6 aprile 2022
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Biografia di Gerhard Schröder (Gerhard Fritz Kurt Schröder)
Gerhard Schröder (Gerhard Fritz Kurt Schröder), nato a Mossenberg-Wöhren (Blomberg, Renania Settentrionale-Vestfalia, Germania) il 7 aprile 1944 (78 anni). Politico. Ex cancelliere federale tedesco (1998-2005). Ex presidente del Partito socialdemocratico di Germania (Spd) (1999-2004). Avvocato. «L’esempio della Germania mostra quali effetti positivi possano avere le riforme favorevoli all’economia di mercato. Oggi la Germania gode di una buona condizione economica, ma questa non è il risultato delle politiche di Angela Merkel: è grazie alle riforme introdotte dal suo predecessore, Gerhard Schröder, se le performance del Paese sono positive» (Rainer Zitelmann). «Guidare un Paese significa avere il coraggio di prendere decisioni che sono necessarie anche a costo di non essere rieletti» • «Spesso gli uomini politici hanno alle spalle un’infanzia e un’adolescenza in un buon ambiente borghese. Schröder no, e per questo è un lottatore nato. Viene da condizioni di estrema povertà, quasi sottoproletarie, da una vita cominciata ai gradini più bassi della scala sociale. Il padre morì in guerra, e la madre, un’umile domestica, decise di crescere da sola i quattro figli. Non avevano un soldo, nemmeno per pagare le spese scolastiche. Il giovane Schröder dovette sgobbare in un’officina meccanica per pagare studi serali» (Peter Schneider). «“Ho sofferto da bambino”, ricorda. […] Non c’erano soldi, spesso bussava alla porta l’ufficiale giudiziario: “Decisi di diventare avvocato perché seguivo Perry Mason. Volevo vincere sempre come lui”. Giocava a calcio da mediano, un picchiatore alla Gattuso: lo chiamavano Acker, come dire lo zappatore. Se vinceva, come premio partita chiedeva una bistecca» (Roberto Giardina). «Quando era ancora un adolescente, Gerhard ha lavorato come venditore in un negozio di ferramenta, poi in uno di porcellane, e ha conseguito la maturità e la laurea in Giurisprudenza frequentando una scuola serale» (Schneider). «Prende la laurea a pieni voti, mentre fuori infuria il Sessantotto, che non lo vede in piazza: “Studiare era un privilegio così grande, che non potevo immaginare di rinunciare anche a una sola lezione”. L’impegno nei giovani socialdemocratici e l’“impressionante volontà di potere” mostrata dal giovane Schröder, di cui parla nelle sue memorie l’ex leader della Spd, Hans-Jochen Vogel, trovano radici proprio nel bisogno esistenziale di salire sempre più in alto e riscattare l’umiltà delle origini. Un bisogno del quale Schröder non si vergogna: “So da dove vengo e a chi appartengo”, ha sempre ripetuto a chi gli rinfacciava la fama di “compagno dei padroni”» (Paolo Valentino). «Quando a 18 anni decise di entrare negli Jusos, la gioventù socialdemocratica, non lo fece spinto da motivazioni ideologiche, ma dalla sua ammirazione per Helmut Schmidt. Il futuro cancelliere allora era ministro del governo regionale di Amburgo, e si distinse nell’organizzazione dei soccorsi all’alluvione che aveva colpito la città. In quell’ammirazione per Schmidt c’era un’idea pragmatica, non ideologica, per la giustizia sociale e la politica. Una volta disse di trovare divertente il fatto che molti lo definivano un ex sessantottino. “Ero, sì, nella gioventù socialdemocratica, ma per fortuna avevo il ruolo di contabile. Non partecipavo alle lezioni di marxismo”» (Schneider). «Già allora Schröder si presentava come uomo votato alla pratica. Simpatizzava per la socializzazione dei mezzi di produzione secondo il modello jugoslavo, la cui parola d’ordine