Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 14 Giovedì calendario

Biografia di Emma Thompson

Emma Thompson, nata a Londra (Inghilterra, Regno Unito) il 15 aprile 1959 (63 anni). Attrice. Sceneggiatrice. Vincitrice, tra l’altro, di due premi Oscar: uno alla migliore attrice protagonista (1992, per Casa Howard di James Ivory) e uno alla migliore sceneggiatura non originale (1995, per Ragione e sentimento di Ang Lee, ispirato all’omonimo romanzo di Jane Austen). «Tengo i due Oscar che ho vinto nel bagno: mi aiuta a essere realista, a non fare troppi voli pindarici. Fanno male alla salute» • Prima delle due figlie dell’inglese Eric Thompson (1929-1982) e della scozzese Phyllida Law (1932), entrambi attori. «Sua nonna era una riformatrice sociale e fu presa a sassate per le strade di Glasgow per aver distribuito consigli sulla contraccezione. Sua madre […] le ha insegnato soprattutto a restare salda sui propri piedi. Suo padre era così convinto delle doti di quella figliola da credere che sarebbe diventata primo ministro» (Maria Chiara Bonazzi). «“Sono cresciuta a Londra in un’atmosfera bohémien, non eravamo poveri ma nemmeno ricchi”. I suoi genitori? “Erano attori non particolarmente famosi, ma la fama è un discorso complicato, è un fatto del tutto accidentale. Vivevamo circondati da scrittori e registi che parlavano di teatro tutto il tempo”» (Valerio Cappelli). «“Mia madre, per noi figlie, è stata al tempo stesso una mamma e un papà, perché mio padre Eric era malato ed era il ‘bambino adorato’ da accudire. […] I miei ricordi più belli legati al nostro saldissimo legame sono quelli di quando, ragazzina, andavo a vederla recitare all’Open Air Theatre, a Regent’s Park. L’aspettavo in camerino anche per ore, giocando con tutti i suoi trucchi. Già allora, per me, il teatro era un piacere, che lei mi ha trasmesso. Ma la letteratura era la mia passione”. “Di notte – racconta Phyllida – Emma leggeva sotto le coperte, con la pila, facendomi credere di aver spento la luce. Io le ho detto, sin da quando era una bambina-monella, con le dita perennemente macchiate d’inchiostro, che doveva essere indipendente. Lei amava Jane Austen già da ragazza. Sophie, l’altra mia figlia, la prendeva sempre in giro leggendole le storie dei Peanuts”» (Giovanna Grassi). «Mia sorella Sophie, più giovane di me, e io da ragazze dormivamo insieme. Sophie è un’attrice, come me e come mia madre Phyllida Law. Ebbene, alla sera, noi due provavamo testi teatrali e sceglievamo sempre ruoli maschili: ci sembravano più avventurosi. Già allora scrivevo, perché, se recitare è per me un piacere, scrivere è una passione. Inventavo per noi ruoli di uomini. Un errore, che dimostra la mentalità maschilista nella quale le donne vengono cresciute, anche in famiglie anticonformiste come la nostra, dove non sono certo mancati parenti gay. Anni dopo, mi sono presa una rivalsa: ho scritto una pièce per un cast tutto di donne. […] Alla sera, con Sophie e i miei genitori, di fronte alla tv, ci tramutavamo in fan dei Monty Python e ridevamo sino alle lacrime». «Recitavo, studiavo, facevo cinema e teatro off, ma contemporaneamente perseguivo la laurea in Letteratura a Cambridge». A Cambridge la Thompson «entra a far parte della compagnia teatrale d’improvvisazione Footlight. Qui conosce Stephen Fry e, soprattutto, Hugh Laurie, che diventa suo compagno di vita per alcuni anni. […] Dopo la laurea inizia a lavorare in televisione, ma è l’incontro con Kenneth Branagh a cambiarle completamente la vita. I due non solo si innamorano, ma creano un sodalizio artistico eccezionale. A cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, tra tv, palcoscenico e cinema, la coppia è protagonista di opere importanti come Fortunes of War, Enrico V, Ricorda con rabbia, Gli amici di Peter, Molto rumore per nulla, solo per citarne alcuni. Ben presto Emma diventa una delle attrici più ricercate d’Inghilterra» (Sara Sirtori). Fu infatti allora che «il regista James Ivory la scelse per il ruolo che segnò per lei la svolta nel dramma di classe britannico Casa Howard, nei panni della seria e benestante Margaret Schlegel, che inizia una relazione col più altolocato vedovo interpretato da Anthony Hopkins. Vinse un Oscar per la sua interpretazione e ottenne altre due candidature all’Oscar (attrice protagonista e non protagonista) l’anno successivo, per Quel che resta del giorno e Nel nome del padre» (Cara Buckley). «Non contenta, mette a frutto gli studi prestigiosi e scrive la sceneggiatura per l’ennesima versione di Ragione e sentimento: vince così il suo secondo Oscar e ottiene un’altra nomination come migliore attrice non protagonista. È il 1995 e sembra tutto perfetto nella vita della Thompson, ma all’improvviso il matrimonio con Branagh va in pezzi. “Per parlare con mia moglie bisogna chiedere appuntamento ai suoi Oscar”, è il commento sibillino dell’attore e regista, che intanto ha iniziato una storia con Helena Bonham Carter. La fine degli anni ’90 non è un bel periodo per Emma. Ma l’incontro con il collega Greg Wise sul set di Ragione e sentimento (“Il lavoro mi ha salvata. Greg mi ha salvata. Ha raccolto i pezzi e li ha rimessi insieme”, ha raccontato riferendosi alla depressione nella quale era sprofondata) e la nascita dell’unica figlia Gaia la portano felicemente lontano dalle scene per un po’. Il ritorno sulle scene, però, è trionfale: prima Love Actually e Angels in America (2003), poi Harry Potter (dal 2004) e Tata Matilda (2005), quindi An Education (2009), Men in Black (dal 2012) e Bridget Jone’s Baby (2016)» (Sirtori). Tra le sue interpretazioni più acclamate dell’ultimo decennio, quelle di Pamela Lyndon Travers, la creatrice di Mary Poppins, in Saving Mr Banks di John Lee Hancock (2013), di Elise Hampel, la donna che durante la Seconda guerra mondiale insieme al marito Otto disseminò Berlino di messaggi antinazisti dopo aver perso il figlio al fronte, in Lettere da Berlino di Vincent Pérez (2016) e di un giudice in crisi in The Children Act – Il verdetto di Richard Eyre (2017). «Fiona Maye, giudice della Corte suprema britannica, non accetta distrazioni. Ha fatto del suo lavoro e dell’esercizio della legge la sua ragione di vita. Nessuna emozione può distrarla dalla causa. Le emozioni vanno tenute a freno. Lei lo fa. Le nasconde, le dissimula. […] Ma è un silenzio che parla. Che urla. Da tempo non vedevamo Emma Thompson così “in parte”. Così perfetta, così credibile, così vera. Con una recitazione tutta giocata in sottrazione, fatta di dettagli impercettibili, di pause, di sguardi in tralice, di soprassalti trattenuti, di gesti controllati, l’attrice britannica […] dà veramente lezioni di stile. […] La sua bravura, in The Children Act, sta soprattutto nel gioco finissimo del lasciar trapelare le emozioni non rendendole mai completamente visibili, in un ricamo di piccoli smarrimenti e di deragliamenti continui che non mettono in discussione la capacità di controllo razionale del personaggio che sta interpretando. Almeno fino alla scena in cui il ragazzino che lei, con la sua sentenza, ha salvato da una morte certa (è un testimone di Geova, la sua famiglia e la sua fede rifiutavano la trasfusione di sangue di