19 aprile 2022
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Biografia di Jessica Lange
Jessica Lange, nata a Cloquet (Minnesota, Usa) il 20 aprile 1949 (73 anni). Attrice. Due premi Oscar, nel 1983 come attrice non protagonista per Tootsie di Sydney Pollack e nel 1995 come protagonista per Blue sky di Tony Richardson. Ha anche vinto tre Emmy Awatds, cinque Golden Globe, uno Screen Actors Guild Award e un Tony Award.
Vita Famiglia di origini polacche, olandesi e scandinave, figlia di un commesso viaggiatore, Albert John Lange, e di una casalinga, Dorothy Firenze, terza di quattro figli (prima di lei Ann e Jane, dopodi lei George). Ha avuto un’infanzia segnata da continui spostamenti • «Nel 1967 vinse una borsa di studio in storia dell’arte per la University of Minnesota di St. Paul, che abbandonò l’anno successivo per sposarsi con il fotografo Paco Grande, stabilendosi a New York. Tra il 1971 e il 1973 visse a Parigi, dove frequentò la scuola di mimo di Étienne Decroux e fece parte del corpo di ballo dell’Opéra comique. Tornata a New York, lavorò come modella. Notata dal produttore Dino De Laurentiis, interpretò la donna rapita dal mostro nel King Kong di John Guillermin (1976), remake del film del 1933 di Merian C. Cooper ed Ernst B. Schoedsack. La parte che era stata di Fay Wray non le portò fortuna: il film fu stroncato dalla critica e la Lange poté tornare sul set solo nel 1979, quando Bob Fosse la volle per una piccola parte in All that jazz (All that jazz ‒ Lo spettacolo continua)» (Silvia Colombo, Treccani.it) • «Prima del viso tirato e soggetto a speculazioni di ritocchi, prima di conquistare i millennials diventando uno dei volti più noti della serie antologica American Horror Story e poi di Feud, prima di stare seduta alle tavolate organizzate dall’Hollywood Reporter con quell’aria sprezzante di chi sa bene che le attrici intorno a lei stanno raccontando un sacco di fesserie a favore di camera, c’era una ragazza bellissima che dai 17 ai 32 anni visse come una cavalla pazza. Che è un po’ diverso da laurearsi a pieni voti alla Yale Drama School e diventare da subito regina degli accenti stranieri come Meryl Streep. Significa piuttosto abbandonare l’università del Minnesota, sposare un fotografo spagnolo, Paco Grande, e fare vita bohémien a Soho; e da lì raggiungere la città in cui anche senza un soldo si riesce a sembrare inspiegabilmente cool, Parigi: perché Etienne Decroux insegna ancora mimo, e forse anche perché Parigi rimane sempre una buona idea. […] In breve, Paco Grande la trasforma nella sua musa, la veste con abiti di alta moda e ne registra le espressioni. Sono scatti che sembrano polaroid di Andy Warhol ma risultano meno sgranati, sembrano anche foto di Helmut Newton ma sono meno incisi. Quel che è certo è che trattengono e trasudano l’ansia creativa di Jessica. Anche per il fatto di essere la creatura di Paco, e molto poco sé stessa. Un’esperienza di alter ego di cui farà però tesoro tornata a New York, quando tra le lezioni di recitazione di Herbert Berghof, amico di Marlon Brando, e i pochi spiccioli racimolati come mimo a Washington Square, nel 1974 riesce a entrare nella scuderia di Wilhelmina Models. “Avevo sentito che i registi di cinema più che attrici cercavano modelle”, racconta. Passa poco tempo e Dino de Laurentiis chiama l’agenzia per una bellezza che sappia anche urlare in modo convincente: si tratta del remake di King Kong. Qualcuno si ricorda delle sue lezioni di recitazione e spedisce Jessica in California» (Cristiano Vitali) • «Per King Kong cercavo un’attrice da lanciare. Mi mandarono Jessica Lange. Non mi convinse, brutti denti, poco seno. Dopo il provino, il regista John Guillermin mi chiamò: “Dino, questa è una grande attrice”. La