Corriere della Sera, 5 maggio 2022
Chi è Michelle O’Neill
La riunificazione dell’Irlanda si presenta con lo smalto rosa shocking di Michelle O’Neill: sarà infatti lei la nuova prima ministra del governo di Belfast, se le previsioni saranno rispettate e dal voto di oggi per l’Assemblea dell’Ulster il Sinn Féin, la formazione politica erede dell’Ira, uscirà come il partito più votato.
Michelle è diventata la prima donna leader del Sinn Féin in Irlanda del Nord nel 2017, a 40 anni: una svolta per il movimento nazionalista cattolico, che fino ad allora era stato dominato dai veterani dell’Ira (e della lotta armata) come Gerry Adams e Martin McGuinness. Lei rappresenta la prima generazione che è entrata in politica dopo i Troubles, la guerra civile trentennale che ha lasciato sul campo migliaia di morti: ed è stato un cambio di passo anche sul piano dell’immagine e della personalità.
Infanzia e guerriglia
Biondissima, rossetti accesi, unghie laccate a colori vivaci, modi simpatici e alla mano, a incontrarla Michelle sembra lontana anni luce dai lugubri militanti incappucciati che sfilavano nelle strade di Belfast. Eppure la sua esperienza personale è radicata nella guerriglia dei cattolici repubblicani: suo padre era un militante dell’Ira che venne imprigionato e deportato, un suo cugino (anche lui nei ranghi della formazione armata) restò ucciso in un raid degli agenti speciali britannici, mentre un altro cugino venne ferito in una diversa occasione.
«Crescevi nel mezzo del conflitto – ha raccontato Michelle al Times —. Il comportamento delle forze di sicurezza britanniche, le intimidazioni: era tutto attorno a me. Dovevi superare una sfida per arrivare al tuo scuolabus la mattina: dovevi passare attraverso le pattuglie dell’esercito britannico, attraverso i commenti derisori e tutte le altre cose che ti dicevano. I raid all’alba nelle case della gente, nella mia casa: il fatto che mio padre è stato portato via e incarcerato. Questa è l’esperienza vissuta».
Ma la personalità decisa che si cela dietro l’aspetto gentile e allo stesso tempo esuberante è stata forgiata ugualmente dalle sue vicende private: ragazza madre a 16 anni, ha sposato giovanissima il suo fidanzatino di allora (dal quale si è poi separata otto anni fa): «La mia esperienza ha formato la donna che sono oggi – ha detto – a causa dell’atteggiamento di certa gente all’epoca: ti mettevano in una casella, una visione molto stereotipata di una ragazza madre».
Ma Michelle era tutt’altro che una scapestrata: lei è una grammar school girl (come Margaret Thatcher e Theresa May), un’allieva di quelle scuole statali iper-selettive dove ammettono solo i più bravi. Che poi fanno strada: entrata nel Sinn Féin a 21 anni, ne ha scalato velocemente i ranghi e lo sta conducendo adesso alla vittoria elettorale.
Per l’Irlanda del Nord è un passaggio storico, anche se largamente simbolico: in base agli accordi di pace di 25 anni fa il governo deve essere di coabitazione fra i cattolici e i protestanti, ma gli unionisti non hanno intenzione di entrare in un esecutivo guidato dal Sinn Féin. Dunque si prospetta uno stallo e una prosecuzione dell’amministrazione diretta della provincia da parte di Londra.
I simboli
Ma nell’Ulster i simboli hanno un peso enorme. E se è vero che nella campagna elettorale il Sinn Féin ha messo la sordina alla riunificazione irlandese, concentrandosi sui temi economici e sociali, ci sono pochi dubbi che Michelle e i suoi leggeranno la vittoria come un mandato per chiedere un referendum per staccarsi dalla Gran Bretagna e ricongiungersi a Dublino. La decisione spetta a Londra: e secondo gli accordi di pace il voto popolare dovrà essere concesso solo quando ci sarà una chiara maggioranza a favore, circostanza che appare ancora lontana. Ma per Michelle e Mary Lou McDonald, la leader del Sinn Féin nella Repubblica d’Irlanda, l’orizzonte è chiaro: entro 5-10 anni si arriverà all’unificazione.
Nel frattempo però Boris Johnson ha gatte più urgenti da pelare: si vota anche per le amministrative in Inghilterra e per i conservatori, screditati dal Partygate, lo scandalo delle feste in lockdown a Downing Street, si prospetta un bagno di sangue. Se poi, come è probabile, dopo il voto dovessero fioccare sul capo del premier altre multe a causa dei festini, nel suo partito comincerà il conto alla rovescia per farlo fuori. Sarà un’estate agitata non solo a Belfast, ma anche a Londra.