La Stampa, 5 maggio 2022
I bambini dell’Azovstal
Precipitati nel fragore della violenza ultima e finale, gli uomini, le donne, i bambini dell’Azovstal sono stati infine risucchiati nel silenzio. Non fanno più rumore del crescere dell’erba, rannicchiati nel terrore dell’incessante boato che li sovrasta. Anche le urla, se ce ne fossero, non si possono più sentire. Al posto delle parole ora non resta spazio che per l’immaginazione. Sappiamo che potrebbero essere ancora vivi, ma anche morti, feriti, agonizzanti, perduti nel buio dei bunker. Di certo, ognuno di loro sta guardando negli occhi la propria morte. Vale per i civili, vale per i bambini, vale anche nel mondo “di sopra”, per i militari e per i veterani del battaglione Azov, contro cui l’esercito russo sta scaricando tutta la sua potenza bellica per “denazificare” l’Ucraina. Lo fa rovesciando su i poveri resti anneriti dell’acciaieria tonnellate di bombe, missili, razzi, proiettili. Tra gli scheletri di quella che fu una mastodontica fabbrica l’esercito russo e quello ucraino stanno combattendo ferocemente. «Azovstal resiste» dice Kiev; «Azovstal è caduta» dice Mosca.
È l’assalto finale, la battaglia che oggi potrebbe essere già finita, qualunque cosa la parola “fine” significhi.
Quando le bombe hanno fatto il loro lavoro, e nel cielo si levano nuvole grigie e lente delle esplosioni, tocca all’avanzata di terra, un altro di quegli asettici termini militari che altro non significa che i soldati russi hanno fatto irruzione nell’acciaieria e la battaglia è corpo a corpo, si combatte soldato contro soldato dopo che la strada è stata aperta dagli obici e dai lanciarazzi delle unità militari della Repubblica popolare di Donetsk. Il Cremlino conferma la pioggia di fuoco, ma nega l’irruzione. Zvesda, il canale del ministero della Difesa di Mosca, ha comunicato che l’obiettivo è di rendere i combattenti «incapaci di uscire dalle catacombe», ovvero di intrappolare i circa duemila marine e combattenti del battaglione Azov che ancora resistono. «Non possiamo sapere che cosa sta succedendo e se siano al sicuro o meno», ha detto in tv il sindaco di Mariupol, Vadym Boichenko, secondo il quale nell’acciaieria ci sono ancora centinaia di civili, tra cui trenta bambini. Le autorità di Kiev dicono che l’assalto ha il supporto «veicoli corazzati, carri armati, con tentativi di sbarco di truppe, con l’aiuto di barche e un gran numero di elementi di fanteria». Pr il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, gli ucraini che combattono ad Azovstal, semplicemente, «sono bloccati in modo sicuro» al suo interno, mentre nel resto della città riprende «la vita in tempo di pace».
Nei cunicoli dello stabilimento restano, secondo Kiev, tra 200 e 300 civili, bambini compresi. Dopo la prima evacuazione di 156 persone arrivate ieri a Zaporizhzhia, seguita ad almeno 20 tentativi falliti di creare corridoi umanitari, un nuovo cessate il fuoco è stato annunciato da Mosca. Da oggi a sabato 7, dalle 8 alle 18, le «Forze armate russe apriranno un corridoio umanitario per l’evacuazione dei civili» da Azovstal, in seguito alla «decisione della leadership della Federazione russa, basata su principi di umanità».Il rischio che la tregua non regga, però, è altissimo.
Poche centinaia di metri oltre il perimetro dell’Azovstal, nella città occupata dai russi si scava. Molti corpi sono ancora sotto le macerie, impossibile stabilire il numero esatto, con i “dispersi” che ora dopo ora si trasformano in vittime. Ma il tempo stringe e la città va ripulita in tempo per il 9 maggio, quando Mosca potrebbe organizzare proprio a Mariupol un evento solenne per celebrare la data del 9 maggio, Festa della vittoria sui nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Putin ha bisogno di annunciare qualcosa e la cattura completa di Mariupol è la cosa più raggiungibile, soprattutto perché già il 21 aprile il presidente russo aveva dichiarato di aver “liberato” la città. La data del 9 maggio è stata indicata da analisti e funzionari occidentali come un possibile punto di svolta nella guerra. Nelle scorse ore si è fatta largo l’ipotesi che Putin potrebbe dichiarare formalmente guerra a Kiev. Ancora una volta, il Cremlino smentisce.
Ad aggiungere pressione c’è anche l’annuncio, proprio alla vigilia del 9 maggio, di nuove esercitazioni militari in Bielorussia. “Esercitazioni”, proprio come quelle alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio. Difficile non temere un coordinamento per una possibile entrata in guerra della Bielorussia, più volte ventilata ma finora, almeno ufficialmente, rimasta sulla carta.
E mentre i negoziati sono in stallo, si continua a sparare in tutto il Paese. La Russia cerca di aumentare il ritmo dell’avanzata nell’Ucraina orientale per raggiungere il confine delle regioni di Donetsk e Lugansk. Ieri sera missili e bombe si sono abbattuti su Cherkasy, Dnipro, Odessa e Zaporizhzhia, dove poco prima era suonate le sirene dell’allarme antiaereo. Secondo quanto riferito dal sindaco di Dnipro, un missile ha colpito il centro della città e un altro il ponte ferroviario. Forte esplosioni si sono sentite anche a Mikolayv, colpita dai Grad, Odessa, Brovary, Cherasky, Sloviansk, Kherson, Dontetsk, mentre le sirene hanno suonato a Kiev, Leopoli, Ternopil, Kharkiv, Odessa. Manovre diversive, attacchi mirati: basta guardare una mappa per capire come la tenaglia si stia pericolosamente chiudendo per isolare il Donbass e tagliare fuori l’esercito ucraino. —