era “democrazia delle ruote”, ma fin dall’inizio si dedicò alle questioni logistiche della ribellione: le pubbliche relazioni e la cassa» (Schneider). «Nel 1978 è capo degli Jusos, i giovani socialisti, nel 1980 entra in Parlamento, si batte contro gli euromissili, è per il dialogo con l’Urss» (Giardina). «Una notte del 1982, giovane deputato socialdemocratico di Hannover, la polizia lo trovò alticcio, aggrappato all’inferriata della cancelleria di Bonn, mentre gridava: “Voglio entrare qui dentro!”» (Valentino). In seguito, «Schröder è diventato […] nel 1986 presidente della Spd nella Bassa Sassonia e nel 1990 è riuscito a guidare la Spd del Land alla vittoria, interrompendo così il lungo dominio della Cdu. In questo periodo è diventato famoso grazie a due talenti apparentemente inconciliabili: i rapporti privilegiati con gli imprenditori – la Bassa Sassonia è la patria degli stabilimenti Volkswagen – e l’apertura nei confronti della politica ambientale dei Verdi, con i quali ha formato la prima coalizione di governo rosso-verde a livello di Land» (Schneider). «Nella Spd rimane tuttavia sempre un alieno, poco amato dalla base, che preferisce rimpiangere Willy Brandt e perdere con Oskar Lafontaine piuttosto che farsi ispirare da Helmut Schmidt e vincere con Gerhard Schröder. Ma il tempo e lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, sono dalla sua parte. […] Il 27 settembre 1998 l’orfanello di Mossenberg spodesta Helmut Kohl, il padre della riunificazione, e diventa cancelliere federale» (Valentino). «C’è un noto aneddoto sulla sua giovinezza. Una volta vennero sfrattati, lui portò in braccio la madre disperata e le promise che un giorno sarebbe venuto a prenderla a bordo di una Mercedes. Poco dopo la vittoria elettorale del 1998, andò a trovare la madre a bordo di un’enorme limousine di Stato, e le disse: “Vedi, adesso sono diventato cancelliere”» (Schneider). «Chiusa l’epoca Kohl, la Germania anno zero di Schröder assomiglia a una vettura ingolfata. Dopo decenni di boom costante, l’ex Repubblica Federale dell’Ovest è un Paese dissanguato dai costi (1.500 miliardi di Euro) della fusione con l’arretrata economia della Ddr, e sempre più spesso Germania e Giappone si trovano a condividere lo stesso malaugurante giudizio: due ruggenti economie figlie del dopoguerra entrate ormai in una spirale di declino irreversibile» (Cesare Alemanni). «Il tasso di disoccupazione era dell’11,3% e oltre 4,7 milioni di persone erano senza lavoro. Dopo la stagnazione del 2002, nei primi mesi del 2003 il prodotto interno lordo era addirittura calato. Il fondo pensionistico statale era vicino al collasso a causa dei drastici cambiamenti demografici, i consumi privati stavano diminuendo mentre i costi salariali accessori aumentavano. Gerhard Schröder capì che era urgente affrontare questi problemi. […] In quattro anni di “chiacchierate con la nazione”, Schröder ha tentato di spiegare le sue proposte di riforma ai datori di lavoro e ai sindacati. Tuttavia, i leader sindacali sono rimasti ostinatamente recalcitranti. […] Stanco delle incessanti richieste dei sindacati per aumentare le tasse sui redditi più alti, accrescere la spesa pubblica e adottare un piano di investimenti pubblici da miliardi di euro, Schröder perse la pazienza e rispose duramente alle critiche del leader sindacale Frank Bsirske durante un discorso tenuto il 3 marzo 2003: “Queste sono le più stupide idiozie che abbia mai sentito”. Meno di due settimane dopo, il 14 marzo 2003, Schröder presentò al Parlamento tedesco le sue proposte, contenute nell’“Agenda 2010”, in un discorso di 90 minuti: “Dovremo ridurre