1 aprile 2022
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Biografia di Camille Paglia (Camille Anna Paglia)
Camille Paglia (Camille Anna Paglia), nata a Endicott (New York, Stati Uniti) il 2 aprile 1947 (75 anni). Antropologa. Sociologa. Saggista. «Femminista eretica, lesbica, contrarian e libertaria» (Giulio Meotti). «Nel secolo scorso sono stati gli elettrodomestici inventati dagli uomini e diffusi dal capitalismo a liberare le donne dalla fatica quotidiana» • «La mia visione del mondo è totalmente frutto della cultura italiana» (a Camilla Tagliabue). «I miei quattro nonni e mia madre sono nati in Italia. Molti immigrati partivano da Ceccano, il paese di mia madre, vicino a Frosinone, per andare a lavorare nelle fabbriche di scarpe Endicott-Johnson, nello Stato di New York. […] Il mio interesse per l’arte è nato in chiesa: le prime opere che ho visto sono state le meravigliose statue e le vetrate della chiesa di Sant’Antonio di Padova, a Endicott, nello Stato di New York. È lì che sono stata battezzata» (a Mattia Ferraresi). «Anche se proletari – uno era barbiere, l’altro operaio in una fabbrica di scarpe –, i suoi nonni l’allevarono nel culto per l’estetica. “La parola più usata a casa mia era ‘bello’, in tutte le sue applicazioni: dalla cucitura di un abito a un cestino fatto a mano. La loro casa era piena di miniature, dalla basilica di San Pietro al David di Michelangelo, e tutti conoscevano la lirica. Una passione, mi spiegarono, che in Italia accomuna ricchi e poveri”» (ad Alessandra Farkas). «Mio padre era un sostenitore del pensiero indipendente. Reduce dalla Seconda guerra mondiale, fu lui a insegnarmi a difendermi nel caso venissi attaccata fisicamente. Ero la primogenita, e mi trattava come il maschio che avrebbe voluto. […] Anche l’amore per la cultura è nel Dna. Papà è stato l’unico dei suoi dieci fratelli a laurearsi, diventando docente di Lingue romanze. Suo padre, barbiere, aveva la passione per i libri di diritto. La nostra dedizione per il sapere viene anche dalla religione cattolica. Tra i parenti annoveriamo una suora, un prete, un vescovo di Avellino e un sagrestano in Vaticano. […] Essere ragazzina come lo sono stata io negli anni Cinquanta era spaventoso. Volevo suonare la batteria, indossare i pantaloni, giocare a basket: tutte cose vietate alle bambine». «Camille era una studentessa eccezionale e trascorreva la maggior parte del suo tempo libero in biblioteca. Già da bambina, Paglia divenne nota per i suoi scherzi, incluso l’aver fatto esplodere un gabinetto esterno quando si trovava in un campo estivo» (Joyce D. Duncan). «Quando Camille Paglia era una “odiosa adolescente” di 15 anni, ebbe quello che definisce “questo enorme litigio con una suora” nel Nord dello Stato di New York. […] “Il giovedì pomeriggio eravamo lasciati liberi dalla scuola per il catechismo”, e l’adolescente Camille pose una domanda: “‘Se il perdono di Dio è senza fine’, chiesi alla suora, ‘è possibile che egli un giorno, in futuro, perdoni anche Satana?’”. La suora – una rigorosa cattolica irlandese priva di ogni “residuo pagano” della cultura italiana della Paglia – “diventò rossa come una barbabietola. S’infuriò così tanto da rimproverarmi davanti a tutti per aver anche solo fatto quella domanda”. Quello fu il giorno in cui la Paglia abbandonò la Chiesa cattolica. Ma non fu l’ultima volta che fece una domanda imbarazzante, perfino incendiaria» (Tunku Varadarajan). Oltre all’amore per la cultura assimilato in famiglia, «le sue ispirazioni giovanili furono […] Simone de Beauvoir (“Il secondo sesso, che lessi nel ’63, cambiò la mia vita”), Amelia Earhart e Katharine Hepburn. “Andavo tutti i giorni in biblioteca per cercare materiale su di loro e scoprii che negli anni ’30 c’erano femministe indipendenti molto più libere rispetto alla mia generazione, che non poteva indossare pantaloni e doveva stare a casa e far figli”. Quando il manifesto femminista La mistica della femminilità fu pubblicato, nel ’63, la Paglia restò fredda. “Capii di non dovere nulla a Betty Friedan, perché il femminismo che aveva ispirato me, quello degli anni ’30, era meno vittimistico e più propositivo. Hepburn e Earhart non facevano la lagna né imputavano agli uomini tutte le colpe della Terra”» (Farkas). «Mentre frequentava l’Università dello Stato di New York a Binghamton, iniziò una serie di saggi sull’ambiguità sessuale, che avrebbero costituito l’intelaiatura della sua successiva dissertazione e del più ampio saggio Sexual Personae (1990). […] Lavorava