convocai nel mio ufficio: “Senti Jessica, se torni da me fra quindici giorni con denti e seno rifatti la parte è tua. Ma ricorda, io negherò sempre di fronte al mondo di averti fatto questa proposta”. Tornò dopo dieci giorni, aveva seguito il mio consiglio. Fu la prima attrice che lanciai negli Usa» (Dino De Laurentiis a Giuseppe Videtti) • «Io ho iniziato male, con quel King Kong tutto sex-appeal e poco altro. Ho quindi dovuto provare me stessa. Dopo quel film nessuno credeva che potessi essere un’attrice seria, e sono stata sottoposta a un duro tirocinio. La fortuna mi ha aiutato, perché i film che feci dopo, in rapida successione, erano molto interessanti. Penso a Il postino suona sempre due volte, Frances, Tootsie, ruoli che costringevano a prendermi seriamente come attrice, al di là della mia presunta bellezza [...] Purtroppo anch’io sono caduta vittima di quel condizionamento, tipicamente americano, che ti porta a non essere mai soddisfatto di quello che hai, perché c’è sempre qualcuno che ha qualcosa di meglio. Anche quando sei al tuo massimo, quando il tuo corpo è forte e il viso è senza rughe, non ti senti del tutto capace di apprezzare la tua bellezza. Colpa dell’industria della moda, delle pubblicità, di tutto quello che non permette alla donna americana di accettarsi per quello che è» (a L’Espresso) • «Il postino suona sempre due volte, versione 1981, contiene molti elementi oggi classici della Hollywood post ’68. Ad esempio, la recitazione di Jack Nicholson e Jessica Lange, 44 anni lui e 32 lei, visti e presi nel periodo del maggior furore erotico ed eretico da Bob Rafelson, il miglior regista della nouvelle vague americana» (Maurizio Porro) • «Andai a trovarla in un motel, in North Carolina, dove recitava in una commediaccia sexy. Era seduta in cucina, a mangiare formaggio e crackers, con due cani attorno. Parlammo un po’. Era seduta con i piedi puntati per terra, senza accavallare le gambe come avrebbe fatto il 90 per cento delle attrici, pensando “questo mi vuole per una parte sexy”. Lei era sexy» (Bob Rafelson) • «Mi sono accorta nel Postino che mi riusciva più semplice l’eccesso della mezzatinta. Più facile l’urlo e il furore della chiacchiera e del sussurro. Forse perché nelle scene davvero emotive ci si apre fino a rivelarsi. Non si recita più» • «Atmosfere languide, spalline lente che scivolano sul seno: Il postino suona sempre due volte fu uno scandalo non solo per il tema trattato, il tradimento, ma anche per alcune scene. Su tutte quella in cui la disinibita, annoiata Jessica e Jack Nicholson fanno sesso sul tavolo in mezzo a chili di farina bianca. L’amplesso fu talmente realistico che per anni prese piede la leggenda secondo cui i due l’avevano fatto davvero. Anni dopo, ospite del Taormina Film Festival, fu la stessa attrice a dichiarare di essersi divertita molto sul set grazie all’attrazione scoppiata con Nicholson. “La macchina da presa – ha raccontato – ha un’intelligenza e sensibilità incredibile. Per me è come una persona che osserva e poi rilascia quello che vuole, la camera ama e odia, è un’entità a sé, così l’ho sempre percepita: un raggio di sole e luce”» (Germano D’Acquisto) • «Dai primi anni Ottanta, oltre a lavorare in televisione e in teatro, ha interpretato alcune commedie, come il delizioso Tootsie, dov’è l’attrice di soap opera di cui si innamora perdutamente Michael (Dustin Hoffman), che si finge donna per poter lavorare in televisione; ma soprattutto film drammatici, come Frances (1982) di Graeme Clifford, sulla tragica vita di Frances Farmer, attrice anticonformista degli anni Trenta e Quaranta, in cui ha recitato per la prima volta a fianco di Sam Shepard (in seguito suo compagno, e con cui avrebbe collaborato altre volte) e