cui aveva bisogno per sopravvivere…) non le fa intuire tutto il terremoto che la sua apparizione e la sua decisione hanno provocato in lui. E allora lei resta lì, come sospesa. Sospesa e sorpresa. Obbligata a fare i conti con una parte di sé che fino a quel momento aveva fatto di tutto per dimenticare. Per addomesticare. Una parte che ora torna. Che affiora. Che non si può più nascondere. E lei, non a caso, ce la fa intravvedere. Recita la sua riemersione» (Gianni Canova). Prossimamente tornerà sul grande schermo con Good Luck to You, Leo Grande di Sophie Hyde, in cui per la prima volta la Thompson si concede un nudo integrale. «Scritto da una donna, Katy Brand, e diretto da una donna, Sophie Hyde, Good Luck to You, Leo Grande racconta gli incontri in una stanza d’albergo della sedicente Nancy Stokes (poi scopriremo il suo vero nome) con un giovane “lavoratore del sesso” (sex worker in originale), interpretato da Daryl McCormack. Lei, insegnante di religione in pensione e vedova da tre anni, ha deciso di scoprire quello che non ha mai provato col marito: un orgasmo. E per questo ha deciso di ricorrere a un professionista del settore, il Leo Grande del titolo. Tutto semplice? Naturalmente no, perché una vita di negazione della propria sessualità non si può cancellare in un paio d’ore, e il film si diverte (e ci diverte) a seguire i dubbi, le paure e le titubanze di Nancy, che Emma Thompson sa restituire con la bravura che tutti le riconoscono. […] Al centro della scena rimane sempre – trionfalmente – Nancy. Capace alla fine di far dimenticare il luogo comune sulla freddezza anglosassone (“niente sesso, siamo inglesi”, si usa dire) con un atto d’amore per il proprio corpo e le sue “esigenze” che il nudo finale, così assolutamente normale, con tutti i segni che si porta dietro l’età, non fa che rendere ancora più forte e significativo» (Paolo Mereghetti). «“Tutti mi ripetono quanto sono stata coraggiosa con questo film sulla sessualità a sessant’anni, cosa che la dice lunga sulle rigide aspettative cui noi donne siamo sottoposte. È questa la sfida di Good Luck to You, Leo Grande”, dice. […] Emma Thompson […] ci ha messo trenta secondi, ad accettare il ruolo. “Non parliamo mai di piacere o vergogna in modo utile: questo è un film che esplora la realtà, non manda messaggi. Sognavo un personaggio così”. […] “Non è stato facile mettermi a nudo in un mondo in cui alle donne viene chiesto di essere magre, in forma, perfette. È la tirannia di sempre, ti chiedono di perdere peso, perdi la fiducia. Nella scena finale il mio personaggio fa qualcosa di incredibile: si guarda allo specchio senza giudicarsi, in modo rilassato. È stata la scena più difficile che ho girato, ma mi sono fidata della regista”» (Arianna Finos) • Dal 2018 è Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero britannico • «Emma ha lottato per farsi una famiglia insieme al marito Greg Wise (il secondo, dopo Kenneth Branagh). Sua figlia Gaia […] è nata quando aveva quasi 40 anni ed è stata concepita tramite la fecondazione artificiale. “È il mio miracolo, ancora oggi mi capita di tornare al ricordo della sua nascita: è come un pozzo da cui attingo forza”. Avrebbe voluto altri figli ma non poteva averne, però Tindy è arrivato lo stesso nella sua vita. Ex soldato bambino in Ruanda, lo hanno accolto in famiglia con un’adozione informale quando aveva 16 anni. Era un adolescente traumatizzato, che veniva da un altro mondo. Non si è trattato propriamente di un’adozione che conquista i titoli dei giornali» (Cristiana Allievi). «Non ho mai capito perché la famiglia deve essere