le prestazioni sociali, premiare l’iniziativa individuale e aspettarci che ogni persona sia più intraprendente”. […] L’Agenda 2010 di Schröder venne progettata per correggere lo squilibrio esistente tra il sistema di welfare e l’economia di mercato, allentando le norme che proteggevano i dipendenti dal licenziamento arbitrario e riducendo i benefici di altri lavoratori. La nuova indennità di disoccupazione fu limitata a dodici mesi, mentre l’indennità per le persone in cerca di lavoro fu abolita. Allo stesso tempo, vennero applicate linee guida più rigorose per determinare se un’offerta di lavoro fosse ragionevole o meno. Le protezioni per il lavoro furono allentate e abolite le norme per le professioni specializzate. Tutto ciò si sommava ai tagli alle tasse per cittadini e imprese che il governo di Schröder aveva già introdotto. Tra il 1999 e il 2005, l’aliquota fiscale massima venne gradualmente ridotta dal 53% al 42%. Come accaduto in altri Paesi per simili tentativi di riforma di sistemi di welfare particolarmente generosi, l’Agenda 2010 di Schröder ha incontrato una forte resistenza, non da ultimo nei ranghi dello stesso partito del cancelliere e dei sindacati, che hanno visto le riforme come un attacco ai diritti dei lavoratori guidato dalle forze del “neoliberismo” o del “liberismo selvaggio”. Tuttavia, nel medio termine tali riforme si sono dimostrate estremamente efficaci e hanno contribuito a ridurre la disoccupazione in tutta la Germania di oltre il 50%: dall’11,3% nel 2003 al 5% nel 2019. In parte, ciò è stato ottenuto migliorando notevolmente la capacità della Germania di godere del proprio vantaggio competitivo nel mercato globale, che si è tradotto in un aumento del Pil da 2.130 miliardi di euro nel 2003 a 3.440 miliardi di euro nel 2019» (Zitelmann). In quanto alla politica estera, Schröder «dice “no” alla guerra di Bush in Iraq, insieme con il francese Chirac. Una ribellione che gli americani non perdonano. Antieuropeista da giovane, si batte per l’allargamento della Ue all’Est: non c’è Europa senza la Polonia, dichiara. I polacchi lo amano ancora, anche se oggi è il miglior amico di Putin, che loro odiano» (Giardina). «Nei sette anni con Schröder alla guida della coalizione rossoverde al potere, la Germania è stata l’unico grande Paese occidentale che ha osservato una totale astinenza dalla critica sulla politica imperiale e autoritaria della Russia di Putin. Silenzio totale sui crimini contro l’umanità perpetrati dall’Armata russa in Cecenia, silenzio dell’allora cancelliere Schröder a una conferenza stampa congiunta con Putin in Germania, quando il presidente russo al suo fianco disse “Non c’è guerra in Cecenia: tutto a Groznyj è normale”. Peggio ancora: Schröder, in un’intervista, è diventato per sua scelta l’unico statista occidentale a definire “regolare e conforme ai principi del diritto” il processo a Michail Chodorkovskij, l’imprenditore avversario politico di Putin condannato a dieci anni di gulag» (Andrea Tarquini). «Poco prima che lasciasse l’incarico, nel 2005, autorizzò sovvenzioni per circa 1 miliardo di euro […] per finanziare il progetto del Nord Stream, un sistema di gasdotti che, dicono i detrattori, avrebbe relegato la Germania alla dipendenza energetica nei confronti della Russia. Allora, Washington si innervosì non poco per l’“aiuto” offerto da Schröder» (Luca Gambardella). «Lo scotto più drammatico per l’attuazione del pacchetto di Agenda 2010 è stato pagato proprio dagli uomini che lo hanno portato al Bundestag. Per la “sua” riforma, Schröder non ha solo fatto harakiri della sua carriera di cancelliere, ma ha letteralmente