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 2022  maggio 06 Venerdì calendario

Intervista a Roberta Metsola


ROMA «Dobbiamo usare questa crisi, per creare finalmente l’Unione dell’energia di cui parliamo da anni: connettere i Paesi oggi staccati dal punto di vista energetico, trovare Paesi terzi affidabili e non ultimo, come ha suggerito il presidente Draghi, stipulare contratti d’acquisto e avere riserve comuni».
E possiamo farlo?
«Ci vogliono leadership e decisioni difficili. Ma non ho dubbi che l’Italia possa essere il leader necessario per questo».
Lo dice al nostro giornale Roberta Metsola, in Italia per una visita di due giorni. Ieri la presidente del Parlamento europeo ha incontrato il capo dello Stato, Sergio Mattarella e i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati. Metsola, che è maltese, ha risposto alle domande in perfetto italiano, che ha studiato a scuola fino a 18 anni: «Ma a Malta guardavamo anche tanta tv italiana. Sono cresciuta con Porta a Porta e il Festival di Sanremo».
Signora Presidente, l’Europa è a un punto di svolta. Dalla Conferenza sul futuro dell’Unione sono emerse proposte interessanti, come l’abolizione del voto all’unanimità o il potere d’iniziativa per il Parlamento europeo. Mario Draghi a Strasburgo ha parlato di un «federalismo pragmatico». Lunedì tocca a Emmanuel Macron. Il Parlamento ha votato la proposta di una legge elettorale europea, che permetterà di eleggere una parte degli eurodeputati con liste transnazionali. Dove ci porta tutto ciò? Finirà con l’ennesima delusione, o questa volta è diverso?
«Abbiamo un’opportunità che non possiamo assolutamente fallire. È un banco di prova per l’Europa, dopo anni nei quali abbiamo preferito non agire, rifugiandoci in una sorta di comoda introspezione invece di guardare cosa succedesse fuori. Ora non c’è alternativa a riconoscere insieme che non siamo stati in grado di prevedere una guerra in Europa e che abbiamo bisogno di politiche comuni della difesa, dell’energia e della sanità. Lunedì presenteremo le conclusioni della Conferenza. Il Parlamento mi ha dato un mandato forte per chiedere una Convenzione che si ponga questi obiettivi. Se lei mi chiede se ciò porterà a un grande cambiamento dei Trattati, io rispondo che siamo pronti e che questo cambiamento non potrà essere un passo indietro rispetto a quanto abbiamo oggi».
Eppure, sulle proposte di riforma, due gruppi politici, “Identità e Democrazia” e “Riformisti e Democratici”, hanno votato contro. Sono gruppi che esprimono forze populiste ed euroscettiche, che per esempio in Francia hanno avuto un risultato record nelle presidenziali e che in Italia potrebbero vincere le prossime elezioni politiche. Per non parlare di Paesi come Ungheria e Polonia. È così sicura che la maggioranza degli europei voglia più Europa?
«Non c’è dubbio che vi sia una crescente narrazione populista, che si alimenta di frustrazioni, mancanza di leadership e buona comunicazione, scarsa trasparenza nei processi decisionali. La mia più grande sfida è colmare il gap tra l’essere eletta in quanto espressione del centro europeista e saper parlare a chi è deluso ed è convinto che la causa dei suoi mali sia l’Europa, anche grazie a quelle forze politiche che danno la colpa degli aumenti dei prezzi dell’energia al green deal. Ma io devo ascoltare i giovani elettori che ci chiedono di essere più ambiziosi sul clima. Ho una scelta: posso sfruttare le frustrazioni, ovvero rispondere ai sogni e alle visioni delle generazioni future. Ma sono sicura che la risposta sia di non ripetere gli errori del passato».
Perché il Parlamento europeo dovrebbe avere più potere nella futura struttura dell’Europa?