per il quale ha ottenuto una nomination all’Oscar. Altre tre nomination le sono state attribuite per Country (1984) di Richard Pearce, sulle dure condizioni di vita dei piccoli agricoltori americani, Sweet dreams (1985) di Karel Reisz, biografia della cantante country Patsy Cline, e Music box (1989) di Constantin Costa-Gavras, in cui è un’avvocatessa che indaga con animo incredulo e turbato sul passato nazista del padre, fino alla tragica decisione di denunciarlo. Nel thriller Cape fear (1991) di Martin Scorsese, è riuscita a fare di un personaggio di secondo piano ‒ la moglie di un avvocato (Nick Nolte) perseguitato da un maniaco (Robert De Niro) ‒ un impasto di dolcezza e nevrosi sotterranee. In Blue sky ha delineato invece con grande forza il ritratto di una donna piena di vita e insofferente a tutte le regole. La Lange ha dato prova anche nei film successivi di un’estrema versatilità: ha interpretato, tra l’altro, la parte di moglie coraggiosa del famoso eroe scozzese nel film Rob Roy (1995) di Michael Caton-Jones, e quella di regina spietata in Titus (1999) di Julie Taymor, dal dramma Titus Andronicus di W. Shakespeare» (Silvia Colombo) • Nel 1998 la rivista Entertainment Weekly l’ha inserita nella lista delle 25 più grandi attrici degli anni Novanta • Nel 2013, a 64 anni, è stata testimonial della linea di cosmetici di Mark Jacobs • Grande successo di pubblico e critica per la partecipazione alla serie antologica America Horror Story, dal 2011 al 2018, in cui ha interpretato una suora, una strega e l’avida direttrice di un circo (ha partecipato alle prime quattro e all’ottava stagione, vincendo un Golden Globe, uno Screen Actors Guild e due Emmy). «Appena qualcuno mi chiede di interpretare una matta, accetto subito. Mi piace l’idea di una persona che si tiene in piedi con un filo. Ho interpretato varie donne pazze, mi piace spingermi ai limiti con personaggi del genere e le possibilità sono infinite, e molto umane. Il mondo del dolore è così profondo» (nel 2016 a Silvia Bizio, a proposito del ruolo della suora Jude in American Horror Story) • Da ultimo vista al cinema nel 2016 in Wild Oats di Andy Tennant e in tv nel 2019 nella serie The Politician • Appassionata di fotografia, ha pubblicato tre raccolte, di cui una con la prefazione di Patti Smith • Vive in campagna: «Ci abito da trent’anni, è il solo posto che sento veramente mio. È una baita in un luogo remoto nelle foreste del Minnesota. Quello è il mio rifugio. Il mio vero rifugio è la mia famiglia, ma quello geografico è questa baita» (a Lorenzo Soria).
Amori Un primo matrimonio nel 1970 con il fotografo spagnolo Francisco Paco Grande, terminato ufficialmente con il divorzio nel 1981. Dal 1976 al 1982 è stata legata al ballerino russo Michail Baryšnikov, da cui ha una figlia, Aleksandra (1981). Dal 1982 al 2009 è stata la compagna dell’attore Sam Shepard, da cui ha avuto due figli, Hannah Jane (1986) e Samuel Walker (1987). «Non ho mai avuto paura di niente finché non sono diventata madre. Non mi spaventano loro, intendo, ma l’idea che a loro possa accadere qualcosa di brutto. Come tutte le madri del mondo» (a Silvia Bizio) • È nonna di due nipoti.
Politica «Ho obiezioni nei confronti dell’amministrazione Bush. A ogni livello, nella politica nazionale e in quella internazionale. Trovo i Bush infingardi, disonesti e pericolosi. Inoltre, dividono i cittadini» (nel 2003 a Lorenzo Soria).
Femminismo «Hollywood è ostaggio del mercato e del maschilismo, che non è solo nel sistema, ma già nel pubblico. Solo un ruolo su quattro è pensato per le donne, e di questi solo il 40% è pensato per le ultraquarantenni. E la percentuale, ovviamente, si riduce sensibilmente se sali sopra i 50 o i 60. Questo dovrebbe far riflettere».