Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 04 Mercoledì calendario

Alibaba crolla in borsa perché hanno arrestato un omonimo del suo fondatore


Notizia flash della Cctv, la televisione statale di Pechino: «La polizia di Hangzhou ha arrestato un individuo di nome Ma, accusato di aver usato una società che opera su Internet per danneggiare la sicurezza nazionale». Hangzhou è la città dove ha sede Alibaba, il suo fondatore è il celeberrimo Jack Ma, dal 2020 è in odore di scomunica. La notizia in due frasi data dalla tv ieri mattina ha scatenato la tempesta in Borsa sul titolo del gigante tecnologico: a Hong Kong ha perso il 9,4% in pochi minuti, 26 miliardi di dollari cancellati. Ma l’arrestato non era il famoso Ma e non aveva niente a che fare con Alibaba.
È intervenuta la polizia di Hangzhou con un comunicato per precisare che il nome dell’uomo messo in cella si scrive con tre caratteri. A noi può sembrare un indovinello, ma tutti i cinesi sanno che il nome cinese di Jack (Ma Yun) invece si compone di due soli caratteri. Quindi, uno sfortunato caso di assonanza. La tv ha aggiustato la notizia precisando che l’arrestato è nato nel 1985 (Jack è del 1964). Fine dell’equivoco. La Borsa si è calmata e il titolo Alibaba ha recuperato le perdite.
La stampa di Pechino scrive che l’arrestato dirigeva la ricerca hardware di una società informatica. «Ha complottato con forze esterne per sovvertire l’ordine statale e dividere la nazione», ha riferito il bureau di pubblica sicurezza.
Su Jack Ma, che ha rivoluzionato l’e-commerce cinese (e globalizzato) dal 2020 sono circolate un’infinità di voci. La sua straordinaria fortuna, coltivata anche dal Partito comunista, è finita nell’autunno del 2020, quando sfidò le autorità accusandole di gestire il sistema finanziario «come un vecchio banco dei pegni» che soffocava l’iniziativa privata. Dopo quell’uscita, Jack Ma scomparve per mesi e si temette che fosse stato arrestato, oltre che oscurato. È ricomparso in occasioni minori, orchestrate per tranquillizzare gli investitori internazionali: l’ultima volta è stato avvistato in Spagna e Olanda «per un viaggio studio sullo sviluppo agricolo».
E mentre il fondatore si dedica all’agricoltura, Alibaba ha subito una dura punizione da parte delle autorità cinesi: è stata annullata la Ipo di Ant, il suo braccio fintech che avrebbe dovuto raccogliere 37 miliardi di dollari; gli è stata inflitta una megamulta da 2,8 miliardi per sfruttamento di posizione monopolista; il suo valore in Borsa è sceso di 340 miliardi di dollari, tra Hong Kong e New York. In realtà, è stato tutto il settore hi-tech a soffrire sotto la stretta ordinata da Xi Jinping per motivi politico-economici. Dopo Alibaba sono stati ridimensionati e sanzionati Tencent (intrattenimento online e social media), Meituan (servizi di consegna a domicilio), ByteDance (che controlla TikTok), Didi (noleggio di vetture con autista). Big Tech ha perso in due anni 2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione.
La settimana scorsa contrordine. Il Politburo del Partito ha annunciato «aggiustamenti regolatori per promuovere il sano sviluppo dell’economia basata su piattaforme digitali». Una tregua. Secondo gli analisti, Xi ha bisogno di Big Tech per puntellare l’economia cinese danneggiata dai lockdown sanitari per l’ondata di Covid-19. Le azioni di Alibaba e Tencent hanno ripreso a salire. L’equivoco su Jack Ma ricorda però che gli investitori sono sempre in allarme. Mai dire Ma (in Cina).