Corriere della Sera, 7 maggio 2022
Draghi parlerà al ritorno dagli Usa
Mario Draghi non riferirà in Parlamento prima della partenza per gli Stati Uniti, il 10 maggio. La risposta alla richiesta di Giuseppe Conte arriva a stretto giro. «Il premier è in partenza, i tempi sono stretti – riferiscono fonti di Palazzo Chigi – occasioni di confronto non mancheranno, a cominciare dal question time già in programma per il 19 maggio».
Cioè al rientro dalla trasferta americana per il faccia a faccia con il presidente Joe Biden durante il quale, come riferito ieri dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, si parlerà dei costi da «imporre alla Russia per la sua aggressione non provocata» e degli aiuti economici al popolo ucraino. Sul tavolo anche il tema del cambiamento climatico. «Sarà l’occasione per riaffermare le storiche relazioni bilaterali fra Stati Uniti e Italia». Draghi ribadirà al presidente Usa il pieno sostegno alla linea comune presa a livello di G7, ribadendo l’importanza di un’azione europea per accelerare il processo verso un negoziato.
Conte però è convinto che l’incontro bilaterale debba essere preceduto da un nuovo voto delle Camere, dopo quello a larghissima maggioranza di fine marzo: «Se Draghi dovesse andare negli Usa senza passare dal Parlamento sarei molto deluso. Sarebbe un passaggio utile anche per lui, per avere un mandato più forte. E per dare un indirizzo al governo sulla posizione da assumere nell’evoluzione del conflitto. Non è una premura personale ma dell’intero popolo». E riguardo ai tempi, oggettivamente stretti, ipotizza: «Il Parlamento, in tempo di guerra, può riunirsi anche di domenica».
Ma la richiesta del M5S «è isolata», filtra ancora da collaboratori del premier: Matteo Salvini, sul quale si appuntano i sospetti dei governisti 5 Stelle di un asse sotto traccia con Conte, non sollecita Draghi perché riferisca in Aula prima di partire per Washington. Prova a raffreddare la contesa il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini: «Il Parlamento si è pronunciato in maniera molto chiara. Sostenere insieme l’invio di materiale ed equipaggiamenti militari, le sanzioni, e anche tutti gli sforzi per arrivare a un cessate il fuoco e poi a un negoziato vero».
Sulle armi, però, la contesa politica resta aspra. Rientrata la polemica ancora tra 5 Stelle e Guerini sul tipo di munizioni che saranno inviate («solo a cortissimo raggio, a scopo difensivo», assicura il ministro), Salvini torna a pungere in diretta radio: «Dopo due mesi e mezzo di guerra domandiamoci a chi stanno andando queste armi. Io penso che non stiano aiutando la pace». Il tema – riferiscono da Palazzo Chigi – non è stato argomento dell’incontro di due giorni fa tra il leader della Lega e il premier.