il Fatto Quotidiano, 5 maggio 2022
Pubblicata in Italia l’autobiografia di Raymond Loewy
Questa è la storia dell’uomo che ha progettato una buona parte dei prodotti iconici di massa del 900. Il pacchetto di sigarette Lucky Strike e le nuove bottigliette e dispenser della Coca Cola, la conchiglia Shell e le decorazioni dell’Air Force One. Locomotive e automobili lanciate nel futuro, centri commerciali e il primo grande magazzino meccanizzato, i frigoriferi Sears Roebuck e Frigidaire. Mobili e arredi degli uffici, delle case e dei grattacieli. Aspirapolvere e treni, pentole e rossetti, trattori e navi da crociera. Nulla di vintage, tutta roba ancora al passo coi tempi.
Torna in libreria e suona attualissimo Non accontentarsi mai, l’autobiografia inedita in Italia di Raymond Loewy: semplicemente, il designer più famoso di sempre. 450 pagine intrise di american dream, quello autentico e contagioso degli anni Trenta-Sessanta che ha riplasmato la nostra realtà di consumatori occidentali. Raymond vi contribuì a piene mani. “Ha influenzato la vita quotidiana degli americani più di qualunque altro suo contemporaneo” scrisse Cosmopolitan poco prima della pubblicazione del memoir settant’anni fa. E per osmosi, lo stile di vita dell’intero pianeta. La parabola di “un giovane giunto in America per guadagnarsi da vivere, in una professione che poi ha contribuito a creare” chiosa lui stesso nella prefazione.
Autodidatta e visionario, il fondatore del moderno design industriale ha avuto un’esistenza lunga e memorabile. Nato nel 1893 mentre calava il sipario sul vecchio mondo, se ne è andato nel 1986, all’alba della rivoluzione digitale. “Quando Raymond Loewy e questo secolo erano ancora giovani, la vita aveva un aspetto diverso – raccontò il New York Times –. Gli oggetti di uso quotidiano erano ingombranti, i colori scialbi e le macchine disseminate di tante brutte sporgenze”. Kitsch e mastodontico gratuito ovunque. Ma quando Loewy è riuscito a imporre le sue idee nulla è stato più come prima. Semplificando le forme e rendendo le merci molto più gradevoli esteticamente, funzionali, economiche. E senza salti eccessivi nel vuoto dell’avanguardia: uno dei suoi motti preferiti era, infatti, l’acronimo “M.a.y.a – the most advanced yet acceptable”. Una crociata per migliorarci la permanenza terrena, a iniziare dalle persone comuni. Ha 25 anni quando sbarca a New York dalla Francia natia. È il 1919 ed è subito colpo di fulmine. “Ricordo ancora come ero esaltato alla vista della bandiera a stelle e strisce. Esteticamente parlando, è perfetta. Uno dei più eccezionali design di tutti i tempi. Forse ogni nazione ha la bandiera che merita”. I suoi esordi sono da illustratore per i rotocalchi di moda. Nel 1927, all’improvviso, la svolta, dopo avere ridisegnato un logoro ciclostile. Si reinventa designer industriale, da pioniere in capo. L’impatto è fragoroso. Nemmeno il crollo di Wall Street, la Grande Depressione e la Seconda guerra mondiale lo piegano. Il suo modello colonizza l’Europa. Per certi versi, la globalizzazione è sbocciata proprio in quegli anni. “Una cosa tira l’altra, finché non siamo stati chiamati quasi ogni giorno per una consulenza su qualche nuovo problema. La gamma era imprevedibile. Il colore di un traghetto, il design di un menu, una nuova torre di segnalazione, un ponte sul Potomac, una tazza di caffè o il design di una tavoletta di bronzo per un dirigente in pensione. Invariabilmente abbiamo cercato di essere immaginativi e pratici”.
Il suo studio è ormai potente, con oltre duecento dipendenti. Uno staff di trenta-quarantenni di talento, dotati di “un senso dell’umorismo che si manifestava soprattutto nel magazzino. Amavano scrivere sulle pareti frasi come ‘non mordere la mano che firma l’assegno’”. Diventa un personaggio televisivo e radiofonico, e nel 1949 Time gli dedica la copertina. Colleziona mogli e yacht, dimore da sogno e party da mille e una notte. Si gode magnificamente la vita: uno che si era ripromesso di fare più confortevole e desiderabile quella degli altri non poteva che cominciare dalla propria. I cancelli della gloria sono spalancati, è al timone del più importante centro internazionale di progettazione e servizio al dettaglio, ma non smette di saltare da un continente all’altro. “Il design industriale è fatto per il 25 per cento di ispirazione creativa e per il 75 per cento di spostamenti”. Concepisce gli ambienti dei veicoli spaziali della Nasa e negli anni Settanta persino l’Unione Sovietica bussa alla sua arte, carica d’artigianato. Ha già perso la Guerra fredda sul campo dell’immaginario collettivo, il consumismo ha sbaragliato il comunismo e per assurdo contatta, per risollevarsi, uno dei suoi principali sicari materiali e pseudo-spirituali. Rovesciando Saint-Exupéry, “L’essenziale è visibile agli occhi”.