spaccato l’Spd, gettandolo in una crisi di consensi e linea politica senza precedenti nella storia del partito più antico di Germania» (Alemanni). «Per fronteggiare la crisi, decide elezioni anticipate nel 2005: con una rimonta straordinaria, da solo contro tutti, quasi ce la fa. Frau Angela lo batte per poche migliaia di voti. […] Nella tradizionale cerimonia d’addio alla cancelleria, prima di passare le consegne a Frau Angela, chiese alla banda militare di suonare per lui My Way» (Giardina). «A fine 2005 fece scalpore la notizia che, diciassette giorni dopo avere lasciato la cancelleria, Schröder diventava presidente del consiglio di sorveglianza di Nord Stream Ag, la società del primo gasdotto per il trasposto del gas russo in Germania. Fatto senza precedenti per un cancelliere tedesco, che lasciava basiti partito e opinione pubblica. Il tempismo avallò il sospetto che avesse lavorato al progetto, e al suo contratto, ancora da cancelliere. […] Quando, in seguito, si parlò di aggiungere due tubature al gasdotto, Schröder fu subito favorevole, e nel 2016 divenne capo del consiglio di amministrazione di Nord Stream 2. Il gasdotto è al cento per cento di proprietà di Gazprom, ma anche del primo, Nord Stream Ag, in funzione dal 2011, il gigante russo controllato dallo Stato detiene la maggioranza. Ne fanno parte anche aziende tedesche, olandesi e francesi. Nel frattempo, sono più del doppio gli anni che Schröder ha lavorato per conto della Russia che da cancelliere. Al primo incarico se ne sono aggiunti altri tre, di cui l’ultimo prossimo al traguardo. Oltre che al vertice degli azionisti di Nord Stream Ag, Schröder è sin dall’estate del 2017 presidente del consiglio di sorveglianza di Rosneft, l’industria petrolifera legata a doppio filo al Cremlino. Poi è diventato presidente del consiglio di amministrazione di Nord Stream 2. E infine, annuncio del 4 febbraio – 58 giorni dopo l’insediamento di Scholz alla cancelleria –, Schröder è candidato a un posto nel consiglio di sorveglianza di Gazprom con strettissimi legami con il Cremlino. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno nel pieno della crisi ucraina. L’incarico nel gigante energetico russo gli è stato offerto su un piatto d’argento coi complimenti di Putin, e secondo le malelingue sarebbe una polpetta avvelenata all’indirizzo di Ucraina, Europa e America. L’incarico sarà formalizzato all’assemblea degli azionisti il 30 giugno e Schröder lo assumerà a luglio. […] Quanto guadagni non si sa bene, ma si congettura sia tanto. Secondo indiscrezioni della stampa russa e tedesca, 250 mila euro l’anno solo per l’incarico in Nord Stream Ag e altri 600 mila per quello a Rosneft. Senza contare la pensione e i benefici che gli spettano in patria come ex cancelliere (ufficio, personale, auto di servizio)» (Flaminia Bussotti). «Schröder è sotto attacco in Germania per aver rifiutato di dimettersi dai suoi ben remunerati incarichi, che ne fanno il primo lobbista di Mosca in Europa. […] Nei 17 anni passati da quando, nel 2005, lasciò la cancelleria (annunciando candidamente che da lì in poi avrebbe cercato di “fare soldi”), Schröder è stato regolarmente pronto a difendere le ragioni di Mosca sin dall’annessione della Crimea nel 2014 (ed era arrivato a definire Putin “un impeccabile democratico”)» (Valentino). Del tutto vano, qualora sia effettivamente avvenuto, il tentativo di mediazione (autonomo rispetto al governo tedesco) attribuitogli dalle cronache nel marzo 2022, nell’ambito della guerra russo-ucraina. «Per Scholz, il caso Schröder è peggio che nel 2005: allora, dopo un po’ di polverone, fu liquidato