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 2022  maggio 04 Mercoledì calendario

Intervista a Macio Capatonda


«Sono ambientalista dalle medie. Tra i temi che ti davano da fare quello ecologico era il più facile e ce n’erano tanti sui libricini che usavo per copiare... E poi avevo l’album del Wwf». Non rinuncia alle battute Maccio Capatonda, nonostante l’ambiente sia per lui tutt’altro che un argomento da ridere. Nella sua casa romana, seduto su una chaise longue presa in prestito dai suoi gatti Bira e Mirto, il comico di Chieti, all’anagrafe Marcello Macchia, racconta il suo impegno quotidiano per prendersi cura del Pianeta. Ha devoluto al Wwf i 100 mila euro della vincita di LOL – Chi ride è fuori (lo show in cui dieci comici si sfidano a non ridere), così come parte del ricavato del suo merchandising. Ha girato una serie di spot di sensibilizzazione sulla pesca intensiva e sugli alberi e il protagonista del suo primo film è un ambientalista convinto.
È un po’ il Leonardo Di Caprio italiano?
«Ma Leonardo Di Caprio non è un comico! Avrebbe più successo se iniziasse a fare dei video comici sull’ambiente, anche se non so se ci riuscirebbe».
Pensa che la comicità sia la chiave giusta per sensibilizzare su queste tematiche?
«I messaggi troppo seri e catastrofici possono avere un effetto respingente, a meno che tu non sia già impegnato. La comicità fa presa su quegli spettatori un po’ più menefreghisti, che alla fine sono quelli che hanno maggior bisogno di quel messaggio. Bisogna rivolgersi a loro, a quelli che prendono la vita un po’ più alla leggera e magari ignorano determinate cose».
Quando ha iniziato a preoccuparsi per la Terra?
«Dopo Italiano Medio, il film con cui nel 2015 ho portato sullo schermo l’ambientalista estremo Giulio Verme, ho letto Il cancro del Pianeta di Bruno Cesare Sebastiani. Mi ha aperto gli occhi sulla condizione dell’essere umano, una malattia che sta consumando la Terra. Siamo arrivati a un punto dove l’egoismo e il guadagno a tutti i costi sono l’unico obiettivo della nostra vita. Ti senti sempre insoddisfatto, o ti ci fanno sentire, non sei felice di quello che hai, vuoi nuove cose e tanti soldi per comprarle. Senza capire che le risorse del Pianeta sono finite. Da quel momento ho cercato di fare più attenzione».
A cosa?
«Consumo meno plastica, ho firmato petizioni, adottato api, piantato alberi e finanziato apparecchi per ripulire i mari. Non sono vegano, anche se mangio poca carne e vorrei esserlo. Non sarei mai in grado di uccidere un animale a mani nude per mangiare e seguendo questa logica sarebbe la scelta più etica per la mia coscienza. Così mi sento un ipocrita. Per il momento, non ho neanche in programma di avere un figlio con la mia compagna, siamo già abbastanza nel mondo. Poi che altro faccio? A Roma non gliene frega nulla della differenziata, praticamente ti multano se la fai. E proprio per questo io la faccio diligentemente».
Si è trasferito nella Capitale dopo quasi 20 anni a Milano. Cosa le piace di più di questa città?
«Se dovessi scegliere una cosa direi… la monnezza. L’essere umano deve essere conscio che è un produttore di immondizia. In una città pulita, che poi magari la smaltisce male, il problema resta sotto il tappeto. Invece vedersela agli angoli delle strade ti rende più cosciente. Ed è quello che mi piace: il rapporto con una realtà più verace, più fisica. Milano è chiusa nei suoi meccanismi lavorativi ben pianificati, mentre Roma puoi vivere alla giornata, avere degli imprevisti. Ordine contro disordine. Il disordine che stimola. E poi ci sono le buche dove posso giocare a golf».
Tornando all’ambiente, perché non è un tema sentito da tutti?
«Siamo troppo lontani dalla percezione del danno che stiamo procurando, la catastrofe non è ancora abbastanza vicina. L’uomo di oggi dice ‘non mi interessa’ perché il problema lo avranno le prossime generazioni. Non si preoccupa di quelli che stanno lontani da lui a livello spaziale, figuriamoci di quelli a livello temporale».
Si considera un attivista?
«Ma no, non faccio attivamente cose. Pago e faccio del bene all’ambiente. Certo, le mie donazioni aiutano, però potrei farne molte di più o potrei andare di persona a raccogliere la plastica sulle spiagge. Però non l’ho mai buttata. E metto il mio lavoro a servizio di una buona causa, cerco di dare l’esempio. Se questo può definirsi attivismo, allora sì, alla fine sono un attivista».
Come crede si possa cambiare la situazione?
«In un momento in cui tutti pensano solo al profitto, una bella trovata di marketing potrebbe essere l’unico modo per salvare l’ambiente. Far credere alle persone di dar loro una cosa per ottenerne un’altra. Come si fa coi bambini che non vogliono mangiare le verdure. In effetti l’essere umano non è che all’inizio della sua vita. La razza umana è la razza bambina e abbiamo necessità di essere trattati come tali». —