbotto di jeans su cui aveva fatto cucire la scritta: «In a galaxy far far away». Le guerre stellari non finiscono mai. Vanno dal futuro lontano alle radici della vita e viceversa. Nella sovrapposizione tra prequel e sequel hanno trovato un varco tra gli universi paralleli e collegato la stessa storia con infinite varianti, in cui i protagonisti sono genitori e figli di se stessie incarnano a turno il bene e il male.
Star Wars, più che un multiverso, è un multi-paradigma. Ogni sua situazione è diventata un archetipo. Il “bar di guerre stellari” è un’espressione usata per indicare qualunque congregazione bizzarra: dalla propria assemblea di condominio, alla compagnia di giro dei talk televisivi, al parlamento in seduta plenaria. È uno “jedi” chi abbia lo status riconosciuto di maestro ieratico, detentore di una saggezza alternativa (la qualifica èstata attribuita a molti: dall’allenatore di calcio Zeman, al finanziere Warren Buffett).
«Che la forza sia con te» è l’ottava citazione più famosa della storia del cinema. Viene da un contesto religioso, invoca una benedizione, ma è diventata maniera universale per augurare buona fortuna. Quanto al “lato oscuro” è una delle più ricorrenti simbologie politiche, la definizione del passaggio di un voltagabbana o dell’irrigidimento dispotico di un leader. Ci sono poi misteriose ragioni, a cui il sesso s’inchina, per cui la principessa Leia ( con il bikini dorato, sia chiaro) ha regnato nell’immaginario maschile (americano, ma non solo). In un episodio di Friends Ross chiede a Rachel di presentarsi così sulla soglia della camera da letto. Per 96 mila dollari è stato venduto quel costume, prima che fosse considerato lo strumento dell’oggettificazione della donna e che l’attrice stessa rivelasse di averlo odiato.
Non sono però i personaggi, né le frasi, l’ingrediente principale nella ricetta diGuerre stellari,ma il contesto, la forma, e soprattutto i valori, glorificati nell’osanna della ripetizione. Il male si riorganizza in forme sempre differenti, mentre il bene resta fedele a sé stesso, alla semplicità e alla grandezza di esistere in un solo possibile modo. Non è affatto una narrazione rassicurante, anzi: il presupposto della saga è l’anti-manicheismo. Dentro ogni eroe c’è il seme schiacciato del cattivo, ma non è detto non possa risorgere. Qualsiasi tradimento è una rinascita, ma è vero anche il contrario. Il messaggio di fondo, anche questo di natura religiosa, è che la salvezza sia possibile tramite una scelta.
Guerre stellari è la storia di una catena di scelte: dal ragazzo che abbandona il Primo Ordine dopo essersi macchiato di sangue, fino a Han Solo che va incontro al suo destino sul ponte sospeso. Disarmato? All’apparenza. In realtà è armato dei valori in cui si riconosce: lealtà, sacrificio, coraggio. In quest’epoca in cui troppo si concede alla paura, all’egoismo e all’arroganza, siamo tutti con lui su quel ponte, con il nostro talismano stellare.
Ho anche io la mia maglietta della saga, comprata a San Antonio, Texas. Raffigura il giovane Luke mentre cammina, ma la sua ombra è quella della Morte Nera, da cui discende. La scritta avverte: «Don’t look back», perché se guardi indietro vedi tutto il male da cui cerchiamo di allontanarci, raggiungendo una galassia lontana lontana.