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 2022  maggio 04 Mercoledì calendario

Intervista a Valeria Parrella - su "La Fortuna" (Feltrinelli)

Un ragazzo corre lungo via dell’Abbondanza. Ha il cuore colmo di sogni, desidera impadronirsi del proprio destino, intorno a sé freme Pompei, una vera e propria metropoli viva, animata da dialetti di tutto il Mediterraneo, ignara che il monte poco vicino è in realtà un vulcano pronto a esplodere, che la seppellirà consegnandola all’eternità. Valeria Parrella torna domani in libreria con "La Fortuna" (Feltrinelli), un romanzo potente e commovente, ambientato nel 79 dopo Cristo, con Lucio, ardimentoso diciassettenne che ha sangue come lava e costruisce il proprio futuro senza nessuna paura.

Parrella, come mai ha deciso di tornare indietro nel tempo, alla classicità, a Pompei prima dell’eruzione?
"In realtà riguarda proprio ciò che ci ha circondato in questo tempo, due eventi travolgenti come la pandemia e la guerra. E Pompei da sempre ci aiuta a sistemare le cose nella memoria. Sono tornata a visitarla subito dopo il lockdown, e percorrendola ho compreso che la Storia è sempre più grande di noi. Anche quando pensi che tutto stia finendo o che sia sparito, comprendi che qualcosa resta a testimoniare la vita. Pompei è questo. Non è solo uno straordinario sito archeologico: ti lascia esterrefatta perché respiri la vita di chi era come noi".

Chi è "La Fortuna" del titolo?
"La Fortuna in latino vuole dire sorte. Può essere buona o cattiva. È una dea o, secondo le filosofie successive, il caso. Di fronte a lei, quello che possiamo fare è cercare di tenerla, provare a imprimerle la direzione che vogliamo darle, e accettarla in qualunque modo arriverà a noi. Per questo il detto napoletano storta va, dritta viene, ne riassume perfettamente il senso".

Protagonista è il giovane Lucio. Fiero, assetato di conoscenza, ha una forte volontà, vorrebbe diventare senatore...
"Nasce nel 62 dopo Cristo in una tremenda notte di terremoto. E quello fu un anno importante, perché fino all’eruzione del 79, come evidenziato dagli scavi, si è compreso che Pompei era una città in ricostruzione. Non immaginavano la distruzione che sarebbe arrivata di lì a poco. Così ho deciso di raccontare la vita di Lucio, così piena: un diciassettenne nel pieno dei propri desideri".

Poi Lucio scopre di essere guercio. Si guarda il volto e dice di sé: "sono un campo arato male". Potrebbe essere un limite, e invece?
"Lui e sua madre si specchiano in unalastra d’argento. Lei nota le rughe, mentre Lucio si accorge di avere un occhio storto, capisce che non vede da quell’occhio, però, siccome non lo percepisce come un ostacolo, non lo sente come tale. Infatti il suo mentore, Plinio, gli dice: "Un limite è un limite solo se uno lo sente come un limite, sennò non è niente"".

Attraverso Lucio vediamo e viviamo la Pompei prima dell’eruzione. È reale, si incrociano culture da tutto il Mediterraneo. Quanto si è documentata per far vivere la storia, entrare nella quotidianità, non solo riportare i fatti?
"Mi sono laureata in lettere classiche, ho studiato greco con Marcello Gigante, ho consultato un sacco di libri, tra cui quelli di mia madre, Annamaria Ciarallo che ha fondato e diretto il laboratorio di scienze applicate degli scavi di Pompei. È stata una vera avventura rientrare nei testi che ricostruiscono la cultura materiale del tempo, ma ancora di più scambiarmi messaggi con Maria Rosaria Borriello che è stata la direttrice del Museo archeologico di Napoli, e con Antonio D’Ambrosio che è stato direttore degli Scavi di Pompei, per capire anche i più minimi dettagli della vita quotidiana a quel tempo".

Un punto di riferimento per il suo romanzo è stata anche Marguerite Yourcenar che diede vita all’imperatore Adriano con molti anni di studio?
"Non si prescinde da quel capolavoro. Nessuno scrive un romanzo storico senza guardare a Yourcenar. Però, proprio per la parte di navigazione, quando Lucio è sulla nave con Plinio, i riferimenti, per atmosfere, per sostenere il ritmo tra i flutti, sono Conrad, Stevenson e Melville. Però, in realtà, ciò che mi ha realmente guidato, è proprio un faro...".
Ovvero?
"Il faro di Capo Miseno. Durante il lockdown andavo sul terrazzo, lo vedevo all’imbrunire, ne ho capito la potenza, il senso: da lì partirono le navi per andare a salvare la popolazione durante l’eruzione".

Infatti il momento culminante del suo romanzo è proprio l’eruzione. Lucio è su una nave con Plinio, la rotta è Pompei: come vive quel momento?
"In ogni romanzo c’è il climax per eccellenza, e la più grande esplosione non poteva che esserlo. Allora il punto più alto della Storia e quello di Lucio coincidono: vanno entrambi verso l’eternità".