come un suo business affibbiandogli l’appellativo di “Gas-Gerd”. Oggi invece, al suo quarto incarico al soldo di Mosca, l’affare si complica con implicazioni ben più gravi di ordine geostrategico, politico, di fedeltà atlantica e credibilità nazionale. Il sospetto è che Schröder sia il vero cancelliere ombra, tanto che Scholz ha cercato di cavarsela con una battuta: “Se non sbaglio, la Costituzione dice che c’è un solo cancelliere, e quello sono io”» (Bussotti) • «Politico intuitivo e velocissimo ieri, mediatore d’affari brillantissimo oggi» (Danilo Taino) • «Schröder viene dal popolo, e i tedeschi sentono che è sincero, nonostante le contraddizioni, l’amore per gli abiti firmati, i sigari cubani, e le belle donne. È arrivato a cinque mogli. “Ogni volta sono fedele”, commenta con autoironia. […] Il suo partito lo detesta, ma piace ai tedeschi, anche a quelli che mai hanno votato per lui» (Giardina) • Sposato in quinte nozze dal 2018 con l’economista e interprete sudcoreana Kim So-yeon (classe 1970). Genitore adottivo di due ragazzi russi insieme alla quarta moglie Doris Köpf (classe 1963), con la quale è stato sposato dal 1997 al 2018 e insieme alla quale ha cresciuto anche la figlia nata alla donna da una precedente relazione • «Di tutte le poesie di Rainer Maria Rilke che conosce a memoria, Gerhard Schröder non si stancherebbe mai di recitare i versi di Der Panther, La pantera. Dove “il molle ritmo di passi flessuosi e forti” del felino diventa “… una danza di forze intorno a un centro ove stordito un gran volere dorme”. Ma in lui il gran volere non è stato mai stordito, né addormentato. Dai campi di calcio […] a quelli del potere, […] il cancelliere tedesco ha sempre contato su se stesso e sulla sua forza di volontà» (Valentino). «Questa capacità di fiducia tenace, ostinata in se stessi è centrale nell’animo dell’uomo Gerhard Schröder. È insieme il segreto dei suoi successi e il pericolo di sopravvalutarsi per una fede quasi religiosa nella propria forza. Sono tratti di carattere che vengono dalla sua vicenda umana, fin dagli anni difficili nell’infanzia del dopoguerra. […] Il pensiero che tutto quanto si è raggiunto può essere perso in un attimo non lo ha mai abbandonato. Questa storia spiega la sua energia cocciuta, l’ostinata capacità di lottare come un ribelle pronto a tutto anche combattendo a tutto orizzonte e puntando sui tempi lunghi. […] Ha anche una capacità di agire da giocatore d’azzardo, puntando sui rischi. […] È stata anche quell’infanzia difficile a forgiare in lui l’istinto del lottatore che dà il meglio di sé quando si trova con le spalle al muro e riesce ad affrontare ogni avversario. È convinto che senza l’energia di lotta dell’istinto di sopravvivenza non ce l’avrebbe fatta. Non è più solo tattica o metodo di affrontare la vita: è una componente essenziale, costitutiva della sua personalità. Questa dote gli ha dato anche nervi d’acciaio. […] Ha una incredibile capacità di dominare e rimuovere timori, dubbi, angosce, di blindare il suo carattere dalle inquietudini» (Schneider) • «Che cosa la lega alla Russia? “Non l’amicizia col presidente, né il fatto che io abbia adottato due bimbi russi. Il mio rapporto col Paese e la sua gente ha motivi storici. Noi tedeschi siamo stati responsabili della morte di 25 milioni di uomini nell’allora Unione sovietica. La riconciliazione con la Russia è un miracolo. In Russia c’è grande simpatia per noi tedeschi. Mi ha sempre affascinato come sia stato possibile dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale. È un bene prezioso: non dovremmo metterlo a rischio”» (Stefan Aust e Daniel S. Sturm).