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 2022  aprile 22 Venerdì calendario

Biografia di Milena Vukotic

Milena Vukotic, nata a Roma il 23 aprile 1938 (84 anni). Attrice. Nota soprattutto come la seconda signora Pina in Fantozzi (al cinema) e nonna Enrica di Un medico in famiglia (in tv).
Titoli di testa «Con quella faccia un po’ così – il naso impertinente che punta al cielo, gli occhi da clown, beffardi e malinconici – ha sedotto Fantozzi e Buñuel, Monicelli e Fellini, Risi e Nichetti» (Giuseppina Manin).
Vita Figlia di una pianista italiana, Marta Nervi, fin da bambina ha studiato recitazione e danza classica • E il nome Vukotic? «Da mio padre, le cui origini erano slave, precisamente montenegrine. Strana figura di letterato e diplomatico. Studiò un po’ di musica, venne a Roma e all’inizio entrò nella cerchia dei futuristi. Parlava a volte della sua esperienza con il teatro di Bragaglia. Alla fine, la carriera di diplomatico prese il sopravvento. Ho passato la mia infanzia viaggiando: Londra, Vienna, poi in Olanda e a Istanbul e soprattutto a Parigi che fu la mia città formativa. Coincise con la separazione dei miei genitori. Mio padre se ne andò, fu un addio senza veri traumi. Mia madre aveva
il suo lavoro, necessario per provvedere a tutto. Fui sistemata in un pensionato e mi dedicai alla danza. Anni importanti che arricchirono la formazione artistica. Nel saggio finale al Conservatorio ebbi il primo premio e questo mi consentì di entrare all’Opéra di Parigi» [ad Antonio Gnoli, Rep] • Per sei mesi lavora con Roland Petit, «poi, avendo bisogno di guadagnare, entrai nella compagnia del maestro de Cuevas. Fu un’esperienza meravigliosa che durò tre anni. La compagnia, sotto l’egida di quest’uomo straordinario, per importanza era succeduta ai balletti russi di Diaghilev. E molte stelle come Hightower, Skibine e un giovane Nureyev vi presero parte. Ma quando arrivò Nureyev io non c’ero già più» [ibid.] • Abbandona perché «in Italia la danza era considerata un’arte per pochi eletti, un piccolo mondo chiuso. E anche vagamente pretenzioso» [ibid.] • «Ho studiato anche teatro in Francia. Ho dovuto ricominciare tutto da zero, ma avevo visto La strada di Federico Fellini. Fu un colpo di fulmine. Un incantamento. Io che non sono mai stata sicura di niente fui sicura di volerlo incontrare» [ibid.] • E ci è riuscita? «Sì. All’appuntamento sono andata con una lettera di presentazione che mi è rimasta in tasca: è stato subito amichevole, sapeva mettere chiunque a suo agio. Ero andata dal parrucchiere, cosa che non mi capita spesso, e lui mi aveva messo una mano in testa» [a Chiara Maffioletti, CdS]. «Promise un suo interessamento. Furono le basi per una collaborazione e un’amicizia che sarebbe durata nel tempo. Fino alla fine». Tutti i pomeriggi andava a trovarlo al Policlinico. «Poi arrivò la notizia della sua morte. È strano. Ma, quella domenica, non c’era nessuno ad accoglierla. Solo io, il suo parrucchiere e un suo aiuto. Ci guardammo e l’aiuto disse: “Forse dovremmo farlo sapere al Vaticano che Fellini è morto. E che suonino le campane di Roma”. Telefonammo. Ci risposero che solo i papi e i sovrani avevano diritto alle campane della città» [Gnoli, cit.] • «Ricordo che quando andai da Renato Castellani con una lettera di presentazione, mi disse senza tanti complimenti: “Senta, per fare cinema occorre essere belle e formose, oppure bisogna avere una personalità come la Magnani... Siccome lei non ha né l’una, né l’altra cosa, le consiglio di lasciar perdere”. (…) Molto tempo dopo proprio Castellani mi chiamò per un ruolo in un suo film: lui evidentemente si era dimenticato del “consiglio” che mi aveva dato, e io non gli ricordai quell’episodio che mi era rimasto un pochino dentro» [a Emilia Costantini, CdS] • Nel 1960 il debutto cinematografico nel Sicario di Damiano Damiani. Poi lavora con Dino Risi (Il giovedì, 1963) e Federico Fellini (Giulietta degli spiriti, 1965 e Tre passi nel delirio, 1968) • Nel 1970 è la volta di Alberto Lattuada: «Lattuada mi scelse per Venga a prendere il caffè da noi. Io, Angela Goodwin e Francesca Romana Coluzzi dovevamo essere tre emblemi della bruttezza. A una avevano dovuto mettere una cosa in bocca, all’altra deformavano il viso con il trucco... a me, invece, non avevano fatto niente: andavo bene così» [Maffioletti, cit.] • Che effetto le fa sentirsi dire oggi che è bella? «Mi fa sorridere. L’età c’è, ma è bello festeggiare l’essere in vita. Riguardo al fisico, penso sia la danza ad avermi aiutata, chissà. Mi tengo stretta queste belle parole» • Mario Monicelli (Amici miei, 1975 e 1982), Ettore Scola (L’arcidiavolo, 1966 e La terrazza, 1980, Franco Zeffirelli (La bisbetica domata, 1967) e poi arriva Luis Buñuel • Com’era Buñuel sul set? «Poteva farti fare qualunque cosa. Ma senza imporla. Solo con il fascino e la delicatezza dei suoi modi. Interpretavo una cameriera che doveva dire di essere stata lasciata dal suo fidanzato. Lui cambiò il copione e aggiunse: perché troppo vecchia. Venne da me e mi disse: non le