alla rivista letteraria del college e conseguì il baccalaureato summa cum laude con i più grandi onori in Inglese nel 1968. Paglia entrò alla scuola di specializzazione in Filosofia della Yale University, dove a suo dire era l’unica studentessa dichiaratamente lesbica del corso. Mentre proseguiva i suoi studi, iniziò la sua polemica tuttora in corso contro molte delle ben note femministe dell’epoca, incluse Rita Mae Brown e Kate Millett» (Duncan). «Paglia […] è stata […] la “femminista dissidente” che elogiava la forza vitale della pornografia, difendeva la prostituzione (“la prostituta non è la vittima dell’uomo, come dicono le femministe, ma la sua conquistatrice”) e metteva lo spogliarello nel genere della danza sacra, con le offerte votive infilate negli slip. […] Quando era una studentessa ha mosso mari e monti per convincere Susan Sontag, nume tutelare del femminismo, a tenere una conferenza nel suo college, e ha capito la vacuità del pensiero della sua eroina quando questa si è messa a leggere un “racconto noioso e sconfortante che non voleva dire nulla”» (Ferraresi). «Le femministe storiche la considerano da sempre una sorta di spina nel fianco. “Sono state loro le prime a farmi la guerra, ignorando che un giorno, da brava italiana, mi sarei vendicata. Nel 1970 cercai di unirmi al movimento, ma fui respinta perché misi in discussione la sua ortodossia dogmatica. Quando, durante un collettivo a New Haven, osai dichiarare che amavo Under My Thumb dei Rolling Stones, scoppiò il pandemonio. Per me quella canzone è un’opera d’arte, per loro un’eresia sessista. L’approccio all’arte delle femministe è simile a quello di nazisti e stalinisti”» (Farkas). «Con la laurea magistrale in mano, nel 1971, Paglia intraprese il corso di dottorato grazie alla Woodrow Wilson Fellowship, con Harold Bloom, intellettuale famoso a livello nazionale, come coordinatore della sua dissertazione e mentore. Grazie alla raccomandazione di Bloom, le fu offerto un posto da insegnante al Bennington College, dove lavorava mentre otteneva i requisiti per il diploma. Dopo essersi scontrata coi colleghi in merito alle teorie universitarie […] ed essere stata accusata di aver ingaggiato scazzottate coi suoi studenti, la Paglia si dimise da Bennington nel 1980» (Duncan). Docente sin dal 1984 di Studi umanistici e dei mezzi di comunicazione presso la University of the Arts di Filadelfia (fino al 1987 denominata Philadelphia College of Performing Arts), la Paglia divenne celebre nel 1990, quando Sexual Personae. Arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson (Einaudi, 1993) «fu pubblicato dalla Yale University Press dopo essere stato rifiutato da sette altri editori. Il primo dei due volumi, composto dai suoi saggi precedenti e dalla sua dissertazione di 450 pagine, esaminava le rappresentazioni sessualmente ambigue apparse nella storia dell’arte e della letteratura, che lei chiamava “unioni psichiche” tra il maschile e il femminile» (Duncan). «Sexual Personae […] fu tacciato di essere “pericoloso”, “reazionario”, “infame”, perché metteva in discussione il femminismo mainstream e all’amorale gay postmoderno Michel Foucault preferiva i gay umanisti alla Walt Whitman e Oscar Wilde» (Meotti). «Quello stesso anno, pubblicò un editoriale in cui elogiava la cantante pop Madonna in quanto “vera femminista”, che “rivela il puritanesimo e l’ideologia soffocante del femminismo americano, bloccato in un lagnoso atteggiamento adolescenziale”» (Varadarajan). «Camille Paglia diventò l’intellettuale-contro (“una provocatrice”, preferisce definirsi lei) più gettonata degli anni Novanta su entrambe le sponde dell’Atlantico» (Farkas). «Sexual Personae […] andò sufficientemente bene da meritare una seconda edizione e una successiva versione tascabile. […] Divenne gradualmente un best seller, venendo anche richiesto dalla televisione. Quando furono pubblicati il suo secondo e il suo terzo lavoro, Sex, Art and American Culture: Essays (1992) e Vamps and Tramps (1994), il nome della Paglia era tanto noto da assicurare loro un immediato successo. La Paglia continuò a scrivere, insegnare e tenere conferenze. […] È stata editorialista per Salon.com e collaboratrice della rivista Interview» (Duncan). Tra i suoi ultimi libri Seducenti immagini. Un viaggio nell’arte dall’Egitto a Star Wars (il Mulino, 2013), scritto «“per spiegare al grande pubblico che non è vero, come vorrebbero dare a bere gli arroganti e furbissimi addetti ai lavori, che l’arte è un’astrusità