la Repubblica, 6 maggio 2022
I messaggi di forza di Putin che nascondono le sue debolezze
Quella che sembrava la sparata propagandistica di uno dei tanti “ultras” putiniani, che affollano i programmi della televisione russa dall’inizio della “operazione militare speciale” in Ucraina, è diventata ieri una esercitazione simulata, ufficialmente comunicata dal ministero della Difesa di Mosca: il lancio di missili armati di testate nucleari da Kaliningrad, l’enclave russa tra Polonia e Lituania, accompagnato da “operazioni in condizioni di radiazioni e contaminazione chimica”.
La Russia agita sempre più spesso il fantasma dell’atomica e c’è da chiedersi se così voglia lanciare un segnale di forza o se, invece, cerchi di nascondere la propria debolezza.
Era stato Aleksej Zhuravliov, presidente del partito nazionalista Rodina (Patria, in russo), a brandire la minaccia nucleare in risposta alle dichiarazioni del sottosegretario alla Difesa britannico: il quale aveva definito “lecito” che gli ucraini attaccassero obiettivi in territorio russo “con le armi fornite da noi”.
“Basterebbe un missile Sarmat e le isole britanniche non ci sarebbero più”, aveva replicato Zhuravliov dai microfoni di 60 Minut, uno dei programmi più disinformanti e bellicisti diRossija 1.E le sue parole erano state accompagnate da un grafico che mostrava quanto impiegava un missile con testata nucleare, lanciato (guarda caso) da Kaliningrad, a raggiungere Berlino (106 secondi), Parigi (200), Londra (202).
Ma anche Putin, che pure dovrebbe avere più senso di responsabilità di un esaltato capopopolo come Zhuravliov, non aveva esitato ad alzare il tiro dopo le dichiarazioni del sottosegretario britannico. Aveva parlato di “armi mai viste”, “armi che nessuno può vantare e delle quali noi non vogliamo vantarci”. Ma, aveva minacciato, “le useremo se sarà necessario”.
Non aveva citato esplicitamente le testate atomiche, ma l’allusione era fin troppo chiara. Del resto il suo zelante ventriloquo, il ministro degli Esteri Lavrov, aveva fatto un paio di volte riferimento al rischio di “conflitto nucleare”, che incombeva sull’Europa.
Ora Putin non può non sapere che l’equilibrio del terrore, sul quale si è retta tutta la Guerra fredda e che ha portato leader americani e sovietici a firmare accordi per la limitazione delle testate nucleari, è ancora valido. L’avevano tradotto in un acronimo, “Mad”, che sta per mutual assured destruction(reciproca distruzione assicurata), ma che suona anche come “matto” in inglese. Qualcuno pensa che il presidente russo lo sia davvero: dall’inizio della guerra circolano svariate speculazioni sulle sueinfermità fisiche e debilitazioni mentali. Ma è più probabile che, come dice tutta la sua storia personale e la sua cultura cekista (sinonimo di agente del Kgb), sia un cinico amorale, per il quale il fine giustifica ogni mezzo, inclusa la più bieca e terroristica propaganda. E dunque pronto a gonfiare i muscoli nucleari per nascondere (anche a se stesso) i flaccidi muscoli convenzionali. La guerra non sta andando come Putin aveva creduto, o gli avevano fatto credere. L’offensiva nel Donbass procede molto a rilento e ieri Mosca ha annullato le parate del 9 maggio a Donetsk e Lugansk. Ma quel giorno, dal pulpito della Piazza Rossa dove officierà la commemorazione della “grande guerra patriottica”, il neo-zar deve avere un messaggio di forza da lanciare al popolo russo, prima che cominci a chiedersi perché le bare dal fronte sono sempre più piene e i negozi sempre più vuoti. Se non è una vittoria in Ucraina, almeno sbandierare “armi mai viste”, che possono mettere in ginocchio l’Occidente, più di come l’Occidente metta in ginocchio la Russia con le sanzioni. Occhio per occhio, dente per dente.
Che la minaccia nucleare sia un bluff o no, resta però il fatto che oggi l’Europa è meno sicura di quanto lo sia mai stata dal 1945 in poi. In sei mesi, tra l’ottobre 2021 e marzo 2022, in seguito all’attacco russo all’Ucraina, gli effettivi della Nato ai confini orientali sono aumentati di 10 volte. L’ex cortina di ferro, dal Baltico al Mar Nero, è diventata una cortina di armamenti. Ma, al tempo stesso, sono venuti meno i guardrail che davano certe garanzie di sicurezza. Il trattato sull’interdizione dei missili da crociera, con gittata da 500 a 5.500 chilometri (Inf), è scaduto.
L’accordo Open Skies, che autorizzava Russia e Nato a ricognizioni reciproche, è lettera morta.
I canali di comunicazione sono disabilitati e chi prova ad riattivarli (ultimo, Macron) viene rimbalzato da un muro di niet. L’escalation verbale non ha limiti, neppure l’intoccabile figura del Papa è stata risparmiata. Se la Russia agita la minaccia nucleare, l’America si propone un indebolimento irreversibile della potenza militare russa, come ha detto il segretario alla Difesa Austin, se non un vero e proprio cambio di regime a Mosca. Thomas Friedman, uno dei più rispettati opinionisti della stampa americana, gli ha ricordato il saggio monito di un allenatore della sua squadra preferita di hockey su ghiaccio: “Quando perdi, parla poco. Quando vinci parla ancora meno”.