dispiace sembrare una donna di 70 anni?» [Gnoli, cit.] • «Quando terminò l’impegno nel primo film, Il fascino discreto della borghesia, acquistai la monografia di Freddy Buache su di lui. Nel congedarmi volevo chiedergli di firmarmela. Ma non ebbi il coraggio. Poi, durante la notte, sognai che Buñuel apponeva sul libro la seguente dedica: “Siamo tutti uomini liberi”. Il giorno dopo, sull’onda di quel sogno, tornai sul set. Durante una pausa mi avvicinai raccontandogli della dedica che avevo sognato». E lui? «Mi guardò con l’infinita pena che hanno certi vecchi e disse: “Dovevo essere completamente ubriaco”. Poi si fece portare una penna. Prese il libro. Lo aprì. E scrisse: “Nous sommes tous des hommes, soi-disant, libres. Croyez moi, Milena”. Ecco cosa intendo: il suo cinema, tra le diverse cose raccontava anche la sua disillusione» [ibid.] • «Con Buñuel ho fatto tre film, tra cui l’ultimo: L’oscuro oggetto del desiderio. Ero stata a trovarlo a Parigi e mi disse che non aveva ruoli per me. Poi incontrai a Roma Fernando Rey che mi avvertì che stava cambiando la sceneggiatura: scrivigli e vedrai che qualcosa uscirà. Ero scettica. Ma gli scrissi. Mi rispose, era il 1976, con una letterina dall’Hotel Aiglon, dove soggiornava e mi ribadì, insieme agli elogi, che non aveva parti per me» [Gnoli, cit.] • Come è stato passare da Buñuel al ruolo della “signora Pina” la moglie di Fantozzi? «Quel ruolo non fu creato per me. Sono subentrata. Avevo conosciuto Villaggio in televisione: una personalità prorompente» [Gnoli, cit.] • «Ci siamo conosciuti quando mi ha proposto di interpretare Pina Fantozzi, subentrando a Liù Bosisio. Un giorno mi ha telefonato e invitato a casa sua e mi ha sottoposto Fantozzi contro tutti. Accettare significava sottostare a delle regole che il personaggio imponeva, dimenticarmi qualsiasi velleità femminile. Ho accettato. E sono orgogliosa e felice di averlo fatto» [Tironi, Libero] • «L’aneddoto che ho sentito più volte raccontare a Paolo Villaggio è questo. Milena Vukotic, la grande attrice che ha dato il volto alla signora Pina, è invitata a pranzo a casa sua. Suona alla porta, apre la cameriera che avverte la padrona di casa: «Signora, è arrivata la moglie di suo marito». La vera moglie di Paolo Villaggio, in realtà, è stata per più di 60 anni Maura Albites. Schiva ed elegante, dal profilo dolce e severo da aristocratica, ha dribblato con destrezza felina i cronisti per decenni» [Mario Sesti, Rep] • Nel 1998 riesce a scrollarsi di dosso il fardello di questo personaggio vestendo i panni di nonna Enrica in Un medico in famiglia, al fianco di Lino Banfi • Ne 2006 e nel 2008 lavora con Ferzan Ozpetek in Saturno contro e Un giorno perfetto (2006, 2008), con Andrea Adriatico All’amore assente, Gary Winick Letters to Juliet (2010), con Francesco Bruni Noi 4 (2014) , con Carlo Mazzacurati La sedia della felicità (2014), con Manlio Santanelli Regina madre (2016), con Geppy Gleijeses Sorelle Materassi (2016) e con Marcello Cotugno Un autunno di fuoco (2018) • Nel 2019 partecipa a Ballando con le stelle: «Un trionfo di complimenti meritati. Per la sua bravura come ballerina, lascito di un passato nella danza che le ha regalato una grazia che dalle movenze si riflette nei modi. Ma anche per la sua bellezza, che le consente di portare straordinariamente bene gli 84 anni che compirà il 23 aprile. Un ribaltamento di prospettiva sorprendente e inatteso per lei, che nei panni dimessi della signora Pina Fantozzi è entrata nell’immaginario collettivo. «Mi ripeto che devo stare concentrata su cosa ancora c’è da fare, ma per quanto ci si ubriachi di buoni proponimenti, di fronte a tutte le belle parole l’emozione ha il sopravvento».
Religione «Dio non ha avuto un posto privilegiato. Niente nella mia famiglia è stato all’insegna della normalità. Il legame più forte fu con mia madre. Totale. Fino alla sua morte. Quanto alla fede penso che da qualche parte c’è un’energia da cui si può attingere. Ma senza che tutto questo venga regolarizzato. In nessun modo. Dio è come leggere un libro pieno di sorprese» [Gnoli, cit.].
Amori Solo dopo la morte della madre è riuscita a sposarsi con Alfredo Baldi, autore, critico cinematografico e storico del cinema. Lei aveva 68 anni e lui 60: «L’ho conosciuta negli anni Ottanta al Centro Sperimentale di Cinematografia e mi è piaciuta subito. Però ero timido, anche più di lei. C’è voluto un po’ perché iniziasse la nostra storia… Ho visto subito da come parlava, da come lavorava, che aveva dentro di sé qualcosa di speciale, di molto serio, di molto profondo» (Alfredo Baldi) • «Se sono innamorata di lui? Non è possibile non esserlo» [a Caterina Balivo, Vieni da me] • Hanno deciso di continuare a vivere in case separate, ma collegate dallo stesso balcone, anche dopo il matrimonio: «È una cosa molto civile – ha spiegato Milena – a un certo punto ognuno ha le sue abitudini, i suoi orari e tempi».
Titoli di coda «Fellini mi diede un consiglio che ho seguito e che per me resta importante: nei limiti della decenza, bisogna fare tutto».