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 2022  maggio 04 Mercoledì calendario

Un italiano su tre che sta a dieta ingrassa


Diete commerciali, farmaci anti- grasso, bilancine da cucina e app che registrano ciò che ingurgitiamo. Se il 59% degli europei è obeso o sovrappeso – lo ha detto ieri l’Organizzazione mondiale della sanità – è naturale che si cerchi di porre un freno all’ago della bilancia. A fronte di tante diete, però, il bilancio è deludente: i tre quarti delle persone che decidono di perdere peso non riescono a raggiungere l’obiettivo minimo: un calo del 5%. Un terzo, poi, guadagna chili nonostante gli sforzi.
La ricerca dell’Università di Cardiff presentata ieri al Congresso europeo sull’obesità a Maastricht è sconfortante, ma non stupisce. Anche quando si riesce inizialmente a perdere il 5-10% dei chili – aveva osservato una ricerca dell’Università della California diversi anni fa – la maggior parte delle persone li riguadagna, e anche con gli interessi. «Meglio non mettersi a dieta per niente, almeno si evita al corpo il doppio stress di dimagrire e poi reingrassare» aveva concluso amaramente l’autrice, Traci Mann.
Il rapporto di ieri della sezione Europa dell’Oms però è allarmante. Ormai solo l’America ci batte, con il 74% di persone sopra ai 20 anni obeso o sovrappeso. «Il problema ha raggiunto proporzioni epidemiche», dice l’Oms. In effetti, ha spiegato Marc Evans, il ricercatore dell’Università di Cardiff che ha coordinato la ricerca sulle diete: «Quasi tutte le persone obese si danno da fare per ridurre il loro peso, usando anche parecchie strategie. La maggior parte di loro, però, fallisce».
«Il problema non è solo degli obesi, ma anche delle diete», sostiene Laura Di Renzo, direttrice della scuola di specializzazione in Scienze dell’alimentazione all’Università di Roma Tor Vergata e autrice di vari libri (anche di ricette) sulla dieta mediterranea. «In questo campo – spiega – la scienza sta facendo passi avanti. Ma non sempre le nuove ricerche arrivano ai pazienti in tempi rapidi. Il risultato è che la dieta viene vista come una penitenza».
Uno dei concetti più datati è proprio l’indice di massa corporea, quella relazione fra peso e statura che riduce a una cifra lo status di un individuo. «Esistono però persone che hanno un indice di massa corporea normale ma un metabolismo da obesi, uno stato di infiammazione permanente e un accumulo di grasso in alcune zone del corpo che andrebbe corretto» spiega Di Renzo. «Sarebbe meglio misurare il rapporto fra massa grassa, massa magra, acqua e osso. L’obiettivo della dieta non deve essere perdere peso, ma diminuire la massa grassa e aumentare la massa muscolare, che è metabolicamente attiva. Non sono analisi facili, né economiche, ma servono a far partire una dieta con il piede giusto».
Altro pilastro delle diete tradizionali è il conteggio delle calorie. Che però, spiega Di Renzo, non sono tutte uguali: «Le stesse calorie, introdotte ad esempio con le nocciole, fanno dimagrire. Introdotte con altri cibi potrebbero far ingrassare».
Gli strumenti delle diete del futuro arrivano dalla genetica, dal microbioma e perfino dai ritmi circadiani, per decidere a che ora è meglio mangiare. «Allontanare i pasti mantiene per lunghi intervalli bassa l’insulina, un ormone che fa ingrassare. Anche un rapporto squilibrato fra i batteri dell’intestino può ostacolare una dieta: alcune specie fanno assorbire il cibo più di altre».
Ci illudevamo insomma che per dimagrire bastasse mangiare meno, la realtà delle diete si sta rivelando molto più complicata.