formata solo da persone con legami di sangue. E se in famiglia non siete abbastanza? E se hai bisogno di qualcuno in più?» • «La morte di suo padre quando lei aveva 21 anni ha rafforzato il legame con sua madre e sua sorella Sophie» (Bonazzi). «Vive ancora nel quartiere londinese di Paddington, nella stessa strada in cui è cresciuta da ragazza, vicino ad altri membri della sua famiglia» (Allievi) • «Sono sposata all’idea di avere una vita personale. Quando ne devo fare a meno, per una qualunque ragione, divento irritabile e sto veramente male» • Ha definito il principe Carlo del Regno Unito «un uomo spiritosissimo, oltre che sexy», sostenendo persino che ballare con lui sia «meglio del sesso» • «“Da atea, sono convinta che gli aspetti spirituali della vita siano importanti”. Atea da sempre? “Non c’è religione che non abbia oppresso le donne nel corso della storia, presente incluso. È più complicata di così, ma in primo luogo sono femminista e credo nei diritti delle donne e nell’eguaglianza dei diritti. Quindi non posso simpatizzare con sistemi che regolarmente le opprimono, come fanno tutte le religioni del mondo”» (Silvia Bizio) • «Non voglio morire senza che sia stata raggiunta l’uguaglianza degli stipendi tra uomini e donne» (a Paola De Carolis) • «La politica, l’ho scoperta all’università, mentre studiavo Letteratura a Cambridge. Una delle esperienze di cui vado più orgogliosa è la partecipazione alla campagna di Greenpeace insieme con mia figlia e tanti attivisti per difendere l’Artico e sensibilizzare l’opinione della gente sulla riduzione dei ghiacciai. Dobbiamo consegnare ai nostri figli un mondo più pulito» • «Lei si definisce una attivista sociale, ma ama anche la moda, spesso posa per splendidi servizi fotografici… Come vive le tante contraddizioni che la vita offre? “Con naturalezza. Non è una colpa amare anche la moda, l’apparenza e l’eleganza delle cose. Io, poi, adoro il vintage, cercare abitini, giacche, capotti segnati dal gusto del tempo. Puoi fare molte cose nella vita: precludermene alcune per sciocchi stereotipi è un atteggiamento che non mi appartiene”» (Grassi) • «Forse suona un po’ strano, ma io non conosco la vanità. Le poche volte in cui mi hanno chiesto di apparire come una donna piena di glamour mi sono sempre sentita come una specie di impostore» (a Lorenzo Soria). «Nel corso della sua vita, il premio Oscar non è mai ricorsa a ritocchini. Anzi, è proprio contraria agli interventi di chirurgia estetica. “Non capisco proprio perché si debba fare una cosa del genere a se stessi”, ha spiegato. “Onestamente penso che tagliarsi qua e là per non dare l’impressione di fare quello che si sta effettivamente facendo, ovvero invecchiare – che è una cosa del tutto naturale – sia una forma di psicosi collettiva. Credo davvero che sia una cosa molto strana da fare”. L’ossessione per la perfezione del corpo, aveva spiegato in passato, è stata anche il motivo principale per cui non ha mai voluto trasferiti negli Stati Uniti. “Ma ci pensate?”, aveva scherzato. “Ogni volta che vado a Los Angeles, penso: ‘Oh Dio, sono troppo grassa per vivere qui!’”» (Chiara Dalla Tomasina). «“Hollywood pretende attrici troppo magre. Una forma di sessismo. […] Il mondo dell’intrattenimento può essere crudele. A volte penso che la mia fortuna sia stata di non avere una bellezza convenzionale: una donna è attraente quando resta se stessa”. Lei non ha mai avuto paura di imbruttirsi sul set. “Il massimo, l’ho raggiunto in Tata Matilda: il naso deforme, un’unica arcata sopraccigliare, un dente sporgente. Anche in Lettere da Berlino non scherzavo