«Il Parlamento è riuscito a far sì che ci sia più equilibrio legislativo nel processo decisionale dell’Unione. Essere co-decisori ci ha permesso di tenere più alta la barra delle ambizioni su molti temi. Ora siamo in una situazione nella quale i cittadini ci dicono di fare di più: aiutare l’Ucraina, accogliere più rifugiati, ampliare l’Unione. Se oggi l’Europa ha un atteggiamento diverso rispetto ad altre crisi, è anche grazie a un Parlamento che è stato allo stesso tempo coraggioso e ha saputo interpretare il mandato democratico dei cittadini, con le loro speranze e i loro valori».
Nell’Europa federale del futuro, ci sarà posto per l’Ucraina?
Le sanzioni sono sempre difficili da adottare. Ciò che abbiamo fatto finora è senza precedenti. Il Parlamento
è stato il primo a dire
che dobbiamo raggiungere
la dipendenza energetica zero dalla Russia
«Ogni Paese che condivide i nostri valori e principi e guarda all’Europa come a casa sua, deve trovarci pronti ad accoglierlo. Ognuno ha la sua strada e fa scelte in tal senso. Lo vediamo con gli attuali Paesi candidati. Ma dico anche che un Paese dove il 97% vuole aderire all’Ue e combatte una guerra con quel sogno in testa, non può essere respinto e debba avere la possibilità di andare avanti passo per passo. Sarebbe il peggior segnale possibile se l’Unione gli voltasse le spalle, una volta che quei passi sono stati compiuti».
È giusto smettere di acquistare il petrolio da Mosca?
«Le sanzioni sono sempre difficili da adottare. Ciò che abbiamo fatto finora è senza precedenti. Il Parlamento europeo è stato il primo a dire che dobbiamo raggiungere una dipendenza energetica zero dalla Russia. Ogni Paese ha la sua realtà, alcuni sono più dipendenti di altri. Ma l’obiettivo della dipendenza zero dev’essere la priorità, poiché Mosca ha sfruttato troppo a lungo divisioni potenziali fra di noi. Abbiamo spesso scelto le soluzioni più facili, contro i moniti di quei Paesi membri che confinano con la Russia».
È giusto consegnare armi pesanti a Kiev?
«L’Ucraina sta lottando in Europa per la sua sovranità e integrità territoriale. Se un Paese in quella situazione ci chiede aiuto, sapendo anche che se quell’aiuto non arriva c’è il pericolo che Paesi nostri alleati siano sotto minaccia, allora la mia risposta è decisamente sì»
Ma l’Europa dovrebbe lanciare un’iniziativa diplomatica comune sulla guerra?
«Gli sforzi individuali visti finora non hanno portato a una de-escalation. Sono sposata con un finlandese e loro hanno una certa esperienza sui negoziati con vicini ingombranti e inaffidabili: quando ha visto quei tentativi è stato subito scettico. Ogni sforzo per un negoziato è comunque necessario e una tregua dev’essere la priorità. Ma se il cessate il fuoco si fonda sulla “liberazione” di Mariupol da parte dei russi, allora non ci sto. Negoziato non è quando il fuoco è puntato in una direzione».
Lei ha quattro figli. Come fa a conciliare il suo incarico con la famiglia? E l’Europa fa abbastanza per consentire a milioni di donne ad essere contemporaneamente leader nel loro campo e madri?
“Ci sono differenze notevoli da Paese a Paese. In alcuni Stati dell’Unione c’è un’assenza vergognosa di donne in politica. Inoltre, il Covid ha avuto conseguenze negative sproporzionate per le donne, sul piano dell’occupazione. C’è un nuovo tipo di povertà di genere. Abbiamo troppo a lungo sottostimato il ruolo che possono svolgere le donne ovunque e a ogni livello. Ma come politici dobbiamo non solo parlare di questi problemi, bensì risolverli. Spero di finire il mio mandato avendo reso le cose un po’ più facili per le donne. Quanto alla conciliazione, penso che se fossi stata uomo lei non mi avrebbe rivolto la stessa domanda».
Obiezione fair.
«Ho un grande supporto sul fronte familiare, con genitori, suoceri e un marito molto collaborativi. I miei ragazzi, tra 5 e 14 anni, sono abituati a una madre che fa campagna elettorale, viaggia e spiega loro cosa fa. Non è facile. Ma sono molto bravi».