il Fatto Quotidiano, 6 maggio 2022
Le fondazioni che non presentano i bilanci
Si fa presto a dire trasparenza quando c’è di mezzo la politica: a quattro anni dall’approvazione della legge Spazzacorrotti sono oggi solo 8 le fondazioni collegate agli inquilini di Palazzo, che hanno rendicontato finanziamenti in entrata e in uscita: poco più delle dita di una mano quando in realtà – e si tratta di una stima per difetto – sarebbero circa 6 mila gli organismi di rilievo nazionale e locale legati a doppio filo con la politica. Ma tant’è: l’ultimo censimento della Commissione di garanzia e per la trasparenza dei partiti trasmesso l’altro giorno al Parlamento e riferito all’anno 2021 è da mettersi le mani nei capelli. “Hanno ottemperato all’obbligo di presentazione della documentazione su cui è in corso attività di controllo 8 fondazioni/associazioni”. Ancor meno rispetto al 2020 quando a farsi avanti, dichiarando il collegamento con i partiti politici che fa scattare l’obbligo di trasparenza, erano state in 10. Dopo una richiesta di accesso agli atti il Fatto nei primi mesi del 2022 ne ha ottenuto l’identificazione: si tratta di Arel, vicina ad Ernico Letta, e dell’Associazione Rousseau, con cui nel frattempo il M5S ha tagliato i ponti. A destra spiccano Farefuturo, creatura del meloniano presidente del Copasir, Aldolfo Urso, Fondazione Microcredito e Sviluppo di Mario Baccini e Fondazione Change, vicina al governatore ligure Toti. Nell’altra metà del cielo, Fondazione Gramsci, Fondazione Nilde Iotti, Libertà Eguale, Riformismo e Libertà, Futuredem. Le altre? Buio assoluto.
Un bottino ben magro rispetto alla promessa iniziale di rivoltare come un calzino la politica, mappando i finanziamenti alle fondazioni dietro ai quali potrebbero mascherarsi tangenti, secondo quanto suggeriva Raffaele Cantone al tempo presidente dell’Anac. E oggi, a maggior ragione deludente, dopo le diverse inchieste che hanno avuto come epicentro proprio i soldi transitati sui conti di questi organismi che hanno nei propri organi direttivi diversi esponenti politici. A partire dall’inchiesta di Firenze su quella che fu la Fondazione Open, ritenuta dagli inquirenti la cassaforte del Giglio magico renziano, e che dal 2014 al 2018 ha incassato 3,5 milioni di euro di contributi registrati. Due mesi fa, il Tribunale di Milano ha condannato a 8 mesi il tesoriere della Lega, Giulio Centemero, per i 40 mila euro erogati da Esselunga all’associazione PiùVoci, ma utilizzati, secondo le accuse, per sanare i conti di Radio Padania. Sempre a Più Voci sarebbe arrivato un contributo da 250 mila euro da una società riconducibile all’imprenditore Luca Parnasi, finito al centro di un’inchiesta della Procura di Roma, per cui è a processo oltre a Centemero anche il senatore di Iv ed ex tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. Nel caso di quest’ultimo, l’accusa di finanziamento illecito riguarda però 150 mila euro che Parnasi erogò alla fondazione vicina ai dem Eyu, di cui Bonifazi era presidente.
Ma a quanto pare la trasparenza continua a interessare pochissimo, al di là delle promesse. “Basta abbassare la quota di politici presenti negli organi direttivi della fondazione, magari con dimissioni strategiche e gli obblighi previsti dalla Spazzacorrotti non valgono più”, confessa una fonte. L’ultimo rapporto di Open polis ha mappato 153 think tank ad alto tasso di frequentazione politica, tra cui giganteggiano realtà quali Italianieuropei di Massimo D’Alema (nel cui comitato d’indirizzo c’è Roberto Speranza), l’Astrid di Franco Bassanini, Fondazione De Gasperi presieduta da Angelino Alfano, passando per Fondazione Alleanza nazionale, Magna Charta di Gaetano Quagliariello o Associazione Civita di Gianni Letta. La legge non prevede l’obbligo di autodenunciare la connessione coi partiti e del resto la Commissione di garanzia presieduta dal magistrato Amedeo Federici non ha mezzi e persone per adempiere ai compiti che le sono assegnati.
Oltre che delle fondazioni, infatti, si occupa anche degli statuti dei partiti da cui dipende l’erogazione del 2 x 1000. E dei loro rendiconti: secondo l’ultimo rapporto, delle 84 forze politiche tenute a presentare la documentazione hanno ottemperato in 74: solo 45 sono in regola, come nel caso di M5S, FI o Italia Viva. Per altri 29 servirà un supplemento di istruttoria: in questa lista compaiono Lega Nord, Lega per Salvini premier e Pd. È invece già scattato il cartellino rosso – la contestazione per l’inottemperanza agli obblighi di rendicontazione – per 7 altri partiti, tra cui Diventerà Bellissima del governatore siciliano Musumeci.