come invecchiamento precoce”» (Cappelli) • «C’è un libro che davvero ha amato e che ancora è ai primi posti delle sue preferenze?Barnaby Rudge di Charles Dickens, un magnifico romanzo con straordinari personaggi. Ad esempio? Il loquace corvo Grip. Questo è un libro che proprio tutti dovrebbero leggere. Poi, Guerra e pace ha segnato la mia vita. Da ragazza lo leggevo e piangevo, sognavo, viaggiavo. Se i libri, se i film riescono ad avere questo potere, ebbene chi li scrive, chi li dirige può in tutti i sensi considerarsi un artista”» (Grassi) • «Intellettuale, ironica, luminosa e attraente anche se non precisamente bella secondo i canoni più tradizionali» (Fulvia Caprara) • «È “attrice” nel senso etimologico del termine, Emma Thompson: è colei che agisce un’emozione, che la porta avanti, che le dà corpo e voce» (Canova). «La misura della grandezza di Emma Thompson sta nella capacità di conciliare l’alto e il basso, di cambiare registro ed essere sempre “millimetricamente” se stessa: concentrata, profonda, formidabile. […] Gli amici lo chiamano ‘il timbro di Emma’, il superpotere di alzare il livello di un film con la sua presenza. […] Per la ragazza impegnata e piena di talento che “divorava i libri da quando suonava la sveglia al mattino fino al momento di addormentarsi” e si è sempre definita “prima di tutto una scrittrice” l’eclettismo, la forza di trasformarsi e di rappresentare nelle sue sfumature il tourbillon de la vie, dal tragico al buffo, dalla madre coraggio di Lettere da Berlino a Harry Potter e Bridget Jones, è un punto di arrivo, non una tappa intermedia. “Tutto è come uno splendido viaggio”, racconta. […] Alto-altissimo e basso-popolare. Come una cantante di eccezionale estensione vocale» (Paolo Baldini) • «“Mi affascina lavorare con colleghi veterani esattamente come amo recitare con giovanissimi attori. Non ho mai avuto preconcetti o chiusure cinematografiche. Ogni esperienza su un set è utile. Sebbene io mi consideri in primis una scrittrice, recitare è una antica e sempreverde passione. Non sono solo fiera dei premi vinti come sceneggiatrice per Ragione e sentimento o delle mie candidature agli Oscar, dei Golden Globe conquistati. È il mestiere d’attrice che ancora e sempre mi affascina per tutte le occasioni di incontri, culturali e psicologiche che ti offre. […] I film d’evasione mi divertono, ma per me è necessario alternarli a opere d’impegno”. […] A volte lei sembra divertirsi a interpretare ruoli grotteschi… “È una caratteristica degli attori inglesi. Siamo trasformisti, ci piace cambiare personaggio, scegliere ruoli da clown o shakespeariani. In noi non c’è in eccedenza vanità, ma, sempre, una carica di ricerca”» (Grassi) • «Che rapporto ha con la televisione? “Confesso: a casa mia c’è una stanza esclusivamente dedicata alla televisione. Spesso navigo fra Netflix e Amazon per cercare film meritevoli. Quello che proprio non riesco a fare è seguire tutte le puntate di un’unica serie: dopo un po’ mi agito e devo smettere. Però ammetto di aver visto per intero le prime due stagioni di The Crown, una vera fissazione per noi britannici. Chiudo le tende per darmi la sensazione di essere al cinema. E metto il volume al massimo. Anche se è in parte dovuto al fatto che sto diventando sorda e vecchia!”. (Ride)» (Bizio) • «Sono convinta che la vita imiti la letteratura e non viceversa. Per me scrivere è un modo di combinare il quotidiano all’immaginazione e ai valori» • «Adoro mangiare, bere, vivere, amare» • «Mi diverto molto di più oggi sul set rispetto ad anni fa. Penso anche di essere migliorata come attrice».