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 2022  maggio 07 Sabato calendario

Brachetti si dà alla lirica. Intervista


«Ma questi qui sono matti». Chi risponde da Salisburgo è Arturo Brachetti e «i matti» sono Rolando Villanzon e il suo staff che hanno voluto il trasformista più famoso al mondo nel loro Barbiere di Siviglia, in scena al prossimo Festival di Salisburgo (dal 3 giugno). Prima di accettare questo debutto nell’opera («amo fare cose nuove»), aveva pensato: «Sarà meno complesso del mio show. Invece si sono inventati un ruolo che è in scena dall’inizio alla fine. Mi dicono: fai questo, fai quello, buttati lì. Proviamo otto ore al giorno... ma ragazzi, ho 65 anni eh».
In realtà li compirà solo ad ottobre. Il suo quasi debutto nell’opera è stato 50 anni fa.
«Come comparsa, a 16 anni e per 5mila lire al giorno, nella Carmen. Il tenore era una specie di prosciuttino... Qui c’è grande organizzazione. Villanzon dice: “E se avesse in mano un ventaglio?”. E dopo tre minuti ecco un ventaglio».
A 16 anni non era così?
«La Torino degli anni ’60 era in bianco e nero: io sognavo a colori. Mi avevano regalato il teatrino delle marionette e ci passavo i pomeriggi. Da piccolissimo avrei voluto fare o il Papa o il regista. Avevo in mente i grandi spettacoli con la scritta: regia di Antonello Falqui. Poi ci ho lavorato».
La carriera come Papa, invece, è sfumata.
«Mio padre era molto religioso e nel dubbio mi mise in seminario. Avevo undici anni, ero buono, ingenuo, volevo far contento papà... lì ho conosciuto un prete che faceva giochi prestigio, don Silvio Mantelli. Ero affascinato dalle sue magie: dopo qualche tempo andavamo in giro con i nostri spettacoli nelle colonie».
Esibirsi è la sua passione. Perché voleva fare il regista?
«Ero timido. Avevo il desiderio di apparire ma non osavo. Ma quando mi mettevo gli abiti avevo coraggio. Il costume è una maschera, una fantastica corazza. Nei miei spettacoli mi presentavo da solo: ero una specie di Nicoletta Orsomando, ma somigliavo più ai Legnanesi. I ragazzi mi prendevano per i fondelli».
Lei ne soffriva?
«Ma nooo. Ero magrolino, efebico, con l’aria da vispa Teresa... venivo preso in giro, messo nei bidoni dell’immondizia. Non è che ne soffrissi, ma mi veniva voglia di mostrare che ero capace di fare cose che loro non sapevano fare. Era la rivincita dello sfigato. Il bello del teatro è che si recita il falso per creare il vero, come succede a casa mia».
In che senso?
«A casa mia nulla è ciò che sembra: suona il telefono ed è una bottiglia di ketchup, ci sono due passaggi segreti e nel mio frigo c’è un po’ di cibo vero e un po’ finto... L’illusione deve essere a portata».
Si annoia facilmente?
«La mia soglia di attenzione è bassissima. Sono curioso: c’è un portone socchiuso? Oddio devo sbirciare. Se sei attento il mondo ti procura costantemente degli stimoli».
L’iperstimolazione è tipica di questa epoca
«Il linguaggio Tik Tok... però devo dire che quando vado a teatro spesso mi addormento... a me piace fare sorprese, sul palco come nella vita».
Come concilia la sua vita sentimentale con il costante bisogno di stimoli?
«Negli anni mi sono calmato. Sono sposato con il teatro ma ho avuto relazioni anche lunghe. Da giovane ero molto più infedele ma lo ero apertamente, senza sotterfugi e non sono geloso. Il mio lavoro è la mia missione numero uno. Quando ho lasciato il seminario mi è stato detto: non è importante avere la vocazione ma una vocazione. La mia è far sorridere».
Come è nato il suo ciuffo?
«Un’eredità di Shakespeare: facevo Sogno di una notte di mezza estate. Ero il folletto Puck e serviva una pettinatura particolare: mi sono lasciato il ciuffo, ma mi dava fastidio e ci misi il gel. Quando andai a Parigi con il mio show iniziarono a chiamarmi l’italiano con la Tour Eiffel in testa: il ciuffo era diventato un sotterfugio per cui la gente mi riconosceva. È come se da lì avessi un super potere».
È diventato famoso in tutto il mondo.
«Sono andato alla tv cinese e nel cartoon Gli incredibili il bimbo col super potere della metamorfosi è pettinato come me. La mia vita è svoltata nel ‘99 quando sono andato in Canada con il mio show».
I suoi genitori come hanno reagito?
«Per papà non era un lavoro serio, mia madre è la mia fan numero uno: mi cuciva i costumi da ragazzo, è sempre ai miei spettacoli. Ha 85 anni e commenta tutto su Facebook... quando si è iscritta le ho fatto credere che le dovessero mandare la tessera».