inavvicinabile”. […] La colpa secondo la Paglia è della sinistra, che dopo il ’68 “stravolse la definizione di arte”. “Bellezza ed estetica vennero accantonate e la storia dell’arte occidentale fu denunciata come una cospirazione sessista, omofobica e razzista. Michelangelo e il maschio europeo bianco furono gettati alle ortiche”. Al loro posto, sostiene la scrittrice, fu alzata la bandiera della politica. “Nell’America post ’68 l’unica arte buona era quella con un messaggio”» (Farkas). «Il verdetto è impietoso: “L’avanguardia è morta”, insieme al “cinico e beffardo gioco postmoderno o post-strutturalista… Il mio metodo di analisi è completamente all’opposto. Io credo ancora nell’entusiasmo, nella spiritualità, nella visione, nell’estasi!”» (Tagliabue). Nell’aprile 2019 la Paglia «ha dovuto affrontare una vera rivolta dei suoi studenti. L’ala più radicale ha chiesto il suo licenziamento giudicandola poco solidale verso #MeToo, il movimento che ha denunciato le violenze sulle donne, e per un’intervista a Weekly Standard, una rivista culturale della destra americana, nella quale alcuni hanno letto una posizione discriminatoria di Camille nei confronti dei transgender. Accusa curiosa, forse alimentata da dogmatismo ideologico, visto che la stessa Paglia si considera una trans (“Non mi sono mai sentita donna, e nemmeno uomo, salvo quando, a Halloween, mi travesto da torero, centurione romano o Napoleone”). La richiesta di licenziamento è stata respinta a maggio dal presidente dell’università, David Yager, in nome della libertà di pensiero e dell’assenza di censure che deve distinguere il mondo accademico, luogo di discussione e confronto anche sui temi più controversi» (Massimo Gaggi) • «Paglia è passata in mezzo a tutte le fasi della guerra del politically correct. Faceva il primo anno di università nello Stato di New York quando gli studenti di Berkeley guidati da Mario Savio manifestavano per la libertà di parola, gettando i semi della controcultura: in tasca aveva sempre una copia di Howl (“la mia bibbia”, dice), il poema di Allen Ginsberg censurato per oscenità. […] Nei primi anni Novanta, quando il politicamente corretto si è coagulato in un sistema di regole per lo più non scritte, diventando convenzione dopo essere stato pulsione, la femminista contromano era sulla copertina del New York Magazine con uno spadone medievale davanti al Museo d’arte di Philadelphia: una “woman warrior” a presidio della libera cittadella della cultura contro gli attacchi del politicamente corretto”» (Ferraresi). «Il progressismo degli anni Cinquanta e Sessanta esaltava le libertà civili, l’individualismo e il pensiero e il discorso critico. Ma il progressismo di oggi è diventato grottescamente meccanicistico e autoritario: si tratta di ridurre gli individui a un’identità di gruppo, definire quel gruppo in termini di vittime e negare agli altri il loro diritto democratico a sfidare quel gruppo e la sua ideologia. La correttezza politica rappresenta l’istituzionalizzazione fossilizzata di idee rivoluzionarie un tempo vitali, che sono diventate semplici formule ridondanti. È repressivamente stalinista, dipendente da una burocrazia labirintica e parassitaria per far rispettare i suoi dettami vuoti» (a Jonathan V. Last) • Genitore adottivo del figlio avuto nel 2002 dalla sua ex compagna, l’artista digitale Alison Maddex, insieme alla quale l’ha cresciuto anche in seguito alla conclusione della loro relazione, avvenuta nel 2007 • «Ho dichiarato il mio ateismo nel 1990, […] quando il mio primo libro mi ha catapultata sulla scena pubblica, ma ho un rispetto enorme per la religione, che considero una fonte di valore psicologico, etico e culturale infinitamente più ricca dello sciocco e mortifero post-strutturalismo, che è diventato una religione secolarizzata. Una volta ho anche scritto “meglio Geova di Foucault”. […] Anche se sono atea, sono religiosa. Vedo il mondo come lo vedevano i filosofi del “sublime” nel diciottesimo secolo: sento il timore e lo stupore per la bellezza della natura, per la sua potenza, per la sua grandezza» (Ferraresi). «L’umanesimo laicista ha fallito» • «Mi piace chiamare la mia corrente “critica psichedelica”, anche se non ho mai provato Lsd: sono stata profondamente influenzata dal rock psichedelico, con le sue distorsioni mistiche» • Storica sostenitrice del Partito democratico e dei Verdi, ha però manifestato molto più disprezzo per Hillary Clinton («una donna senza credenziali che ha costruito la sua intera carriera a ricasco