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 2022  maggio 04 Mercoledì calendario

Intervista al regista Sergei Loznitsa

Se un film s’intitola Maidan o Donbass il dibattito di certo si fa rovente. È successo nei giorni scorsi a Bologna, dove il regista Sergei Loznitsa è arrivato per l’interessante retrospettiva sul cinema ucraino curata dalla Cineteca cittadina, presentando tra applausi e mille domande due suoi documentari sulle proteste di piazza a Kiev che hanno portato all’autoproclamazione della Nuova Russia nel Donbass. Storia recente, 2013-14, che oggi però assume nuovi e più drammatici significati.
«Mi auguro che questi film possano aiutare a capire cosa stesse accadendo allora e cosa stia accadendo ora. Molti miei film descrivono momenti fondamentali nella storia di imperi che cadono e i pericoli che questi collassi portano inevitabilmente con sé», racconta Loznitsa, nato in Bielorussia nel 1964, autore acclamato ai principali festival internazionali, da Cannes a Venezia
In «Maidan» mostra le proteste che hanno portato alla caduta del governo di Viktor Yanukovych, in Donbass quelle dei separatisti che proclamano uno stato a parte. Esistono davvero due Ucraine? I territori russofoni sono anche filorussi?
«Le uniche cose che esistono per certo sono l’Fsb (i servizi segreti di Mosca, ndr) e l’esercito russo. Questi due organismi occuparono la Crimea e cercarono di annettere la parte orientale dell’Ucraina. Ma finora sono riusciti a depredare solo aree relativamente piccole. Sì, ci sono regioni in Ucraina popolate principalmente da cittadini russofoni, ma vengono distrutte dallo stesso esercito russo. La verità è che nessuno in Ucraina vuole vivere in una società autocratica e totalitaria».
Cosa risponderebbe a Putin che sostiene che in questi anni nel Donbass è stato compiuto un genocidio?
«Se questa affermazione si riferisce all’esercito russo, trovo che sia corretta. Sta compiendo genocidi là dove dovrebbero avvenire “missioni di liberazione”. Putin e la sua macchina di propaganda possono fare il lavaggio del cervello ai loro compatrioti, in Ucraina nessuno può prendere seriamente in considerazione affermazioni del genere».
Lei che ha girato «State Funeral», documentario su materiali d’archivio, che mostra le esequie di Stalin, vede affinità tra il regime sovietico e l’attuale?
«L’attuale è l’erede di quello stalinista ma non è uguale ad esso. Nella sua essenza è criminale quanto lo era quello di Stalin, anche se sfrutta un’ideologia diversa e non usa il leader come figura divina. Il regime di Stalin aveva una natura religiosa, l’attuale è per lo più laico. E comunque al funerale di Putin parteciperebbero di loro iniziativa ben poche persone».
Come pensa si uscirà da questa guerra?
«L’unica via possibile è quella militare. I negoziati non risolvono nulla perché non possono rimuovere la causa di questa guerra. E la causa si trova al Cremlino. Continueranno a voler “denazificare” l’Europa. L’Ucraina è solo il primo passo di questo cammino. Presto troveranno “soldati nazisti che compiono genocidi” in Polonia, Germania, Francia…».
Lei ha lasciato la European film academy accusandola di non aver preso una posizione forte contro la Russia. Trova giusto boicottare gli artisti russi?
«È impossibile mettere al bando l’arte. È stupido. L’arte appartiene a una cultura specifica, ma allo stesso tempo alla cultura del mondo. L’arte non ha confini, non si può annientare la sua forza. Non sono gli artisti a sostenere la guerra, a uccidere le persone. Cosa c’entra in tutto questo la cultura russa? Personalmente sono convinto del contrario, gli artisti e i registi russi che alzano la loro voce contro la guerra e contro il regime russo, e sono molti a farlo, meritano il nostro rispetto. Sono nostri alleati».
Dove vive attualmente?
«Vivo dove faccio i miei film. Al momento, in Lituania. In estate avrei dovuto girare in Ucraina Babi Yar, sul massacro degli ebrei da parte dei nazisti nel ‘41. La guerra ha cancellato ogni piano. Intanto sto completando un documentario, The Natural History of Destruction, dove proseguo il discorso sulla memoria delle grandi tragedie della storia d’Europa del ventesimo secolo. Qui si mostra lo sterminio dei civili tedeschi e delle città tedesche durante i raid aerei degli alleati al termine della Seconda guerra mondiale. Sarà presentato tra pochi giorni a Cannes. Stiamo a vedere cosa accadrà dopo».