la Repubblica, 6 maggio 2022
Generali russi uccisi grazie all’intelligence Usa. La rivelazione del New York Times che ha messo nei guai Biden
NEW YORK – C’è l’intelligence americana, dietro all’uccisione di una dozzina di generali russi in Ucraina. La rivelazione del New York Times non sorprende più di tanto, perché era chiaro che l’assistenza militare fornita da Washington a Kiev includesse le informazioni raccolte dai servizi segreti sugli spostamenti delle truppe di Mosca. Quello che colpisce invece è la volontà degli Usa di farlo sapere, perché nonostante le dichiarazioni della Casa Bianca per ridimensionare il proprio ruolo nella morte degli alti ufficiali russi, è presumibile che le varie fonti ufficiali citate dal Times non abbiano parlato solo per iniziativa personale.
Questo segnala un cambiamento nella strategia dell’amministrazione Biden, non solo per sfidare Putin, ma anche per inviargli il segnale che gli americani e la Nato hanno capacità operative superiori alle sue e sono pronti ad usarle. Perciò a Mosca non conviene correre il rischio di allargare il conflitto all’Alleanza. Dunque la sfida aperta ormai prevale sulla prudenza per il timore di reazioni e rappresaglie, perché la convinzione di Washington è che il capo del Cremlino capisca solo la forza. Mostrarla quindi ha lo scopo di aumentare la pressione su di lui, ma anche su chi gli sta intorno nell’apparato militare e di intelligence, e potrebbe contribuire a fermare l’offensiva sapendo che non ha più la possibilità di concludersi con la rapida vittoria immaginata all’inizio della “operazione speciale”.
Secondo diversi “officials” citati dal Times, gli Usa hanno fornito all’Ucraina informazioni usate anche per prendere di mira alcuni dei 12 generali russi uccisi al fronte. Le fonti non sono scese nei dettagli per non rivelare i metodi o le persone usate allo scopo di raccogliere i dati, ma certamente sono stati impiegati i satelliti, dello stato o privati. È noto poi che i militari di Mosca commettono l’errore di parlare con apparecchi o linee non criptate, per mancanza di disciplina o conoscenza della tecnologia, e così vengono facilmente intercettati.
Ciò aiuta non solo a capire cosa fanno, ma anche ad individuare dove sono. A questa “sigint”, cioè lo spionaggio tecnologico, si aggiunge anche una parte di “humint”, ossia quello umano che aiuta a contestualizzare le informazioni. Qui assumono un ruolo più importante gli ucraini, che una volta saputi i movimenti dei reparti russi riescono meglio a capire chi li guida. Un altro aiuto viene dal cattivo funzionamento della catena di comando di Mosca, che essendo molto rigida e piramidale costringe i generali ad avvicinarsi pericolosamente al fronte, allo scopo di risolvere questioni che gli ufficiali inferiori non sono delegati a decidere.
Non tutti i dodici bersagli sono stati colpiti grazie all’intelligence americana. Ad esempio, il recente attacco contro il capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov mentre ispezionava le truppe era stato condotto solo dagli ucraini. Le fonti del Times però hanno confermato che le informazioni americane sono state decisive per l’uccisione di altri generali.
La Casa Bianca ha detto che il giornale è stato irresponsabile a pubblicare l’articolo, ma è evidente che se diversi “officials” hanno parlato, non lo hanno fatto per caso. La portavoce Adrienne Watson ha ammesso il trasferimento dell’intelligence, sottolineando che non viene data agli ucraini «con l’intento di uccidere i generali russi».
Il capo degli Stati Maggiori Riuniti Milley però era già stato esplicito, quando aveva detto al Senato che il Pentagono «ha aperto i rubinetti e dato informazioni significative» a Kiev. Mosca ha risposto con le dichiarazioni alla Tass del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: «Il nostro esercito è ben consapevole del fatto che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i membri della Nato su base continuativa trasmettono informazioni di intelligence e altri parametri alle forze armate ucraine. È ben noto». Quindi ha aggiunto che sommate alle forniture di armi, sono «azioni che non contribuiscono al rapido completamento dell’operazione. Ma allo stesso tempo, non sono in grado di ostacolare il raggiungimento degli obiettivi prefissati per l’operazione militare speciale».
Di sicuro hanno fatto fallire l’offensiva iniziale per conquistare Kiev e l’intero Paese, e ora stanno frenando quella nelle regioni orientali. Gli analisti americani non sono sicuri dei motivi per cui Putin non ha scatenato un’escalation ancora più brutale, ma è possibile che il suo calcolo sia stato influenzato dalla determinata reazione occidentale e dal rischio che comporterebbe allargare la guerra, anche in base alle rivelazioni e gli avvertimenti degli Usa.