del marito») che per Donald Trump («rozzo, disinformato, ma anche intuitivo, esuberante»). «La mia posizione di libertaria è che lo Stato non ha il diritto di intervenire in qualsiasi questione che coinvolga la nostra scelta personale sul nostro corpo. Quindi la prostituzione, l’aborto, il consumo di droga e il suicidio sono al di là della legittima portata del governo» (ad Alessandro Mercuri). «Se la sinistra continua ad accusarla di essere una “neocon travestita” per avere messo in dubbio, tra l’altro, l’effetto serra e la natura innata dell’omosessualità, la destra l’ha scomunicata per aver difeso droga, prostituzione, feticismo e pornografia» (Farkas) • Abortista non ipocrita. «Anche se io sono atea, […] riconosco la superiore bellezza morale della dottrina religiosa che difende la sacralità della vita. […] Chi rappresenta l’umanesimo più autentico in questo campo, il Catechismo cattolico o il femminismo pro-choice? […] La violenza intrinseca all’aborto non può essere scacciata da un pensiero magico. Come ho scritto: “L’aborto contrappone il più forte al più debole, e solo uno sopravvive”. […] Un credo liberal che è variamente contrario alla guerra, contrario alle pellicce, vegano e impegnato nella protezione ambientalista delle specie a rischio come il gallo della salvia o l’allocco macchiato non dovrebbe trattenere in maniera così stridente la sua immaginazione e la sua compassione verso il non nato». «Troppo spesso l’educazione sessuale definisce la gravidanza come una patologia, che va curata con l’aborto» • «Sono molto scettica sull’attuale ondata transgender. […] È certamente ironico come i liberal, che agiscono come difensori della scienza quando si tratta del riscaldamento globale (un mito sentimentale non supportato dalle prove), rifuggano ogni riferimento alla biologia quando si tratta del sesso. La verità biologica cruda è che i cambiamenti sessuali sono impossibili. […] In una democrazia, tutti dovrebbero essere liberi da molestie e abusi. Ma, allo stesso tempo, nessuno merita diritti speciali, protezioni o privilegi in base alla propria eccentricità». «I fenomeni transgender si moltiplicano e si diffondono in fasi “tardive” della cultura, religiose e politiche. Le tradizioni familiari si indeboliscono e le civiltà iniziano a cadere. Quando una cultura comincia a decadere, c’è una inflorescenza di fenomeni transgender. Questo è un sintomo del crollo culturale. […] Nulla definisce meglio la decadenza dell’Occidente del transessualismo. […] I codici morali sono la civiltà. Senza di essi saremmo sopraffatti dalla caotica barbarie del sesso. […] Come è successo che tanti giovani oggi si definiscono solo per l’identità sessuale? Una cultura puramente laica rischia, paradossalmente, di favorire l’ascesa dei fondamentalisti, che promettono minacciosamente di purificarla» • «Sono una femminista dell’equità: cioè, chiedo pari opportunità alle donne attraverso la rimozione di tutti gli ostacoli alla loro avanzata in ambito professionale e politico. Tuttavia, mi oppongo a protezioni speciali per le donne come intrinsecamente paternalistiche e regressive. […] Quello che vedo diffondersi tra le donne della classe media professionale è un aspro risentimento nei confronti degli uomini, che in molti casi è ingiusto e mal riposto» (a Claire Lehmann). «Rivendico la differenza di ruolo. Che società è quella in cui l’uomo non si distingue dalla donna per quello che fa?» (a Dario Pappalardo). «Lasciare il sesso alle femministe è come andare in vacanza lasciando il tuo cane a un impagliatore» • «Finché gli artisti non recupereranno la propria spiritualità, l’arte non rivivrà. Per me l’arte è una religione, una filosofia che ho appreso da Baudelaire e Oscar Wilde. Ma nel mondo artistico “religione” suona come una parola blasfema: questo è il motivo per cui gran parte dell’arte contemporanea è vuota e insensata» (Tagliabue). «Ricominciamo dagli Egizi, dalla Grecia classica. Ridiamo dignità agli archeologi, che fanno un mestiere molto più complesso di tutto quello che ha scritto Foucault. Riprendiamoci il senso della nostra storia». «Non possiamo capire cosa sta succedendo senza tornare alle nostre radici culturali e ricostruire un senso di rispetto per la religione» • «Se gli uomini sono obsoleti, le donne si estingueranno presto, a meno che non ci precipitiamo lungo quel minaccioso sentiero del nuovo mondo in cui le femmine si cloneranno per partenogenesi, come fanno notoriamente i draghi di Komodo, gli squali martello e le vipere».