la Repubblica, 6 maggio 2022
La potenza del Gattopardo secondo Bassani
Portia Prebys, compagna di vita di Giorgio Bassani per 25 anni, si muove dentro il Centro studi bassaniani di Ferrara, di cui è curatrice, con la sicurezza accogliente di una padrona di casa. «Si accomodi, questi sono i divani del nostro appartamento romano». Sopra, il ritratto giovane e pensoso che fece allo scrittore Carlo Levi. È un giorno speciale, la mattina è stata formalizzata in municipio la seconda donazione di Prebys al Centro comunale: pezzo forte un dattiloscritto del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa annotato e commentato da Bassani e le bozze con l’editing originale del romanzo, datate 28 luglio e 15 ottobre 1958. Un altro dattiloscritto e il manoscritto autografo del 1957 sono invece custoditi a Palazzo Lanza Tomasi a Palermo.
«Fu Giorgio a capire prima di tutti la potenza del Gattopardo», dice Prebys non celando un certo orgoglio. «Ne comprese la natura di grande narrazione nazionalpopolare». La bocciatura di Elio Vittorini, che lo rifiutò sia da consulente di Mondadori sia da curatore della collana einaudiana I Gettoni, è l’“errore” più dibattuto e clamoroso della storia dell’editoria. Il Gattopardo,fatto pubblicare da Bassani per Feltrinelli nel ’58, diventò il primo bestseller dell’editoria italiana. «Il secondo è stato ilGiardino dei Finzi-Contini. Qui abbiamo la copia del manoscritto, l’originale è in una cassaforte della Biblioteca Ariostea. Un paio di mesi fa il Giardino è diventato un’opera lirica a Broadway, chesoddisfazione».
Altre vetrine contengono i quaderni scritti a mano dell’Airone e de Gli occhiali d’oro e le raccolteEpitaffio e In gran segreto.
Sulle vicende passate, sull’eredità contesa con i figli dello scrittore che portò a un processo, Prebys dice solo di essere soddisfatta di come è andata, e aggiunge: «Con queste donazioni ho voluto restituire Giorgio alla città di Ferrara».
Ci spostiamo nell’altra stanza:«Guardi questi quadernoni. Quando usciva Giorgio se ne metteva uno sotto il braccio, come fosse una cartella. Se gli veniva un’idea si fermava e la annotava al volo». L’imprinting creativo non doveva andare perso: «La prima stesura era sempre a mano».
In un angolo c’è la macchina da scrivere, modello Littoria. «Era un perfezionista, correggeva fino allo sfinimento. Poteva stare su una pagina per ore, scriverla e riscriverla». Le poche correzioni sul Gattopardo confermano l’attenzione per i dettagli. Le virgole non gli sfuggivano. Sulla punteggiatura di Lampedusa, Bassani ebbe a dire in un’intervista che “era molto sciatta” ma che essendo l’autore “un gran signore” poteva permettersi di «aprire una virgola e non richiuderla».
All’ora del tè, fanno capolino i ricordi: «Giorgio era un uomo molto elegante, non alzava maila voce. Amava la letteratura ed era anche uno sportivo. Andava a giocare al circolo Parioli quattro o cinque volte a settimana». Il primo incontro tra i due fu grazie a un amico comune. «Erano i primi anni Settanta e un mio collega americano mi propose di andare a una lettura di poesie di Bassani. Insegnando all’università letteratura del Novecento conoscevo la sua opera. Dirigevo a Roma un dipartimento distaccato del Notre Dame & Saint Mary‘s College. Fu un colpo di fulmine». Sulle peripezie editoriali del
Gattopardo Prebys torna volentieri e sembra divertirsi: era stata Elena Croce, la figlia di don Benedetto, a far avere il manoscritto a Bassani, dopo averlo a sua volta avuto dall’ingegner Giorgio Giargia di Palermo. «A Giorgio bastò leggere la prima pagina per capirne il valore». Bassani scoprì solo in un secondo momento che l’autore era Giuseppe Tomasi di Lampedusa, morto nel luglio del 1957. Si ricordò allora che si erano conosciuti a San Pellegrino a un convegno di letterati, dove il principe aveva accompagnato il cugino, il poeta Lucio Piccolo. Del Gattopardoesistono tre stesure: una prima stesura a mano del 1955-56 raccolta in più quaderni; una stesura in sei parti del 1956 battuta a macchina in più copie da Francesco Orlando, allievo a cui Bassani era molto legato; e infine una ricopiatura autografa di Lampedusa fatta nel 1957 che recava sul frontespizio il titolo Gattopardo ( completo). Questo manoscritto era stato consultato da Bassani che per vederlo si era recato a Palermo. Fu Gioacchino Lanza Lampedusa, oggi autore di una nuova edizione del romanzo, a mostrarglielo. Scoprì allora che nel primo dattiloscritto che aveva letto mancavano due capitoli, quello del ballo e uno con protagonista il gesuita Padre Pirrone, e in via di revisione decise di integrarli: «Ho letto riga per riga, parola per parola, tutto il manoscritto e l’ho confrontato con le bozze che nel frattempo mi erano arrivate», spiegò in un’intervista nel 1970 sulGiornale di Sicilia (in Giorgio Bassani. Interviste, a cura di Beatrice Pecchiari e Domenico Scarpa, Feltrinelli). IlGattopardo fu subito un clamoroso caso editoriale, vincendo nel 1959 anche il Premio Strega. «Non lo aveva capito neppure Moravia».
Poi ci sono gli oggetti, la loro forza evocativa: i grandi vasi verdi della casa di via Cisterna del Follo, la piccola piramide di Arnaldo Pomodoro o i disegni che Moravia aveva scarabocchiato durante un convegno. E le porcellane: «Il servizio Ginori col bordo arancio lo usavamo nelle nostre cene con Bertolucci. Ricordo che declamavano Dante a memoria. Uno iniziava con una terzina e l’altro proseguiva». Un consiglio prima di lasciarci: «Vada a vedere la lapide in ricordo degli ebrei della comunità ferrarese, è qui dietro. È quella del racconto Una lapide in via Mazzini. Giorgio è Ferrara».